La manovra “Salva Italia” per bocca del ministro del welfare e del lavoro Elsa Fornero, con delega alle pari opportunità, voleva trasformare il mercato del lavoro in Italia rendendolo più europeo e più vicino agli standard degli altri Paesi dell’area Euro. Come? Per iniziare incentivando l’inserimento di donne nei posti di lavoro.
Peccato però che con questa misura si rischi di introdurre anche licenziamenti più facili, quella modifica all’articolo 18 a lungo scongiurata dai sindacati ma che forse alla fine si attuerà.
Al momento il datore di lavoro, lo ricordiamo, può linceziare un dipendente assunto a tempo determinato solo in due occasioni:
- qualora riscontrasse una perdita di fiducia per gravi comportamenti addebitabili al lavoratore stesso (frode, furto, insubbordinazione): il famoso licenziamento per giusta causa;
- qualora l’azienda rischi fallimento e chiusura: licenziamento per giustificati motivi.
Finora il rapporto di lavoro a tempo indeterminato era praticamente blindato perché rimaneva difficile da dimostrare la giusta causa e nella maggior parte delle cause il dipendente aveva facoltà di decidere se essere reintegrato al posto di lavoro o percepire 25 mensilità di risarcimento e lasciarlo. Risulta ancora oggi difficilissimo per un datore di lavoro licenziare qualora il dipendente sia inefficiente.
Ora si punta ad allargare le maglie della giusta causa o sostituire il reintegro con un befenfit economico che è, ad oggi, a discrezione del lavoratore.
In cambio la Fornero vorrebbe ottenere quello che lei chiama un reddito minimo garantito per quanti si trovino in mobilità o disoccupati e anche per coloro che pur lavorando, percepiscano un reddito troppo basso. Si tratterebbe di un assegno mensile percebile per 2 o 3 anni dai 500 ai 1000 euro.
Questo concetto, presente già in tutti i Paesi europei, potrebbe essere la contropartita di un articolo 18 più blando.
E voi accettereste lo scambio?