La struttura narrativa di Cassandra (trad. di Anita Raja, Tascabili e/o, Roma, 1997) di Christa Wolf, è quella della rievocazione: un flusso continuo di sentimenti come emergono nella memoria dal presente al passato e ancora al presente, a poche ore dalla morte. Una elegia con lamenti, invocazioni, paure, amore, odio, “il mio odio gonfio e succoso” (p. 13).
Quello che più conta in quest’opera di Christa Wolf è la forza morale di Cassandra. C’è un progresso dalla fanciulla ignara, alla conoscenza del cinismo nella maturità (…”fanciulla che ero, immagine desiderante e struggente, figura giovane e radiosa dentro una zona di luce”…) (p. 30). Figlia prediletta del re Priamo, orgogliosa sacerdotessa, parte stessa dell’autorità e del potere politico, va scoprendo gli inganni e le manipolazioni che portano alla guerra. È connivente col potere, vive d’indolenza, si ribella – la voce che le squassa il corpo in convulsioni al limite della follia, la voce profetica di sventure e di morte. Viene ancora a compromessi con la sua coscienza e infine non può che opporsi totalmente, costi quel che costi. Per cui finì in prigione per le ragioni di Stato della guerra. (E finirà poi uccisa dai vincitori della guerra.)
“Tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere” (p. 147). Lo aveva capito Cassandra a contatto delle donne che vivono nelle capanne e nelle caverne alle pendici del Monte Ida sulle sponde dello Scamandro, nelle montagne e nei boschi, là, lontano dal palazzo reale di pietra, dove Anchise visse il suo sogno che trasmise ai giovani: “come si sogna restando con i piedi per terra” (p. 167). Occorre “combattere il male prima, quando ancora non si chiama guerra” (p. 131), spezzare la logica della guerra, predica Anchise, smascherare il vizio del ragionamento per cui si crea prima il nemico e poi si mostra la necessità ineluttabile della guerra. Esattamente come succede ancora una volta oggi. C’è l’asse del male, ci sono i buoni e ci sono i cattivi, naturalmente noi siamo i buoni, chi non è con noi è contro di noi. Esattamente così Eumelo, il consigliere del re Priamo, crea uno stato di paura, cordoni di sicurezza sempre più stretti intorno ai cittadini, come oggi nella guerra contro i terroristi. Come dice Anchise: “Eumelo ha bisogno di Achille [oggi Saddam Hussein] come una vecchia scarpa della compagna” (p. 131). Non c’era nessuna Elena che giustificasse la guerra di Troia, così come non sono state trovate in Iraq armi di distruzione di massa: la grande menzogna che fa gridare Cassandra quando la scopre, quel suo grido tremendo fino al limite della follia, che risuona ancora oggi.
Di seguito, il commento della stessa Christa Wolf alla sua opera: “Sentivo Cassandra come una figura molto significativa per il nostro tempo. Durante un viaggio in Grecia ho visto Micene, ho vissuto con tutti i sensi il paesaggio che era stato quello di Cassandra. Mi ha interessato cogliere il punto cruciale, alla nascita della nostra cultura, in cui è cominciata quell’alienazione che adesso ci porta vicino all’autodistruzione. Mi ha interessato il momento in cui, con l’avvento della società patriarcale e gerarchica, l’espressione letteraria femminile sparisce per millenni.“
Fonte: Web
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