Una recente inchiesta condotta da altroconsumo sul mondo degli avvocati in Italia ha destato scalpore.
Ha scoperto infatti che molti avvocati praticano tariffe ingiuste, oltre le norme consentite e che fanno spesso pagare anche prestazioni che dovrebbero risultare gratuite.
L’associazione dei consumatori ha simulato un caso di divorzio da manuale (separazione consensuale senza figli, stesso livello di reddito e in divisione dei beni) e lo ha sottoposto a 19 avvocati in giro per l’Italia. Sette le città toccate. Ed ecco cosa hanno scoperto.
Quasi 5000 euro sopra il massimale consentito: vista la semplicità del caso non vi sarebbe alcuna necessità di toccare i limiti massimi consentiti, e anzi si dovrebbe ottenere una tariffa agevolata. Invece solo a Palermo è stata proposta al consumatore il prezzo minimo. In tutti gli altri casi il massimo e addirittura tre professionisti si sono spinti ben oltre il limite consentito dagli albi professionali. A Milano la tariffa più alta: 7000 euro. Cioè 5000 € sopra i limiti.
Gli avvocati affermati sono i meno trasparenti: durante l’inchiesta sono stati interpellati avvocati di strada e altri più noti. Bene pare che siano quelli più affermati a proporre meno trasparenza sulle motivazioni del preventivo. Su 9 divorzisti importanti, 6 non hanno voluto scrivere nulla, ma solo parlare di cifre a voce.
Fino a 624 euro per il primo colloquio: vista la semplicità del caso non c’era motivo di far pagare il primo colloquio conoscitivo. Questi colloqui servono infatti per agevolare la trasparenza e permettere a chi affronta la causa di consultare più matrimonialisti prima di decidere a quale affidarsi. Questa è una prassi consolidata quando si consulta un professionista in genere. Per gli avvocati non è così. Nonostante la semplicità del caso, su 19 studi, solo 6 avvocati, equamente divisi tra avvocati di grido e professionisti in vetrina, hanno applicato questa pratica. Ora, bisogna sapere che la tariffa massima consentita dall’albo per il primo colloquio è di 185€. 6 avvocati hanno superato questa cifra. In uno studio milanese si è arrivati a chiedere 624 euro.
A questo punto una domanda un po’ polemica si affaccia alla mente di tutti: ma gli ordini professionali a che servono allora? Non dovrebbero garantire che determinate norme vengano rispettate per tutelare il cittadino consumatore e preservare la concorrenza? Ricordate la strenua opposizione dei 40 avvocati PDL che siedono in parlamento per la finanziaria approvata a luglio che si opponevano all’abolizione degli albi professionali, non vi sentite un po’ presi in giro dopo aver letto che non sono altro che l’ennesima casta?
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