Qual è il nesso tra la pagina del 28 maggio, dove trovate una piccola photo gallery di me da piccola e, andando ancora più indietro, al 15 maggio, la pagina del diario in cui vi spiego il mio rapporto con le foto? Il link tra le due è la strage di Ustica. La strage di Ustica fu un incidente aereo, avvenuto alle 20:59 del 27 giugno 1980, sopra il braccio di mare compreso tra le isole italiane di Ponza e Ustica. Vi fu coinvolto il volo di linea IH870, partito da Bologna Borgo Panigale e diretto a Palermo Punta Raisi, operato dall’aeromobile Douglas DC-9 della compagnia aerea Itavia, di Aldo Davanzali, già pesantemente indebitata prima dell’incidente. Il DC- 9 perse il contatto radio con l’aeroporto di Roma-Ciampino, responsabile del controllo del traffico aereo in quel settore, esplose e cadde nel mar Tirreno. Nell’incidente morirono tutti: 81 persone, tra passeggeri ed equipaggio. La strage di Ustica fu uno degli incidenti aerei più gravi avvenuti sul suolo italiano dal secondo dopoguerra. E, a diversi decenni di distanza, i vari aspetti dell’incidente non sono ancora stati chiariti. Varie ipotesi sono state formulate nel corso degli anni riguardo alla natura, alla dinamica e alle cause dell’incidente: una delle più battute, e pertanto accettata in sede penale, riguarda un coinvolgimento internazionale, segnatamente francese, libico e statunitense, con il DC-9 che si sarebbe trovato sulla linea di fuoco di un combattimento aereo, venendo infine bersagliato per errore da un missile. Sono oramai passati 40 anni e questo “errore” resta impunito. Delle ottantuno vittime del disastro aereo, furono recuperate solo trentotto salme. Tra le vittime figurano Giuseppe Lachina e sua moglie Giulia. Lui, il signor Pino, era il “mio” fotografo. Sì perché il signor Lachina era il fotografo della felicità. Lui di origine siciliana arrivato qui, a Montegrotto, scattava foto ai turisti. Allora non c’erano né i selfies né le ottiche sofisticate dei cellulari, anche le vacanze erano diverse e i clienti arrivavano da ogni parte d’Europa negli alberghi termali che erano pieni di vita, di lavoro e di soddisfazioni. La vacanza non era mordi e fuggi ed era davvero fatta di momenti felici, da ricordare. Non c’era un turista di quelli venuti all’Universal prima e all’AbanoRitz poi che non avesse una foto scattata da lui. In ogni festa, e allora se ne organizzavano tante e non si chiamavano eventi, ad ogni cena a tema, durante ogni serata danzante, Pino Lachina era presente in albergo: coglieva l’attimo di gioia e scattava. Durante la notte sviluppava le sue foto e il giorno dopo veniva a venderle, quelle rimaste invendute rimanevano a mia madre per quella che oggi si chiamerebbe profilazione del cliente. Lungo il bordo delle sue foto apparivano la data , il nome dell’hotel e il suo, venivano acquistate quasi tutte e portate a casa come souvenir: scatti con mia madre che brindava , accanto al cameriere che flambava , assieme al portiere che porgeva la chiave della stanza, seduti al bar con la tazzina dell’espresso in mano. Il suo era marketing puro e quelle foto hanno abitate le case di mezzo mondo, hanno fatto il giro dell’Europa testimoniando la grande ospitalità italiana. Come un fotoreporter riprendeva l’evolversi del costume e del turismo e, come un pubblicitario, immortalava luoghi, arredi e mode del momento. Quando 3 anni fa abbiamo festeggiato i 50 anni del ritz, senza le foto del signor Pino, che mia sorella aveva sempre custodito e catalogato, non avremmo potuto allestire la mostra documentale. Ma il signor Lachina fotografava anche me, spessissimo: molte foto mie bambina e poi ragazzina portano la sua firma, credo lo facesse per regalarle alla mamma e sono convinta lui amasse i bambini, io sorrido in ogni foto. Lui ne aveva tre e la maggiore dei suoi figli, Elisabetta, stamattina mi ha telefonato per invitarmi alla commemorazione del 27 giugno.