8 Sogni di Bambini Coraggiosi

2015: Save the Children, otto sogni di bambini coraggiosi nonostante tutto

 

8 sogni di bambini

 

Il 2014 è stato un altro anno terribile per milioni di bambini in molti paesi del mondo, ma nonostante questo loro hanno continuato e continuano a coltivare i loro sogni. Otto foto di otto bambini con il loro sogni apparentemente impossibili

Anche nel 2014 6,3 milioni di bambini con meno di 5 anni hanno perso la vita per cause prevenibili e curabili come una diarrea o una polmonite; 1 milione di bambini vive in aree in conflitto e più di 1 miliardo e mezzo sperimenta qualche forma di violenza ; 650 milioni sono in povertà estrema57 milioni non frequentano la scuola primaria e 250 milioni sono fuori da un percorso di istruzione e apprendimento.

Fare da grande l’elettricista o il dottore, o trovare un qualsiasi lavoro, ma anche avere almeno una casa riscaldata d’inverno o poter andare a scuola. Sono i sogni apparentemente impossibili di alcuni bambini che hanno perso tutto o sono in grave pericolo, a causa di una guerra, come quella in Siria o nella Repubblica Centrafricana, di un’epidemia, come l’Ebola, hanno dovuto ricostruire anno dopo anno da zero le loro vite, come dopo lo tsunami in Indonesia, o hanno paura guardando negli occhi i genitori che hanno perso il lavoro e faticano a sostenerli con tutto quello che occorre, anche qui in Italia.

Alla vigilia del Nuovo Anno Save the Children “fa spazio” ai sogni di otto bambini coraggiosi nonostante tutto. Otto foto che raccontano un mondo intero, fuori e dentro ciascuno di loro, come quello di Faris che è fuggito dalla Siria sotto le bombe su di una sedia a rotelle come suo padre e oggi vive nel campo profughi di Al Za’atari in Giordania, ma sogna di salire su un aereo e di guidarlo lui, facendo il pilota.

Impariamo ogni giorno dai bambini in ogni parte del mondo, e soprattutto da quelli che sono in maggiore difficoltà, che i sogni sono una ragione di vita, e chiedono con semplicità e con forza uno stesso futuro. Con il suo lavoro Save the Children salva la vita di milioni di bambini, ma altrettanti e molti di più li accompagniamo nelle loro crescita, sostenendoli e proteggendoli, promuovendo i loro diritti, aiutandoli ad essere protagonisti delle loro vite, proprio perché possano coltivare ogni giorno i loro sogni e raggiungerli nel miglior modo possibile,” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.

Konnah Liberia

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Konnah ha 12 anni, vive in un villaggio gravemente colpito dall’Ebola, vicino Monrovia. La madre di Konnah è stata portata in una clinica ai primi di settembre, la famiglia non ha sue notizie da allora. Dalla clinica dicono che non si trova lì e per questo stanno cercando di avere informazioni. Sono stati messi tutti in quarantena e la zia di Konnah è morta.
Konnah sogna diventare elettricista
Colleziono e aggiusto le cose, quando sarò grande voglio essere un elettricista. Mi dispiace non andare più a scuola per colpa dell’Ebola

Mohammed, Sierra Leone

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Mohammed ha 11 anni ed ha perso suo padre e suo nonno a causa dell’Ebola. Sono stati accusati di aver portato la malattia nella comunità e per questo l’intera famiglia è stata mandata via e ha dovuto pagare una multa.
Il sogno di MohammedSpero di diventare un medico. Il mio sogno è quello di diventare un dottore, ma avrò bisogno del sostegno della mia famiglia per istruirmi, prima dell’Ebola andavo a scuola, ma ora non c’è più la scuola.”

Edoardo Italia

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Edoardo è un ragazzino molto timido e frequenta il Punto Luce di Save the Children nel quartiere Giambellino di Milano. Vive in una casa di 57 mq con sua madre e suo fratello. La mamma è disoccupata ed è aiutata dalla parrocchia che le passa dei pacchi alimentari e la aiuta a pagare le bollette.
Edoardo sogna di diventare informatico. Da grande vorrei fare l’informatico, mi è sempre piaciuto utilizzare cose elettroniche. Vorrei trovare un buon lavoro, perché con un lavoro si possono fare tante cose e portare a casa uno stipendio per la famiglia. Vorrei anche fare nuoto. Ora non posso farlo perché la mia famiglia non può permetterselo, ma spero un giorno di poter andare in piscina.”

