Il lavoro femminile, fattore di crescita e di sviluppo

DONNE,POLITICA E SOCIETA’: NUOVI SCENARI- SECONDO INCONTRO

Tra Maggio e Giugno del 2010, a Padova, è stato organizzato dalla Fondazione Marisa Bellisario, con il contributo della Regione del Veneto, un ciclo di incontri formativi incentrati sul definire il nuovo ruolo che la donna sta acquisendo all’interno della società, anche lavorativa, e le prospettive avvenire.
I temi affrontati, dal sistema dei partiti al ruolo della donna, dal leadership al lobbying, hanno voluto fornire indicazioni utili ad una maggiore partecipazione delle donne alla politica, rivolgendosi in modo particolare alle Associazioni Femminili, alle imprenditrici, alle manager, alle studentesse universitarie, alle componenti dei Comitati per le Pari Opportunità, il tutto con la partecipazione di esperti, docenti universitari e esponenti dell’ambiente politico, imprenditoriale e associativo.

Il 7 giugno 2010, a Padova, il dott. Sergio Rosato ha tenuto una conferenza circa la rivoluzione nel mondo del lavoro a seguito dell’ingresso, sempre in aumento, delle donne specialmente nei settori del commercio, dei servizi alle imprese e alla persona e nella P.A..
Prima della crisi del 2009 l’occupazione femminile in Veneto era cresciuta di ben 72 mila unità (8,9%) in cinque anni, con un bilancio diversificato tra dipendenti, + 104 mila (+16%), e indipendenti, – 32 mila (-20%).
L’andamento divergente segnala una profonda evoluzione nei ruoli, da coadiuvante a lavoratrice subordinata, e sottolinea che l’indipendenza arriva passando “alle dipendenze”.
Il gender gap si è ridotto di due punti pur restando sempre elevatissimo (- 21,5%) e le donne occupate crescono prevalentemente nel settore del commercio (+19 mila), dei servizi alle imprese (+ 21 mila), nei servizi alla persona (+ 21 mila) e nella P.A. (+ 28 mila), inoltre il ruolo del part-time è stato determinante, anche se largamente meno utilizzato che nei paesi dell’ Europa centrale, infatti l’ 85% dei partimers sono le donne con 296 mila unità ( 1 su 3 lavora a part-time) ed il terziario costituisce l’ambito di maggior utilizzo.
Da tenere in considerazione è anche il ruolo del parasubordinato, con il 55% delle collaborazioni che è dovuto alle donne (età modale 30 anni) e quello del lavoro domestico, infatti la donna che lavora dà lavoro ad un’altra donna e su un totale di circa 33 mila ben 31 mila sono donne e per il 72% straniere; ma il ruolo che ha un riscontro molto significativo è quello del Pubblico impiego, considerando che su 233 mila addetti il 60% è donna, con punte del 78% nella scuola e del 68% nella sanità. Le donne dirigenti sono invece solo il 41%.
Si può, dunque, parlare di rivoluzione al femminile nel mercato del lavoro dato che l’ingresso delle donne ha rappresentato uno dei fattori di trasformazione che più ha inciso sulle dinamiche della società moderna e, insieme con il fattore demografico e quello tecnologico, ha prodotto un cambiamento epocale. L’occupazione femminile è cresciuta grazie alla flessibilità e al ruolo del pubblico impiego e del lavoro domestico ed anche per questo la componente femminile è meno toccata dalla crisi, ma la forte differenziazione Nord/Sud ci porta ad avere un differenziale di dodici punti dalla media europea; tuttavia se si considera solo il Nord non si è lontani dal target di Lisbona (60%).
I dati relativi alle donne giovani, le under 25, sono nettamente diversi da quelli relativi alle donne anziane, over 50. Le prime sono più scolarizzate degli uomini, ma scontano ancora la prevalenza di indirizzi femminili e pesa l’età pensionabile, 57 effettiva, inoltre vi sono ancora notevoli disuguaglianze in particolare nell’accesso al lavoro, nelle retribuzioni e nella carriera.
Sussistono i limiti di una risposta legislativa settoriale, dal divieto di discriminazione alle pari opportunità alle azioni positive, ed una uguaglianza formale a cui non corrisponde un apprezzabile livello di parità sul piano sostanziale.
Bisogna mettere in discussione una tecnica normativa che introduce tutele basate su diritto/obbligo, precetto/sanzione e che determina pratiche elusive, discriminazioni indirette, e apprestare una normativa basata sulla premialità e sulla convenienza, es. art. 9 L. 53/2000.
La strategia europea per la parità di genere considera le pari opportunità un fattore cruciale della crescita sostenibile e le linee strategiche indicano le disparità sulle quali intervenire come l’occupazione e le attività economiche, la governance, l’accesso all’istruzione, il settore sanitario e la violenza. I cardini del programma Italia 2020 sono rappresentati dal rinnovare il sistema sociale, dalla centralità del sostegno alla famiglia e alla maternità e dalla conciliazione e pari opportunità, inoltre è necessario un approccio integrato e trasversale con le politiche pubbliche e quindi : politiche economiche di sviluppo; rilancio del Mezzogiorno; politiche di sostegno alla famiglia; politiche fiscali, previdenziali e del lavoro; politiche sociali, culturali ed educative.
Ci si potrebbe chiedere perché una politica di sviluppo sostenibile non può prescindere da una politica di genere, le risposte sono almeno tre, ovvero perché le donne sono un capitale sociale che colma la scarsità di competenze di una società matura, perché i nuovi modelli di consumo richiedono che le donne siano integrate nei processi decisionali ed infine perché le donne esprimono eccellenza organizzativa.
Non bisogna tralasciare che le donne scolarizzate sono un serbatoio per l’economia globalizzata a causa della maturazione della forza lavoro anziana e a bassa istruzione, che le donne pesano per il 70% nelle decisioni di acquisto e che la loro presenza nella  governance delle imprese e migliora l’immagine e i rendimenti.
Sergio Rosato conclude affermando che ci sono tre grandi temi politici su cui esercitare l’azione di lobbing al femminile e sono : l’innalzamento dell’età pensionabile; i servizi sociali come fattore di sviluppo; l’imprenditorialità e le libere professioni, e per fare ciò si necessita di appositi indicatori di trasparenza, di processi di gestione, di misure di conciliazione, di parità di genere nelle istituzioni politiche e di condizionare gli aiuti e gli appalti pubblici.

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