Le condizioni di vita precedenti alla grande trasformazione degli anni Sessanta del Novecento e la durissima realtà vissuta dagli emigrati italiani nelle miniere di carbone del Belgio sono rievocate nell’opera di Roberta Sorgato “Cuori nel Pozzo”.
Un libro che oltre ad essere un preziosissimo documento storico è un vero e proprio omaggio rivolto a tutte le persone che consumarono le loro vite nel buio delle miniere fino ad arrivare a sacrifici estremi.
Sono pagine dense e commosse che esprimono la grandezza di tutti quegli italiani che lasciarono la loro patria per cercare e non sempre trovare condizioni di vita migliori in giro per il mondo, quei figli che l’Italia ha poco tutelato e molto spesso dimenticato. Grandi Italiani che hanno fatto grandi i paesi che li hanno ospitati. Molti sono riusciti ad affermarsi, molti sono diventati personalità celebri, moltissimi altri hanno trascorso i loro giorni nell’anonimato, consumando le energie per poter semplicemente sopravvivere.
Altri ancora sono morti, caduti da un’impalcatura o dentro ad un pozzo, vittime di quei lavori pesanti che con onore e dignità svolgevano per assicurare un futuro ai propri figli, alle proprie famiglie, le stesse a cui resta il ricordo di questi eroi.
Gli stessi ricordi che Roberta Sorgato esprime riga dopo riga nel suo libro, con semplicità, genuinità e grande emozione.
Enrica Zanon ha rivolto a Roberta Sorgato alcune domande
Come nasce un romanzo autobiografico e storico?
Un romanzo, a mio avviso, può essere insieme autobiografico e storico solo quando l’io narrante riesce a far convogliare l’unicità del proprio “sentire” nella coralità di esperienze comuni senza, per questo, perdere mai la propria identità che, al contrario, si rafforza nella condivisione che diventa stile di vita, ossia, storia.
Come parlare di sé e della storia di un popolo con tanta delicatezza, facendo intuire senza proclamare?
Non c’è bisogno di proclamare quando ciò che si racconta è vita vera, vissuta. Alla verità basta un sussurro per attraversare spazio e tempo e arrivare alle menti e ai cuori.
Come si possono coniugare l’esigenza di un richiamo alla storia e le emozioni dei sentimenti universali che emergono nella sua opera?
I grandi fenomeni che hanno radicalmente trasformato la nostra società, com’è stata l’emigrazione italiana nel mondo, vanno sempre letti nella loro duplice componente: oggettiva e soggettiva. Le situazioni storiche, politiche, economiche, culturali contingenti favoriscono le condizioni per cui un determinato percorso di cambiamento collettivo diventi ineluttabile. E questa è la Storia che viene insegnata. Ma dentro questa Storia c’è l’uomo, l’individuo nella sua unicità, con le proprie scelte personali che diventano vita vera, fatta di sentimenti ed emozioni che appartengono a ogni essere umano in quanto tale e sono, perciò, universali. E, questa, è l’altra storia, quella che non si legge nei libri ma si vive, giorno dopo giorno.
Questo romanzo è una storia, ma è soprattutto “scavo interiore”, alla ricerca di se stessi e delle proprie origini. Si è concluso questo viaggio o ha portato a nuove strade inesplorate?
Arrivare a se stessi, attraverso lo straordinario viaggio di recupero delle proprie radici, è una meta impagabile. Niente è più quello che era. Ma non si tratta di intraprendere una vita diversa, di esplorare strade nuove, quanto piuttosto vivere la propria vita sapendo perché vivi, proseguire il medesimo percorso sapendo dove stai andando e cosa troverai alla fine della strada: ancora e sempre te stesso, nel continuo divenire.
In “Cuori nel pozzo” emergono straordinarie figure femminili. Qual è stato il ruolo della donna nel fenomeno dell’emigrazione italiana?
In “Cuori nel pozzo” risaltano figure di donne straordinariamente grandi nella loro ordinaria realtà di donne comuni. Perché le donne comuni sanno essere straordinariamente grandi con la forza del silenzio, dell’umiltà, del coraggio, della dedizione, dell’amore. Quando si parla dei fenomeni che hanno cambiato la società le donne, che sempre ne sono silenziose protagoniste, rimangono nell’ombra, grandi dimenticate. “Cuori nel pozzo” ha dato voce ad ognuna di loro dentro la quale, ognuna di noi, ritroverà un po’ di se.
Italia e italianità: nel suo libro emerge l’amore per l’Italia, per uno Stato a volte ingrato ma pur sempre patria. Anche oggi i giovani lasciano l’Italia alla ricerca di un futuro migliore: come sono queste generazioni rispetto alla generazione di suo padre?
Amo la mia Patria dell’amore incondizionato comprensibile, forse, solo a chi, come me, ha rischiato di viverci lontano per sempre. È vero: l’Italia è stata spesso matrigna nei confronti dei propri figli sparpagliati per il mondo. Ma è fin troppo scontato amare che ti ama! Amo la mia Patria dell’amore incondizionato di chi, per Essa, ha sacrificato la propria vita. Sono tanti gli eroi che in “Cuori nel pozzo” hanno trovato voce per gridarlo questo amore: dalle trincee della 1° guerra mondiale, dai campi di battaglia del 2° conflitto che ha insanguinato il mondo, così come dai pozzi neri in cui si moriva per un pezzo di pane. Questi nostri Padri sono morti per consegnarci una Patria libera. Libera dallo straniero, chiunque esso sia. Libera dalla miseria, dalla povertà, dall’arretratezza. Libera di guardare a un futuro migliore. Se non amassi la mia Terra così come l’amo, sarebbero tutti morti invano. Io spero davvero che qualunque sia la motivazione che spinge oggi un giovane a lasciare l’Italia, non dimentichi mai le proprie origine, le proprie radici e, soprattutto, quanto è costato, in termini di sacrifici, quello che ora, con grande leggerezza, spesso, diamo per scontato. Solo l’albero che affonda profondamente nel terreno le radici può crescere fino a sfidare il cielo. Senza paura d’essere spazzato via dalla prima raffica di vento.
Nella realtà della globalizzazione gli affetti per la propria terra, il senso di appartenenza sfumano in un indistinto cosmopolitismo che ci rende “di tutti e di nessuno”. Che riflesso ha questo aspetto sui sentimenti, sulle emozioni che rivivono in quel legame delle seconde e terze generazioni di migranti, sempre idealmente legati alla terra d’origine?
Sentirsi “Cittadini del mondo” è una grande conquista interiore ma solo se è il risultato di un processo complesso che passa attraverso le tappe obbligatorie della conoscenza e accettazione di sé, delle proprie radici, del raggiungimento del grande valore dell’appartenenza. È questo che permette alle seconde, terze generazioni di emigranti di sentirsi realmente integrati nel Paese di accoglienza. Altrimenti si continua a sentirsi “migranti” e stranieri: non più italiani e non ancora cittadini di una patria che non sarà mai veramente la loro.
Roberta Sorgato “ha fatto pace con il suo cuore infranto”, scendendo nel pozzo buio e vivendo con suo padre gli ultimi istanti di una vita troppo breve: dove la sta portando la sua “risalita”?
All’unica vita che valga la pena d’essere vissuta; una vita consapevole, libera, forte dei due grandi valori irrinunciabili per ogni essere umano: APPARTENENZA e AMORE.
Il libro verrà presentato a Montegrotto Terme, presso il Museo del Vetro di via E. Fermi, venerdì 11 luglio 2014 alle ore 21.