#Cellule #Staminali: le fonti, parte 2

Fonti Di Cellule Staminali

cellule staminali bambino

Secondo appuntamento per scoprire le Cellule Staminali.
Qui potete leggere la prima parte >>>

1. Cellule staminali embrionali

Le cellule staminali embrionali sono cellule toti-potenti che costituiscono l’embrione nelle primissime fasi di sviluppo, fino alla fase precedente all’impianto nell’utero.
Nell’uomo sono presenti solo fino al 14 giorno di vita, poi si si trasformano in cellule staminali multi-potenti: ogni zona dell’embrione acquisisce delle informazioni che ne determinerà il destino e le cellule che le compongono potranno seguire solo quello.
L’uso di queste cellule ha un rischio: essendo toti-potenti possono moltiplicarsi sia in vivo sia in vitro, in modo spontaneo ed incontrollato. Se immesse in un organismo adulto il rischio di insorgenza di tumori (teratomi e teratocarcinomi) è elevato. In altri termini queste cellule hanno la capacità di svilupparsi in tutte le direzioni cellulari, comprese quelle maligne. Allo stato attuale nessun ricercatore è in grado di isolare la capacità benefiche di sviluppo cellulare da quelle dannose.

2. Cellule staminali fetali

Le cellule staminali fetali sono quelle cellule multi-potenti che costituiscono il feto. A seconda della zona dove sono prelevate possono dare origine solo a determinati tipi di cellule. I pochi studi finora condotti non permettono di trarre conclusioni definitive sulle loro capacità di crescita, differenziamento ed integrazione funzionale nei vari tessuti.

3. Cellule staminali da midollo

Le cellule staminali del midollo osseo sono note per essere capaci di differenziarsi e di “trasformarsi” in tutti gli altri tipi di cellule del sangue e del midollo. Uno studio recente ha dimostrato che possono avere un ruolo chiave nel riprodurre altri organi e tessuti del corpo.

4. Cellule staminali adulte

Le cellule staminali adulte sono cellule muti-potenti ed uni-potenti, che si trovano nei tessuti di un organismo umano già formato. Esse prevedono al mantenimento dei tessuti in condizioni fisiologiche, ed alla loro riparazione inseguito ad un danno.
Questa capacità riparativa non è illimitata a giudicare dalle patologie che possono compromettere la funzione degli organi, nonostante il tentativo di rigenerazione. Il loro impiego soffre di due grandi limitazioni:
l’una numerica (sono molte poche e di difficile reperibilità e l’altra fisiologica (dopo alcune divisioni cellulari in coltura tendono a perdere le caratteristiche di pluripotenzialità)

5. Cellule staminali da liquido amniotico

La scoperta recentissima (Gennaio 2007, Università di Padova e Wake a Forest University) di cellule staminali nel liquido amniotico, con capacità rigenerativa pari a quelle dell’embrione, apre nuovi orizzonti per la cura di molte malattie e nel campo dei trapianti. Le nuove cellule staminali si isolano si isolano facilmente (dall’amniocentesi), si moltiplicano in fretta (raddoppiano in 36 ore) e sembrano versatili come quelle dell’embrione, potendo trasformarsi in cellule adulte adulte muscolari, ossee, sanguigne, nervoso, di grasso, epatiche, la cui funzionalità rigenerativa stata poi sperimentata con successo in vitro e su animali. Hanno inoltre un buon profilo di sicurezza, visto che non producono tumore come alcuni tipo di staminali.
L’ambito applicativo va dai difetti malformativi alle malattie fetali, come le metaboliche. Queste cellule si possono prelevare durante la gestazione, correggere il gene e rimettere il gene modificato nello stesso feto che riconoscerle cellule come proprie.
Il secondo ambito applicativo può essere quello della correzione di un difetto malformativo.
Si potranno prendere le cellule, coltivarle, e, quando il piccolo sarà nato, si potranno utilizzare. Queste cellule si possono utilizzare anche per il trapianto allogenico, perché i recettori che esprimono possono essere usati anche in un’altra persona.

