12/06/2020

Il polso di una certa ripresa delle attività me lo dà l’aumento della posta elettronica a discapito dei WhatsApp. Mi arrivano sempre più mail e, statisticamente, se si tornano a scrivere mail di lavoro riappaiono anche quelle pubblicitarie e le cosiddette mail spazzatura. Oggi mi è arrivata questa: “ciao, sono scollatura 81 e voglio sapere se stai bene”, nel corpo della mail c’è la foto di una giovane donna con un generoso decolleté. Ora, sorridete pure, ma, al di là del gentile interessamento sul mio stato di salute, mi domando che razza di nickname sia questo?!… il messaggio non è finito in spam e se ‘81 è l’anno di nascita, l’aspetto grazioso e provocante ci sta, ma non sono un uomo e, diciamolo, questa mi potrebbe semmai essere figlia. Incredibilmente, questo mondo virtuale privo di remore, si approccia, senza profilatura, a chicchessia. Non voglio fare la bacchettona e non è la prima volta che ricevo mail imbarazzanti, solo mi sembra si stia trascendendo. Ieri poi, pare abbiano aggredito sui social Di Maio, minacciandolo, ed è stata una notizia riportata da tutti i telegiornali; ma allora, o accettiamo la libertà assoluta quasi anarchica dei social, oppure cominciamo a imbavagliare per primi i politici che, invece di dare il buon esempio, twittano male parole dalla mattina alla sera e comunque una qualche scollatura 81 avrà senz’altro scritto opportunamente anche al giovane Di Maio, mi aspetto quindi che stasera lo dicano al TG.

Intelligenza artificiale e digitalizzazione, social e video, 3D e realtà aumentata invadono sempre più la nostra vita, dai giochi alla scienza, oramai, più una cosa è virtuale e più ci appare reale. Occhiali intelligenti, specchi speciali, riviste interattive, parabrezza che ti guidano nel traffico, quadri che prendono vita: si chiama realtà aumentata ed è una tecnologia che attiva, quantitativamente e qualitativamente, nuovi livelli di informazione a ciò che vediamo. La AR (augmented reality), come viene chiamata, arricchisce la realtà con tutta una serie di informazioni da sovrapporre a ciò che vedono gli occhi. Il cruscotto della macchina con il GPS o la chirurgia robotica sono esemplificazioni di AR. Usata in campo militare o, pacificamente, nei videogiochi si tratta di realtà mediata da dispositivi di ascolto (speciali cuffie o auricolari), di visione (occhiali a proiezione sulla retina) o di manipolazione (guanti sensoriali) o aggiungendo dispositivi a dispositivi più sofisticati. Non vorrei entrare qui in alcun giudizio etico o morale, né demonizzare la tecnologia o sentenziare che questo è un modello di vita arido… ma, pur curiosa e affascinata, rimango spaventata e preoccupata di fronte a questa mondo artificiale che fa sballare come una droga senza ritorno.

Certamente la vista, in questo secolo, è il senso più utilizzato. La nostra è una civiltà estetizzante. Forma e contenuto trovano un giudizio di sintesi nell’apparire. D’altronde gli occhi sono estremamente rapidi a recepire gli stimoli e a trasferirli al cervello. Basti pensare che la luce viaggia a 300.000 km al secondo contro i soli 1.200 km orari del suono. Tra i sensi virtuali, il tatto è dunque la nuova frontiera della realtà virtuale espansa, ma se l’obbiettivo è riprodurre la sensazione di presenza propria della realtà reale, c’è un senso ad oggi rimasto non facilmente riproducibile, forse perché il più primordiale, animalesco, originale e strettamente legato al piacere, ed è l’olfatto. Probabilmente il senso dell’olfatto è stato uno dei primi ad essersi sviluppato negli esseri viventi e benché si reputi l’olfatto umano capace di discriminare circa 10.000 odori differenti, spesso questo senso è considerato il meno sviluppato nella nostra specie. Puzza. Odore. Profumo. A me prude il naso molto spesso: gli odori, buoni o meno, mi sollecitano e mi assalgono e, sistematicamente, mi fanno starnutire. Mi piace annusare il cibo più del vino. Amo l’origano. La puzza mi disgusta meno dei profumatori d’ambiente. Il sapone di Marsiglia mi ricorda mio padre e Francesco mio figlio avrebbe potuto fare “il naso”. Riconosco il petricore, quel’indefinibile odore di pioggia sulla terra asciutta, perché trovo inebriante il profumo della Natura, di un bosco o del mare, più di quello dei fiori. L’alcool e la cera hanno un buon odore. Preferisco i profumi agrumati a quelli cipriati, ma l’odore di borotalco mi piace. Uno studio scientifico ha dimostrato che 30 minuti di contatto diretto con il neonato nelle prime sei ore successive al parto, sono sufficienti perché la madre stabilisca un riconoscimento olfattivo del proprio figlio. Una cartucciera di aromi o un set di odori potrà mai possedere la misteriosa chiave per spalancare le porte di reminiscenze profonde che legano determinati odori a persone precise? L’Arpege di Lanvin è mia madre, il suo profumo è ancora negli armadi e nei cassetti dell’appartamento al quinto piano.

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