Il Ministero delle Pari Opportunità sta chiudendo la maggior parte dei centri anti-violenza che combattono la violenza contro le donne sul territorio nazionale.
I tagli delle varie finanziarie si abbattono pesantemente sui centri anti-violenza italiani e in particolare sulle case sicure o case rifugio, luoghi di ospitalità segreti dove le donne che hanno subito abusi, molestie e violenze vengono accolte e “nascoste”.
La cifra destinata dal Ministero per le pari Opportunità per i centri e le attività di prevenzione contro la violenza di genere era di 18 milioni di euro.
Dopo la caduta del Governo Prodi i soldi sono stati stornati dal Ministro Carfagna, su suggerimento di Tremonti, per altri progetti. Quali non è dato sapere. Probabilmente tre milioni sono finiti all’Edilizia.
Anna Bagnara la presidente di D.I.RE (donne in rete contro la violenza sulle donne) che raccoglie 58 associazioni italiane dislocate su tutto il territorio. Ebbene 40 di queste, a causa dei tagli dettati dal Ministero delle Pari Opportunità verranno chiuse.
A Belluno non esiste una legge per i centri antiviolenza, la casa Rifugio viene chiusa e i progetti per i bambini sono finanziati da privati. A Messina mancano completamente i soldi per tenere aperto alcunché e le sovvenzioni raccolte con feste e sottoscrizioni non bastano più. Gli amministratori della città considerano il problema della violenza sulle donne secondario. A Viterbo il centro Erinna si è visto revocare il mandato di tre anni prima della conclusione prevista per il 2012 dal presidente di Provincia Marcello Meroi. Verrà indetto un bando in questa città per permettere ad altre organizzazioni di partecipare, intanto però il Presidente lascia scoperto questo servizio. A Cosenza la casa rifugio è stata chiusa l’anno scorso e si attende l’esito di un bando che ha lasciato scoperto il servizio pubblico in materia di violenza sulle donne per oltre un anno. A Gorizia i finanziamenti per questi centri sono stati tagliati in modo drastico. A Roma il Centro Lisa non ha più soldi per pagare l’affitto ed è stato sfrattato a causa del fatto che l’ATER non riconosce alla Onlus lo scopo sociale e non dà quindi loro la possibilità di ridurre il canone di locazione.
Insomma, da nord a sud, i primi a pagare per la crisi e per le lacrime e sangue promesse da Tremonti sono le donne vittime di violenza, soprusi e molestie. I 18 milioni sarebbero dovuti servire ad incrementare gli sportelli esistenti, invece si continua a chiudere quelli già esistenti. Cosa ne pensate? Facciamo una petizione perché questi centri anti-violenza non vengano chiusi?
Se intanto volete saperne di più potete contattare il dipartimento delle Pari Opportunità o contattare direttamente il Ministro Mara Carfagna presso il suo blog. Dubito vi risponderà mai qualcuno, ma tentare non nuoce.