6. Cellule staminali cordone ombelicale

Il sangue residuo della placenta e del cordone ombelicale costituisce una fonte di cellule staminali emopoietiche, quelle che generano tutte le cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine).
Dal 1998 queste cellule staminali da cordone ombelicale vengono utilizzate per eseguire trapianti in ambito onco-ematologico, esse sono utilizzate alla stregua delle cellule midollari.
Il sangue viene raccolto del cordone ombelicale, sia in caso di parto spontaneo che da un parto cesareo, facendo un prelievo (in circuito chiuso sterile) dalla vena ombelicale.
Una volta raccolto, ne viene calcolato il volume e la quantità di globuli bianchi, che non devono essere rispettivamente inferiori a 80ml e 1.5 milioni di cellule.
Questo sangue viene analizzato direttamente per agenti infettivi, ed esami sierologici vengono effettuati alche sulla partoriente, al momento del parto ed a sei mesi dalla donazione. Viene eseguita la caratterizzazione HLA, una specie di carta di identità del donatore, indispensabile per valutare si il ricevente sia compatibile o meno con il tessuto ricevuto. I risultati della tipizzazione HLA vengono pubblicati su dei database mondiali accessibili da centri trapianto autorizzati per poter “avviare” una ricerca di tessuto compatibile con il proprio paziente.

scienza cellule staminaliIl sangue da cordone subisce trattamenti es è deprivato dei globuli rossi prima di essere conservato in azoto liquido, alla temperatura compresa tra – 130-196, per un futuro utilizzato. Al momento del trapianto il sangue viene scongelato, vengono filtrate le sostanze criopreservate e somministrato al paziente per infusione endovena.
Per malati senza donatore familiare compatibile, il sangue placentare oggi una sorgente di cellule staminali ematopoietiche in alternativa al midollo osseo proveniente da donatori volontari.

Purtroppo solo il 25% dei pazienti trova un donatore compatibile all’interno della propria famiglia, gli altri devono rincorrere al Registro dei Donatori del Midollo Osseo. Malgrado nel mondo gli iscritti abbiano superato i sei milioni e mezzo, non più del 40% dei pazienti riesce a beneficiare di tale strategia terapeutica.
Alla fine degli anni ottanta, con l’esecuzione del primo trapianto con sangue placentare si è aperta quindi ad un maggior numero di pazienti la possibilità di poter beneficiare di tale strategia terapeutica.

• Questo genere di terapia, in cui le cellule staminali sono ottenute da un donatore estraneo è detta allogenica. Quando le cellule sono ricavate dallo stesso paziente sul quale saranno utilizzate è detta autologa, e, quando prevengono da individui identici, singenica.
Le cellule staminali placentari hanno caratteristiche simili a quelle midollari pur avendo alcune peculiarità che ne determinano alcuni vantaggi biologici:

• la risposta immunitaria ancora immatura riduce l’insorgenza della malattia del trapianto versus l’ospite una della frequenti e più gravi complicanze del trapianto allogenico

• la ridotta reattività immunologica di tali cellule consente di trapiantare anche soggetti non perfettamente compatibili.
La capacità proliferativa 8cioè la capacità di moltiplicarsi) è superiore a quelle delle corrispettive cellule midollari. Vi sono inoltre degli importanti risvolti pratici

• la raccolta di queste cellule è semplice e priva di rischi per il neonato e la madre a differenza di espianto da donatore di midollo osseo che comporta, oltre ad una più complessa organizzazione, un minimo di rischio legato all’anestesia.

• il sangue placentare può essere una valida alternativa per minoranze etniche generalmente poco rappresentate nei registri del midollo osseo

• le raccolte possono essere conservate per lunghi periodi di tempo in azoto liquido senza compromettere le loro caratteristiche

• vi è una riduzione di tempi in attesa ciò è particolarmente importante per quei pazienti che non sopravviverebbero ai 5/6 mesi di ricerca di un donatore di midollo.

UN GESTO SEMPLICE

Nel momento più bello della vita, la nascita di un figlio, la mamma può salvare un altro bambino che ha bisogno di un piccolo ma fondamentale aiuto per sopravvivere: la donazione del cordone ombelicale.

