05/04/2020

Mi ricordo che mia madre mi confessò una volta che lei quando guidava non guardava lo specchietto retrovisore per paura di distrarsi… quello che vorrei poter fare io è invece guardare lo specchietto retrovisore della vita mentre la percorro.

Oggi i tecnici parlano continuamente di “spillover” -andando a prestito da David Quammen-, termine  che potremmo liberamente tradurre con “ricaduta” ma che la Treccani ci dice essere usato per indicare la diffusione di situazioni di squilibrio. In realtà mi pare di capire che, oltre all’utilizzo scientifico ed economico, la parola “spillover” ha una sua semplice valenza comportamentale. Infatti un’azione (e ne scelgo una che detesto e fuggo) come andare in palestra, tesa ad ottenere un risultato insperato (e insperabile) di acquistare maggiore tonicità muscolare e perdere peso (al momento peso circa 62 kg ma ho mangiato mortadella e carciofi alle 14,30), produrrà una ricaduta su un altro mio comportamento: per esempio la gioia di rientrare nella taglia 42 (se vestono comode, oggi compro una 44) che mi renderebbe oltre che più spendacciona (peccato di cui non mi pentirò mai abbastanza) anche più positiva e generosa verso gli altri dando così il via ad una reazione che ne amplifica un’altra in questo caso positiva. Non ci sono però solo comportamenti che ricadono su altri che seguono; ma quel che penso, e finalmente arriviamo al punto, è che ci sono effetti comportamentali “a gambero”, ovvero che agiscano sul comportamento precedente: siccome vado in palestra, prima mi posso permettere di mangiare la Nutella. Non so se mi sono incartata, ma volevo spiegare a voi -spiegandolo prima a me stessa- perché mi trovo qui ad abitare un albergo vuoto e silenzioso.

Martedì 24 marzo il calendario di mia sorella che si definisce “calendario geniale”, diceva come una Cassandra: “il nostro destino è influenzato da dove focalizziamo l’attenzione e da quanto tempo lo facciamo“ Dr. Joe Dispenza (non volevo verificare chi fosse ma poi la curiosità non mi molla mai e così sul mio nuovo computer, di cui vi parlerò, ho scoperto essere un neuro scienziato e la questione si fa sempre più intrigante e magari più avanti vi spiego perché). Bene, quel giorno decisi di trasferirmi in albergo lasciando la mia mansarda/rifugio nel ghetto di Padova. Mi sono presentata in albergo a un’ora insolita per me (erano le 15 passate) con un borsone e il cuore pieno di ansia. Ho comunicato all’ultimo portiere rimasto a presidiare l’albergo e a mia sorella, che metteva a posto fatture sparpagliate ovunque nella hall troppo spaziosa, che non potevo proprio più stare a casa. Come direttore, amministratore, figlia di mia madre, sorella di mia sorella ecc… era il “Ritz” il posto giusto. E la scelta, me ne rendo conto ora scrivendo, era stata fatta MOOOLTO tempo prima dallo straniero che è in me (Lacan docet).

Offerte AbanoRitz