Nadine #Gordimer una vita di lotta per i #Diritti #Umani

nadine gordimer

È morta in Sud Africa, all’età di 90 anni, la scrittrice Nadine Gordimer.
Nata nell’area di Johannesburg, era figlia di immigrati ebrei della Lettonia e da Londra.  Il suoi esordi furono nella letteratura per bambini . Aveva ricevuto il “Booker prize” nel 1974 e il premio Grinzane Cavour nel 2007.
Insignita del premio Nobel per la letteratura nel 1991, Nadine Gordimer si è distinta per una denuncia implacabile del regime di apartheid.

Nonostante l’età avanzata Nadine era sempre attivissima e costantemente impegnata per creare nuove condizioni atte a garantire un futuro migliore per il suo Sudafrica.
Sottolineava spesso, con un filo di delusione, come molti degli ideali di Mandela (gli stessi suoi) in realtà fossero stati traditi dalla classe politica che succedette al grande leader. Nonostante queste tristi evidenze non si perdeva d’animo e combatteva quotidianamente per contrastare quella cultura della corruzione che lei intravedeva come grandissima minaccia per l’intero tessuto sociale e nazionale sudafricano.

A seguire dei passaggi interessanti di alcune interviste rilasciate dalla scrittrice al giornalista de La Stampa Paolo Mastrolilli

Il suo sogno non è stato realizzato?  
«Quello della libertà sì. L’apartheid non esiste più e il paese è diventato per la prima volta democratico. Tutto il resto, però, manca. Abbiamo fallito soprattutto nell’obiettivo di garantire a tutti la possibilità di affermarsi, e avere una vita decente. Le differenze sociali, il gap crescente tra i ricchi e i poveri, resta l’emergenza principale a cui il paese deve necessariamente rispondere».

L’Anc non ha raggiunto i suoi obiettivi?
«No. Allora eravamo troppo indaffarati ad eliminare il regime dell’apartheid, e pensavamo che una volta liberi tutto sarebbe stato facile. Eravamo ingenui e non ci concentrammo sul futuro, sui problemi in arrivo, e su come ricostruire il Paese».

Gli insegnamenti di Mandela sono stati seguiti?  
«Mi pare ovvio di no. La liberazione c’è stata, ma la giustizia manca ancora. Oggi vige una cultura incentrata sulla corruzione, di cui sono responsabili anche l’Anc e lo stesso presidente Jacob Zuma. Questo fenomeno però va capito, senza giustificarlo».

In che senso?  
«E’ un’eredità del colonialismo. Per secoli i neri non hanno avuto nulla: da quando hanno ottenuto la libertà e il potere politico vogliono tutto, ed in parte è comprensibile. Ma Zuma non ha seguito gli insegnamenti di Mandela ed è un pessimo esempio per i suoi ministri e per il popolo sudafricano».

Teme che il Sudafrica precipiti nell’instabilità sociale?  
«Certo. C’è già instabilità, basti pensare alle industrie minerarie e agli scioperi dei lavoratori, che chiedono una vita migliore e salari più appropriati. Poi la disoccupazione giovanile, in particolare tra la popolazione nera, è una vera bomba sociale. Tutto questo provoca risentimento, e il risentimento genera la violenza. Ma soprattutto c’è criminalità, che nasce dalla povertà e dalla diseguaglianza. Il pericolo di una disgregazione del paese esiste, e dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per impedirla».

Vede anche il rischio di scontri razziali?  Nelson-Mandela-and-Nadine-005
«Questa mi sembra una minaccia meno pressante. E’ vero che le tensioni razziali esistono ancora, ma non penso che rischiamo di tornare alle violenze dell’epoca dell’apartheid. La vera emergenza sta nella diseguaglianza economica e sociale, un problema che non ha colore. Gli abusi vengono commessi tanto dai bianchi, quanto dai neri, e in questo settore colpiscono tanto i bianchi, quanto i neri».
 
Cosa bisognerebbe fare per affrontare i problemi più gravi?  
«Per cambiare queste dinamiche serve riformare il sistema dell’istruzione. Nelle scuole delle township e delle zone rurali non arrivano neanche i testi scolastici. In realtà l’educazione per la popolazione nera non è cambiata dai tempi dell’apartheid. Abbiamo persone intelligenti, ma quando si arriva a certi livelli servono conoscenze appropriate, che oggi ancora mancano. Io sono solo una semplice cittadina, e non ho programmi politici da offrire. Però mi sembra che il primo settore su cui dovremmo intervenire poi è quello del lavoro. Le grandi risorse minerarie del Sudafrica, ad esempio, vengono ancora sfruttate in maniera non equilibrata. Le proteste esplodono a ragione, perché i lavoratori sono vessati e pagati male. Cominciamo a trattarli meglio, alzare i loro salari, e costruire su questo primo passo un programma che offra davvero a tutti la possibilità di riscattare le loro esistenze».

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