09/06/2020

Pronti, ai posti, via! Strano animale l’essere umano: può fare una cosa uguale a sé stessa tutti i giorni e all’infinito MA… ma poi succede che per una scelta, tanto esistenziale quanto materiale, si fermi l’intero nostro sistema e noi, animali abitudinari, bloccati per 3 mesi, rimettendoci alla prova, verifichiamo con sgomento come tante sicurezze siano, in così poco tempo, venute meno. Ieri, riaperte le thermae, i collaboratori erano un po’ spaesati per quanto entusiasti, mi chiedevano tante cose che, onestamente, loro avevano sempre saputo e gestito mentre io no: piccoli segreti del loro mestiere che hanno dovuto ripescare nella memoria professionale, azioni compiute migliaia di volte che hanno dovuto rodare, modalità e protocolli da ripassare come per l’esame di riparazione a settembre. Sanno tutto quel che serve per essere più bravi di tanti altri, ma questa inspiegabile insicurezza ha assalito tutti noi nel riappropriarci dei nostri spazi lavorativi, perché, per prima cosa, occorre ridisegnare il proprio perimetro fisico ed emotivo… Mentre scrivo suona l’allarme antincendio e si chiudono in un attimo le porte di sicurezza: funziona! Ma non è una esercitazione, accade invece che, in compagnia di Gloria, ho dimenticato di aver messo a bollire la pentola con i fagiolini sul fornelletto: ho bruciato sia fagiolini che pentola… maledetta piastra elettrica che con la manopolina a 1 non scalda, a 2 di più, ma solo se prima è stata a lungo sul 3. L

Con la pandemia siamo quindi finiti in un imbuto? Non lo so, ma è probabile… a me gli imbuti piacciono, eppure, portano con sé un’immagine simbolica negativa. Forse perché nel medioevo l’imbuto rovesciato era simbolo di pazzia o perché nella Divina Commedia, Dante attribuisce all’Inferno una forma a imbuto? L’imbuto, dunque, è uno strumento dalle origini antichissime, e il suo impiego è fatto esclusivamente per travasare. Che si tratti di imbutoni in lamiera elettrosaldata o di imbutini di vetro per il farmacista, stiamo descrivendo un attrezzo semplice e funzionale che determina la portata principalmente di liquidi in contenitori dall’imboccatura stretta. Per realizzarlo si assemblano due parti: una è un tronco di cono stretto e lungo, per incanalare senza disperdere; mentre l’altra ha una forma più larga e tozza per ricevere. I materiali che lo costituiscono possono essere: metallo, plastica, vetro. Tutti noi conosciamo quello classico di plastica, impiegato in cucina. Indipendentemente, però, dal materiale di costruzione, l’imbuto deve essere liscio, in modo da non creare attrito all’interno e anche molto resistente per evitare che si deformi. Può essere dotato di un manico, per tenerlo o appenderlo, e, a volte, di una retina, nel punto di congiunzione tra coppa e gambo, che serve da filtro. Pensando a un imbuto a me vengono in mente tre bellissime immagini: i giochi sulla spiaggia di Sottomarina con i miei cugini e mia sorella, sotto l’occhio vigile di mia nonna Ida; il muro della mia classe, alla scuola elementare Alessandro Manzoni, dove la maestra Turetta ci indicava le vocali appese e, se la o era legata all’immagine dell’oca, la i era un imbuto; infine, the last but not the least, i personaggi iconici del Mago di OZ: nella favola di Frank Baum , gli amici di Dorothy sono uno spaventapasseri, il leone codardo e l’uomo di latta con l’imbuto in testa.

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