Prestiti alle imprese, iniziative per sostenere le donne manager

Le donne hanno più difficoltà degli uomini ad accedere ai prestiti. Agci, Confcooperative e Legacoop propongono delle soluzioni al problema

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Sebbene le donne e le imprese a gestione prevalentemente rosa dimostrino di essere più affidabili e meno soggette al fallimento rispetto a quelle gestite da uomini, fattore che quindi dovrebbe agevolare l’erogazione di finanziamenti per queste categorie di richiedenti, le prime riscontrano sempre maggiori difficoltà rispetto ai colleghi nel trovare soluzioni di prestito vantaggiose per finanziare i loro progetti.

Questo è il quandro su cui vuole attirare l’attenzione il seminario “L’accesso al credito delle imprese femminili: proposte per le cooperative rosa”, organizzato dall’Alleanza delle cooperative italiane, composta da Agci, Confcooperative e Legacoop.

“La richiesta – osserva Dora Iacobelli, presidente della commissione Pari opportunità di Legacoop – di più garanzie e tassi di interesse più alti rispetto alle imprese a prevalenza maschile non è giustificato da condizioni di minore solvibilità delle imprese femminili che, al contrario, risultano più avverse al rischio e mediamente più affidabili. Le imprese femminili, inoltre, nonostante abbiano subito una contrazione del credito più marcata in tempi di credit crunch, hanno dato prova di maggiori capacità di restituzione dei finanziamenti ricevuti dalle banche, mostrando indici di deterioramento del credito più contenuti di quelli delle imprese maschili”.

Come far sì, quindi, che le donne imprenditrici godano degli stessi diritti nell’accesso al credito? L’unica strada praticabile è quella che passa dal dialogo: è necessario sensibilizzare verso questo tema le istituzioni, che dovrebbero avviare un confronto tra le banche e le organizzazioni imprenditoriali.

Le proposte avanzate durante il seminario, infatti, non riguardano un incremento dei fondi da destinare alla concessione di prestiti agevolati per le imprenditrici attraverso strumenti come il microcredito femminile. La rivoluzione, infatti, deve essere prima di tutto culturale e deve passare attraverso un utilizzo più razionale e concreto delle risorse che già si hanno a disposizione.

Ad esempio, tra le proposte presentante al convegno, c’è quella di creare un prodotto finanziario o un pacchetto di prodotti finanziari, sotto il marchio dell’Alleanza delle cooperative italiane, da proporre alle cooperative femminili.

Invertire questa disparità nell’accesso al credito è prioritario, anche perché ne gioverebbe l’intero Paese: l’economia femminile, infatti, nonostante le difficoltà si sta facendo sempre più strada e rappresenta il volto più dinamico e innovativo dell’imprenditoria italiana.

Stando ai dati diffusi dall’Osservatorio sull’imprenditoria femminile, tra il 2012 e il 2013 sono nate ben 6.140 imprese in rosa e ben il 63% delle aziende sono gestite da donne. In particolare, forma preferita d’impresa delle donne è la cooperativa: nell’ultimo anno le cooperative femminili sono aumentate del 3,1% e, rispetto alle altre forme giuridiche, il loro incremento raggiunge il 7,7%.

“Nella cooperazione – afferma Giovanna Zago, coordinatrice commissione nazionale dirigenti cooperatrici di Confcooperative – il protagonismo delle donne, che rappresentano oltre il 52% delle persone occupate, si fa sempre più strada, sia per una maggiore rappresentanza nella governance, sia nella messa in atto di tante buone prassi che evidenziano la loro grande forza, energia, competenza e professionalità. Il credito è la benzina per le imprese. Le difficoltà di accesso sono note e dobbiamo lavorare per agevolare tutte le imprese”.

È la conferma che l’imprenditoria femminile è la nuova grande risorsa del nostro Paese: le donne producono reddito e lavoro, specie nel settore del commercio e dell’industria manifatturiera: “La cooperazione rosa – continua Marieli Ruini, presidente del consorzio Meuccio Ruini di emanazione Agci e dirigente del coordinamento Donne Agci – ha finalmente prodotto una capacità di interlocuzione con le istituzioni e le rappresentanze politiche ed economiche per dimostrare quanto sia utile all’intera società sostenere l’impresa femminile, tenuto conto dell’incidenza con cui le donne partecipano alla formazione della ricchezza attraverso il mondo del lavoro nel suo insieme (autonomo e dipendente)”.

Conclude Giovanna Zago: “Quelle femminili però presentano una problematica ulteriore, una debolezza culturale: le imprese femminili tendono a non chiedere credito. Temono di subire un rifiuto dalle banche più di quanto non accada a quelle maschili. Quando il credito viene concesso, il costo del danaro è più oneroso e vengono richieste maggiori garanzie che alle imprese maschili. E’ per questo che occorre attivare strumenti e canali informativi. La vera sfida è formare e informare le imprese femminili su come migliorare le condizioni di accesso al credito”.

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