Alveare di vita.
Invidio geometrie preziose
euclidee d’alveare,
esagoni perfetti, ancestrali,
esenti da mali.
Perfetta assenza di scale,
di dissonanze, di stili,
in Gaudiana architettura,
quieto stare in cera fusa,
in pasta di resina e fiore.
Mi stringo in sue celle esagonali,
stretta in eremitico stare,
sento attorno a me brulicare vita,
operosa, industriosa, in quiete.
Pericolo diabetico, è oro che cola
che ci avvolge,
e non può solidificare.
E’ in oro rappreso, di possesso,
l’avido divoratore d’uomo,
che temo.
Chimico mio stare,
in carbonio esagonale,
di grafite che aspira
a brillantezza di diamante.
Composizione di nerofumo,
che offusca cuore,
desideroso
di luce, di brillante.
Stessa composizione del male
che può volger nel bene, volendo.
Mi affascinano sue gerarchie
oneste di alveare, con operai a cui
non si nega il pane, che sanno,
e fanno, senza alcun danno.
Ape Regina premurosa e prolifica
progenitrice di larva,
umile, in grandezza sua,
potenziale.
Volo di Regina non è privilegio,
è doloroso sciamare,
pellegrinaggio di compassione,
per amore di suo regno.
I maschi di sesso sono pochi,
fatui fuchi.
Confinati in desiderio di tensione,
in competizione di seme,
in moto di stirpe;
esauriti presto in servizio reso,
arresi ad immensità di sforzo.
Alveare vive in sfarzo di larve,
ai nuovi nati riserva
racconti di mito, d’ape:
colori sgargianti di fiore,
profumi e sapori nettarini,
balli di sole, proiezioni di luce.
Nella loro breve e intensa vita,
non c’è tempo per soffrire.
07.12.2010 G.Romanin