Mohamed Siria

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Mohamed disegna in 5 minuti le sue emozioni e il suo sogno su un foglio di quaderno, dove trovano posto un cuore che sanguina, il kalashnikov di un soldato, un campo da calcio con i bambini e, disegnata per ultima, una casa con una stufa e il camino che fuma. Sta vivendo il suo secondo inverno al campo profughi di Al Za’atari, che sorge nel nulla al nord della Giordania, in mezzo al deserto, battuto dal vento freddo. Lo scorso inverno ha dovuto abbandonare anche la sua tenda nel campo, quando una forte nevicata ha costretto Save the Children a spostare per giorni bambini e famiglie all’interno dei container delle Scuole per l’Infanzia. Ora quasi tutte le tende del campo sono state sostituite da container, ma le condizioni di vita, soprattutto per i bambini, sono molto difficili e il numero di profughi che fuggono dalla Siria è in continua crescita (sono più di 3.320.000 tra cui più di 1.727.000 bambini).
Mohamed sogna di riavere una casa e una stufa per scaldarsi. “Vorrei una casa vera, con una stufa che la scalda. Vorrei che il mondo non si dimenticasse mai di noi che siamo qui.”

Maeva Repubblica Centrafricana

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Maeva* ha 17 anni ed ha fatto parte di un gruppo anti-balaka dal 2013, quando ha sentito parlare del movimento milizie dopo la fuga da Bangui. Un giorno tornò a casa dopo essere stata in chiesa e scoprì che la sua amata zia era stata uccisa, presumibilmente dalla milizia seleka. Tre giorni più tardi, dopo aver completato le esequie e dopo il ritorno a casa, cinque uomini di seleka tornarono e trovarono Maeva e la violentarono. Furiosa contro di loro per l’uccisione di sua zia, Maeva ci racconta di essere fuggita dalla città per stare con i parenti in campagna, dove ha sentito parlare degli anti-balaka e ha deciso di unirsi a loro. Dopo mesi passati nella boscaglia, combattendo con il gruppo e ricoprendo diversi ruoli all’interno, Maeva è ora di nuovo a Bangui. Passa la maggior parte dei suoi giorni all’interno o intorno alla base del gruppo armato, con altri bambini. Maeva insiste sul fatto che andare via per lei è necessario, ma che non riesce a prevedere nulla per il suo futuro se dovesse decidere di farlo. Senza un lavoro o la possibilità di trovarlo nella capitale, che ancora ospita decine di migliaia di sfollati, lei anela solo a poter tornare a scuola.

Maeva sogna di lasciare il gruppo armata in cui è entrata dopo aver perso tutto e di riprendere la scuola. Mi piacerebbe tornare a scuola e voglio trovare un modo per farlo Mi sposerò un giorno, dovrò farlo anche se non voglio . Se potessi trovare un lavoro ,tornerei a scuola e lascerei il gruppo. Io non voglio restare, ma ho bisogno di avere qualcosa da fare

Faris Siria

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Faris adesso vive nel campo profughi di Al Za’atari, dopo essere fuggito dalla Siria a causa della guerra insieme a suo padre, anche lui costretto su di una carrozzella. Faris sogna di diventare un pilota. Mi piacerebbe volare. Il mio sogno è fare il pilota degli aerei, perché non sono mai salito su un aereo ma mi piacciono tantissimo.”

Martunis Indonesia

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Martunis aveva 8 anni il giorno dello Tsunami che 10 anni fa ha ucciso più di 300 mila persone, e viveva a Banda Aceh in Indonesia. Lui si aggrappò ad un albero di mangrovie per salvarsi dall’onda e sopra quell’albero sopravvisse per tre settimane. Martunis stava giocando a calcio sulla spiaggia coi suoi amici, quando l’onda è arrivata. Dopo l’onda è sopravvissuto per tre settimane sull’albero, mangiando confezioni di spaghetti istantanei e bevendo bottiglie d’acqua portate dalle onde. Suo padre, che lavorava in un allevamento i pesci e gamberi sopravvisse, ma sua madre e i suoi fratelli non sono mai stati trovati. Martunis è stato registrato nel database di Save the Children tra i bambini rimasti soli dopo lo tsunami ed è stato riunito a suo padre dallo staff di Save the Children.

Matunis sogna di diventare calciatore. Da quando ero piccolo mi piaceva giocare a calcio. Il calcio fa parte della mia vita e mi piace davvero giocarci. Un giorno spero di diventare un calciatore professionista.

Nadia Siria

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Nadia, 15 anni, è originaria di Homs, è sbarcata nel 2014 in Italia dopo 2 anni e mezzo di fuga dalla Siria insieme ai genitori e due fratellini di 4 e 10 anni, attraverso l’Egitto e la Libia dove è stata minacciata da un ragazzo che la voleva costringere con la forza a sposarlo. (in foto presso un centro di accoglienza per migranti siriani del Comune di Milano, da sola e con uno dei suoi fratellini).
Nadia sogna si tornare a scuola e diventare avvocato. Vorrei raggiungere la Danimarca, un posto sicuro, dove vive già mia zia, e poter tornare finalmente a scuola, fare l’università e diventare avvocato.”

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