Polo femminile e non è abbigliamento

di Allegra Nasi

“A polo handicap is your passport to the world”

Winston Churchill

L’adrenalina, la velocità, la forza, la potenza, la simbiosi con il cavallo, l’intenso sforzo e forse anche un accenno di paura, o almeno la cognizione del pericolo. Questo è il polo; molto simile, nonostante il passare del tempo,  a quello che era più di 2000 anni fa in Asia quando nacque. Le origini di questo nobile sport sembrano trovarsi nelle partite di buzkashi, l’antico sport nazionale afgano, e la sua evoluzione sembra essere avvenuta lungo il percorso della Via della Seta fino ad arrivare a Punjab, in India, dove nel 1960 venne adottato dagli ufficiali britannici che lo avevano visto praticato dai locali.

Dai tempi delle sue origini, il polo ha chiaramente subito diversi cambiamenti: dalle regole alle caratteristiche dei cavalli; dai materiali, alle strategie in campo, alle caratteristiche dei partecipanti, che oggi contano tra le loro fila sempre più donne. Anche se alcuni antichi dipinti rappresentano amazzoni che, stecca alla mano, partecipano a questo  intenso, pericoloso ed esclusivo sport, nella nostra realtà, l’aumento del numero di donne che giocano è un fenomeno recente.

Mentre  in Inghilterra ed Argentina, dove il polo ha molti più adepti, le donne in campo sono ormai cosa comune, in Italia le giocatrici non sono più di sei o sette, ma sono sufficienti per dimostrare che  una grande passione per i cavalli, una grande dedizione allo sport, una buona dose di coraggio e molto poco timore della competizione fisica con gli uomini, permettono una partecipazione ad armi pari, o quasi. Ed è forse proprio questa parità che sta rendendo questo sport sempre più amato dal gentil sesso: quando si galoppa a massima velocità in direzione della pallina e della porta, poco importa il sesso dell’avversario che si avvicina minacciosamente; poco importa la sua età; poco importa il suo nome. L’unica cosa che importa è il fatto che a breve la sua stecca potrebbe bloccare la traiettoria della nostra, impedendo  l’impatto con la palla; che a breve il suo cavallo potrebbe essere spinto contro al nostro ed  il suo corpo usato per spostarci di forza dalla linea della palla, rubandoci la giocata. Lui non penserà di avere di fronte una donna. Noi non penseremo di avere di fronte un uomo. L’unico pensiero sarà quello di vincere. In campo non esistono differenze di sesso; esistono solo l’obiettivo, la ricerca del gol, l’impatto con la pallina; il rumore degli zoccoli sull’erba, le frasi gridate in spagnolo, l’intensità difficilmente equiparabile. In questo contesto,  si è tutti solo giocatori: donne, uomini, giovani, meno giovani, professionisti o amatori.

Anche se le quote rosa in campo stanno aumentando – fenomeno dimostrato dai sempre più frequenti tornei riservati alle donne – la competizione agonistica tra i sessi, potrebbe rimanere proprio uno di quegli aspetti tanto attraenti per le donne: in fondo, c’è un certo grado di soddisfazione associato all’espressione perplessa – e forse non solo  – che si coglie sui volti degli uomini quando si accorgono che sotto al casco dell’avversario, c’è niente meno che una fanciulla!

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