I recenti dati dell’Inpdap, l’Istituto di previdenza dei dipendenti pubblici, non lasciano dubbi ai risultati dell’accanimento dello Stato sui lavoratori pubblici: la legge che equipara le pensioni delle donne a quella degli uomini nel pubblico ha sortito anche quest’effetto.
Secondo questi dati infatti 75.753 dipendenti della P.A. hanno chiesto di andare in pensione nel 2011 corrispondenti al 5,2% in più rispetto all’anno precedente. Sono aumentate anche le pensioni di anzianità passate dal 34.477 a 52.973 incrementate quindi del 34%. Nel pubblico e nel privato se scatta la finestra di quota 96 ci si precipita per mettersi a riposo. Non c’è nulla da fare, è troppa l’incertezza e la preoccupazione generata nel pubblico dalle strette recenti dello Stato in materia previdenziale e salariale. L’equiparazione delle pensioni uomini donne nel pubblico partirà da Gennaio 2012 senza scaloni così come richiesto dall’UE. Da Gennaio quindi, le donne con 61 anni di età del pubblico si troveranno con altri 4 anni lavorativi davanti.
Fra le altre imposizioni calate dall’alto agli statali vi sono:
•Blocco del turnover
•Blocco degli aumenti degli stipendi
•Spostamenti coatti del personale
•Blocco della buoniscita di 24 mesi per i prepensionamenti
•Pensionamento imposto dal 2009 per i dipendenti con 40 anni di età
Insomma un sacco di buoni motivi per andarsene quanto prima dal posto di lavoro e mettersi in pensione anche per le donne e soprattutto per loro, che, a scanso di quanto si pensa delle lavoratrici dello Stato, sono donne come le altre in Italia e se lavorano hanno anche gli obblighi familiari da sostenere.