Continuo a leggere articoli di settore che parlano di come il Turismo del dopo lockdown stia mettendo al centro dell’attenzione l’aspetto umano dell’impresa, delle relazioni e del viaggio. Ma non è stata sempre questa la peculiarità del mio lavoro?! Ci voleva forse la pandemia per scoprire che l’hotellerie è contraddistinta dai servizi che offre e quindi dalle persone e che, quando si parla di customizzazione, ovvero di personalizzazione, ci si riferisce alle qualità umane e professionali di uno staff? Quando si sottolinea l’importanza della fidelizzazione, sbaglio o si valorizzano esattamente le relazioni con i propri ospiti? E infine, parlando di un viaggio, e dunque di una vacanza, non si enfatizza la qualità di una destinazione e la rilevanza delle motivazioni per cui si viene scelti? Ma questi filosofi del marketing vogliono forse far scoprire l’acqua calda a noi termalisti che ci siamo seduti sopra?
Non si fa che discutere di pensiero laterale, l’avevamo già definito come quella funzione, quell’ottica particolare, in grado di “scardinare” convinzioni e logiche ormai date per scontate. Quindi direi che l’innovazione, altro tema sulla bocca di tutti, è anche innovazione di pensiero, o meglio, trattasi massimamente di mettere a profitto il capitale di conoscenze ed esperienze acquisite nel tempo. Ebbene in virtù di quanto detto all’inizio, il mondo dell’ospitalità altro non è che la capacità di interpretare informazioni e cambiamenti della società e degli individui in un tempo che sempre più velocemente produce mode, tendenze ed esigenze di cui il turismo è termometro e bussola.
A proposito di mode, si ricorre sempre più spesso a termini inglesi che sintetizzano concetti che invece, a parer mio, andrebbero esplosi e argomentati. In questa fase di riapertura dopo la pandemia, ad esempio, si dibatte molto sull’Human Feel ovvero quel sentire/avvertire insomma quel vincolo emotivo e spontaneo che unisce alcune persone. Non credo di sbagliare quando penso agli oltre 50 anni di storia del ritz e a quanto fosse anticipatrice mia madre, con le sue schede gialle e la profilazione dell’ospite, con il suo continuo attraversare sale e saloni trovando il registro adeguato ad ogni cliente, con il suo personalissimo ascendente psicologico; nella costruzione sensibile e attenta di un rapporto emotivo finanche di un legame “sentimentale”, una sorta di dipendenza professionale, che riusciva a tessere con i suoi ospiti e con non pochi collaboratori. Legami decennali che sono arrivati a me come una dote preziosa, ma difficile da mantenere con questa umanità troppo frettolosa e necessariamente più superficiale ed egocentrica.
Anche se l’intelligenza artificiale ha creato algoritmi in grado di interagire con le persone in modo automatico, l’interlocutore dell’industria turistica rimane comunque l’Essere Umano. Riaffermare la centralità della persona, cliente o collaboratore che sia, sulle nuove tecnologie che sono straordinarie ma non sostitutive, è un difficile equilibrio ma resta l’obbiettivo del ritz, da sempre. Il nostro “mestiere” deve ogni giorno inventarsi nuovi linguaggi, nuove esperienze e nuove competenze per impostare relazioni durature e generare comunicazioni virtuose. Allora, saremo disposti, tutti, a non scambiare professionalità con indifferenza, a non barattare la creatività con la standardizzazione o l’originale imperfezione umana con la perfezione? Gloria e io riteniamo che l’eccellenza non sia impeccabile.