18/04/2020

Doveva essere ieri la giornataccia: il famigerato venerdì 17 di un anno bisestile, mentre è oggi la mia giornata NO… peraltro il 17 aprile è il compleanno di Federica, la secondogenita di mia sorella e di 17, ma a febbraio, è nato anche mio fratello Simone che mi ha fatto scoprire qualche giorno fa una poesia molto intensa di Mariangela Gualtieri che racchiude, come dice lui, una intuizione cosmica toccante. Il titolo è “Nove marzo duemilaventi”

Questo ti voglio dire

ci dovevamo fermare.

Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti

ch’era troppo furioso

il nostro fare. Stare dentro le cose.

Tutti fuori di noi.

Agitare ogni ora – farla fruttare.

 

Ci dovevamo fermare

e non ci riuscivamo.

Andava fatto insieme.

Rallentare la corsa.

Ma non ci riuscivamo.

Non c’era sforzo umano

che ci potesse bloccare.

 

E poiché questo

era desiderio tacito comune

come un inconscio volere

forse la specie nostra ha ubbidito

slacciato le catene che tengono blindato

il nostro seme. Aperto

le fessure più segrete

e fatto entrare.

Forse per questo dopo c’è stato un salto

di specie dal pipistrello a noi.

Qualcosa in noi ha voluto spalancare.

Forse, non so.

 

Adesso siamo a casa.

 

È portentoso quello che succede.

E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.

Forse ci sono doni.

Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.

C’è un molto forte richiamo

della specie ora e come specie adesso

deve pensarsi ognuno. Un comune destino

ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.

O tutti quanti o nessuno.

 

È potente la terra. Viva per davvero.

Io la sento pensante d’un pensiero

che noi non conosciamo.

E quello che succede? Consideriamo

se non sia lei che muove.

Se la legge che tiene ben guidato

l’universo intero, se quanto accade mi chiedo

non sia piena espressione di quella legge

che governa anche noi proprio come

ogni stella ogni particella di cosmo.

 

Se la materia oscura fosse questo

tenersi insieme di tutto in un ardore

di vita, con la spazzina morte che viene

a equilibrare ogni specie.

Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,

guidata. Non siamo noi

che abbiamo fatto il cielo.

 

Una voce imponente, senza parola

ci dice ora di stare a casa, come bambini

che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,

e non avranno baci, non saranno abbracciati.

Ognuno dentro una frenata

che ci riporta indietro, forse nelle lentezze

delle antiche antenate, delle madri.

 

Guardare di più il cielo,

tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta

il pane. Guardare bene una faccia. Cantare

piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta

stringere con la mano un’altra mano

sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.

Un organismo solo. Tutta la specie

la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.

 

A quella stretta

di un palmo col palmo di qualcuno

a quel semplice atto che ci è interdetto ora

noi torneremo con una comprensione dilatata.

Saremo qui, più attenti credo. Più delicata

la nostra mano starà dentro il fare della vita.

Adesso lo sappiamo quanto è triste

stare lontani un metro.

Federica, la secondogenita di mia sorella, è una bella e giovane donna che ha compiuto 31 anni, appunto. E’ lei  che un giorno mi fece notare che non eravamo “le sorelle di mezzo” ma quelle CENTRALI: entrambe con una sorella maggiore e un fratello minore. La Chicca ha una energia e un vigore incontenibili : tutto in lei si muove in fretta. Le parole si accavallano, si inciampano l’una sull’altra e parla così velocemente che letteralmente si mangia le parole rasentando una dislessia comica che la caratterizza. E’ invece assolutamente estetica e plastica quando balla; mentre nel lavoro è rigorosa e disciplinata. Delle mie nipoti, lei è quella che ha ereditato la manualità dalla madre. Per questo, dopo una giornata disgraziata, mi sono rivolta a Federica, messa alle strette com’ero da questioni pratiche e di genere come “trucco e parrucco” ai tempi del Covid.

In albergo ci sono 12 camerini termali e 12 dedicati alla SPA, quindi mi son detta che avrei trovato tutto quello che mi serviva nei camerini delle estetiste Adriana e Linda che sono 2 professioniste a tutto tondo dell’AbanoRitz. Creme, oli essenziali e sieri, cerette, kit manicure/pedicure e molto altro ancora che nemmeno ho riconosciuto, era a portata di mano.

La mamma dei tuttologi, come degli ignoranti, è sempre incinta, io li annuso, mi faccio nervosa e divento intollerante di fronte a individui che sebbene abbiano poca o nessuna esperienza in un campo, tendono a sopravvalutare le proprie abilità, che poi moltiplicano su più campi, sentendosi di fatto degli esperti in materia. In un albergo, e specificatamente in un hotel termale di soggiorno e cura, ci sono molti ambiti lavorativi, tanti servizi offerti e dunque tante competenze (oggi le chiamano skills!) ed essendoci cresciuta in mezzo le ho sempre ricercate, soprattutto sono stata educata ad avere molto rispetto delle professionalità altrui; quindi non so come ho pensato di poter far bene il lavoro dell’estetista quasi bastassero gli strumenti per esserlo. Nessuno nasce imparato e niente si improvvisa. La Settimana Enigmistica con rubriche come “Strano ma vero” e “Forse non tutti sanno che…” e qualche “Quesito con la Susi”; la rivista Focus e finanche il “Manuale delle giovani marmotte”, Quattro ruote, o Il sole 24 ore, Wikipedia e i tutorial di Google, i talk show e i documentari nei canali digitali più improbabili come le pillole formative dei guru virtuali; credo siano, per il tuttologo professionista, un inesauribile serbatoio di informazioni che sono in grado di trasformare un comune mortale in un esemplare di Homo Sapiens Sapiens.

Il tuttologo soffre sicuramente di una distorsione cognitiva mentre chi è esperto fa tutti gli errori che si possono fare, solo che li fa in un campo molto ristretto. Charles Darwin affermava che “l’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza”. Sono di moda le soluzioni “chiavi in mano” e i corsi di formazioni; ma se tutti insegnano chi impara? Chi “consulenta” i consulenti ma soprattutto chi forma i formatori? Se si volesse puntare l’attenzione sulle conoscenze teoriche di base e specialistiche del formatore, si dovrebbero analizzare con molta attenzione tanti di quei parametri che riguardano, a mio avviso, non solo i contenuti ma anche la forma ovvero i modelli formativi. Il parterre della formazione è stata invaso da nani e ballerine e quella che è una professione rispettabilissima, è diventato un “mestiere da fare” sulla base di improvvisazioni e imitazioni, inquinato dalle mode e, come le consulenze, un prodotto da vendere ai committenti.

Ora, la domanda semplice ma non banale è: perché io avrei dovuto saper fare una ceretta? La risposta spontanea ma pertinente è: per fortuna ho una nipote.

2 Comments

    1. abanoritz Post author

      Sono grata a mio fratello per avermi segnalato questa poetessa che non conoscevo e che effettivamente ha toccato le mie corde.
      Sono contenta sia stata gradita.

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