Il prelievo del sangue placentare è semplice e del tutto indolore sia per la madre che per il neonato. Il percorso inizia con un colloquio informativo durante la gravidanza. Chi volesse donare il sangue del cordone ombelicale deve comunicarlo al proprio ginecologo.
A questo colloquio segue normale prelievo di sangue analisi HIV ed Epatite B e C, esami che gestante farebbe comunque.cellule staminali 2
La donna che vuole donare deve dare il suo consenso alla donazione e la sua disponibilità a sottoporsi alle analisi di controllo. La raccolta del sangue del cordone ombelicale avviene direttamente in sala parto, subito dopo la chiusura e la recisione del cordone ombelicale, quando il neonato già affidato alle cure dell’ostetrica, della puericultrice o del pediatra. Mentre la placenta ancora in sede si collega sterilmente il cordone con una apposita sacca dove defluirà il sangue senza che il procedimento comporti alcun fastidio alla mamma. La sacca viene poi inviata alla Banca del Sangue Cordonale presso la quale si procede nelle 36 ore successive alla valutazione di idoneità en in caso affermativo alla caratterizzazione ed alla successiva crioconservazione alla temperatura di -180. L’unità di sangue cordonale entrerà far parte della Banca con i dati inseriti anonimamente in una banca computerizzati.

Dopo sei mesi la neo mamma viene sottoposta a un esame di controllo che non è altro che un prelievo di sangue necessario per garantire la sicurezza del cordone donato. La madre deve, inoltre, fornire un certificato del pediatra che attesti lo stato di salute del bambino.

Dopo questo arco di tempo (sei mesi), periodo che serve per escludere la presenza di patologie nella mamma e nel bambino, il sangue è pronto per essere utilizzato.

Gli impegni da assumere per diventare donatrici

1. Incontrare un medico del programma “Banca del cordone” che, oltre a dare le informazioni riguardanti procedura, raccoglierà l’anamnesi famigliare e personale per rilasciare l’idoneità e donare

 

2. Firmare il modulo di consenso informato sulla donazione

 

3. Essere ricontattata a sei mesi da parto per dare notizie sulle condizioni del bambino (accompagnate da un certificato del medico curante)

 

4. Essere sottoposta ad un secondo prelievo di sangue per escludere eventuali infezioni virali contratte nell’ultimo periodo di gravidanza

 

5. Rinunciare ad ogni diritto sul sangue placentare donato

 

Il sangue placentare può trasmettere malattie variali e /o genetiche ai riceventi. Pertanto non possono essere accettate come donatrici persone affette e portatrici sane di malattie variali (come epatiti B e C, AIDS o altre), malattie genetiche o del sistema immunitario.

Stoccaggio del sangue cordonale

La conservazione del sangue di cordone ombelicale (SCO) viene effettuata in tutto il mondo in appositi centri denominati Banche Di Sangue Cordonali.

La Banca SCO ha compito di raccogliere e analizzare le Unità di sangue e manipolare le cellule staminali per conservarle (crioconservazione) in speciali contenitori con azoto liquido ad una temperatura -180. Gli operatori e le tecniche utilizzate ella raccolta e nella crioconservazione del Sangue placentare devono essere sottoposti, per acquisire indispensabili requisiti di affidabilità, periodicamente, a verifiche ispettive da parte di organismi superiori al fine di ottenere per le Unità raccolte il riconoscimento della quantità. Inoltre la conformità della Banca ai requisiti del Sistema Qualità ISO 9002 permette che essa sia riconosciuta e sia operativa a livello internazionale.

In Italia sono attive 19 Banche Regionali: Padova, Treviso, Verona, Milano, Torino, Roma (Gemelli), Roma (S. Euganeo), Firenze, Bologna, Cagliari, Pescara, Pisa, Genova, Reggio Calabria, Napoli, Pavia, S. Giovanni Rotondo, Sciacca, dove sono crio-conservate unità cordonali provenienti sia da donazioni cosiddette “dedicate” ad uno specifico paziente, sia da donazioni volontarie. I cordoni dedicati, cioè quelli raccolti alla nascita del fratello di un paziente affetto da una malattia che possa trarre beneficio da un trapianto, sono conservati esclusivamente per questo paziente su segnalazione dell’onco-ematologo pediatra; in tali casi il sangue deve essere raccolto con estrema cura in quanto potrà rappresentare la tappa più importante per la guarigione del fratello.

 

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