Partita dopo le polemiche scatenatesi in seno al governo, la consultazione per il valore legale della laurea sta generando un altro vespaio: per alcuni sindacati contrari all’abolizione le domande del questionario sarebbero tendenziose.
Ricostruiamo velocemente la vicenda.
- A gennaio durante la presentazione del disegno di legge sulle semplificazioni compare una norma che prevede l’abolizione del valore legale del titolo di studio.
- L’abolizione avrebbe effetto soprattutto sui lavoratori del pubblico. Il ragionamento fatto dai legislatori è il seguente: se un lavoratore del privato viene premiato o penalizzato in base al tipo di ateneo frequentato, perché ciò non dovrebbe accadere anche per il settore pubblico?
- Mentre la ministra Severino (Giustizia) si è detta favorevole all’abolizione del valore legale del titolo di studio, la ministra Cancellieri (Interno) si è messa di traverso generando alcuni attriti.
- Per non manifestare debolezze all’avvio della propria legislatura legate a fratture interne, Monti ha dichiarato di voler rimettere nelle mani del popolo il giudizio riguardante il valore legale della laurea.
Abolendo il valore del pezzo di carta magari faticosamente ottenuto, si darebbe l’avvio a un vero e proprio cambiamento all’interno delle assunzioni del settore pubblico. Voto e laurea potrebbero non contare più ai fini dell’assegnazione dei posti per concorso. Invece potrebbe diventare fondamentale il prestigio dell’ateneo frequentato. Largo quindi a chi ha ottenuto il proprio titolo di studio grazie a CEPU? Chissà. A giudicare il prestigio dell’ateneo sarà un organo competente l’Anvur Agenzia per la valutazione del Sistema universitario e della ricerca.
Se volete partecipare alla consultazione popolare e dire la vostra a riguardo non vi resta che recarvi sul sito del MIUR. A proposito, molti rettori e lo stesso ministro dell’Istruzione Profumo sembrano restii ad accettare la consultazione.