“Non si nasce donne: si diventa.”
Simone de Beauvoir
Ogni anno, ogni mese, ogni giorno aumenta il numero delle donne vittime di violenza. In Italia una donna perde la vita ogni due giorni per l’80% per mano di familiari o amici stretti. Il 35% subiscono quotidianamente violenze e il 30% dei casi sono da parte del proprio partner. Il vero problema è che questi comportamenti vengono recepiti e percepiti dai giovani come normali. Questi ragazzi sono gli stessi che ora mancano di rispetto alla propria ragazza, che usano la violenza psicologica e che “perché non sapevamo cosa fare” arrivano anche a violentare ragazze durante le serate tra amici.
La dichiarazione delle Nazioni Unite contro la violenza sulle donne del 1993 la definisce come “qualsiasi atto di genere che provoca o possa provocare danni fisici, sessuali o psicologici alle donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”. Si declina, quindi, in diverse forme: violenza sessuale, mutilazione e taglio genitale femminile, infanticidio femminile, selezione prenatale, matrimonio forzato, femminicidio, molestie, violenze nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nello sport.
Il 25 Novembre è la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne. Quest’iniziativa nasce principalmente per stimolare la sensibilizzazione e cercare soluzioni a un problema radicato nella storia: l’idea della donna come proprietà. Non sappiamo dove sia effettivamente nata questa disparità dei sessi, ma è certo che per anni il valore di una donna fu misurato a seconda della fedeltà al suo “proprietario”, padre, fratello o marito che fosse.
Nell’arte, nella storia, uno degli esempi più salienti è Il ratto delle Sabine di Jacques-Louis David. Uno stupro di massa dipinto in tutta la sua drammaticità e all’epoca raccontato con orgoglio dai Latini in quanto visto come una riuscita tecnica espansionistica. La prevalenza su una popolazione rivale le quali donne ci fecero le spese. Molte altre opere d’arte descrivono le violenze caratterizzate dall’utilizzare la donna come una pedina strategica.
Ma la storia forse più conosciuta e simbolicamente forte è quella di Lucrezia, patrizia romana, alla quale dobbiamo la nascita della Res Publica. Minacciata e violentata da Sesto Tarquinio, dopo la fatidica notte chiamò il padre e il fratello chiedendo vendetta e, per salvare il proprio onore, decise di suicidarsi. L’estremo sacrificio è l’unico modo che, non così raramente, la donna violentata trova come “soluzione” per tacitare la vergogna e l’umiliazione subita. Nello stupro, infatti, la vittima si sente spesso in difetto e colpevole, come se non riuscire a far fronte all’assalitore fosse un’onta, una sua responsabilità. Quante volte si sentono donne trovare giustificazioni per le violenze subite? “E’ colpa mia, ero ubriaca” – no, “E’ colpa mia, avrei dovuto vestirmi in modo diverso” – no, “E’ colpa mia, non avrei dovuto dar retta ad altra gente” – no oppure ancora “E’ colpa mia, non avrei dovuto comportarmi così” – no. Un no è un no in ogni angolo di mondo.
Otto donne su dieci non denunciano le violenze subite. “Ho sbattuto contro lo spigolo del comodino” … ma veramente qualcuno ci crede ancora? E così via con tante altre inutili scuse per giustificare l’ingiustificabile. Forse per vergogna, forse per paura, forse per incredulità. L’unica colpa, invece, è quella di non parlarne, di non denunciare una cosa che normale non è. Può accadere a ciascuna di noi in ogni momento, forse sta già accadendo senza che ce ne rendiamo conto, perché questo succede quando continuiamo a essere impotenti e silenziose.
L’AbanoRitz è un hotel familiare con una tradizione matriarcale da ormai quattro generazioni. Per noi le donne non sono né superiori né inferiori all’uomo: siamo pari, siamo solo diverse dagli uomini. Sosteniamo quindi questa causa e, a modo nostro, celebriamo le donne, ma non solo oggi: sempre!
“C’è un momento che devi decidere: o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da sé. Io credo di aver già scelto: mi sono salvata da sola.”
Marilyn Monroe