Dopo quattro anni dall’entrata in vigore della legge sullo stalking, la forma più frequente di angheria psicologica arrivata all’attenzione dei tribunali si può identificare con il cyberstalking. Il grado di invasività che i profili social, chat, mail hanno nella vita delle potenziali vittime vengono analizzate dalle corti attraverso un processo che punta a capire il reale grado di disturbo.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n 24670 del 2012, escluse il reato di molestie, e parallelamente di stalking, nel caso di comunicazioni “moleste” inviate tramite Messanger poiché il destinatario di tali messaggi avrebbe potuto senza problemi bloccare il mittente e di conseguenza anche tutti i messaggi invasivi derivanti.
Le medesime conclusioni valgono per Facebook dove si può procedere in maniera semplice a bloccare chi infastidisce o chi invia messaggi sgraditi.
Il reato di stalking, che è punibile con la reclusione fino a 4 anni, non può configurarsi semplicemente per alcuni messaggi molesti sui social network ma a questi devono aggiungersi elementi come pedinamenti o telefonate continue.
L’atteggiamento della possibile vittima è quindi fondamentale per capire se molestie e stalking sussistano realmente. In questo frangente anche per quanto riguarda la posta elettronica esiste la possibilità del ricevente di eliminare senza leggere i messaggi in arrivo. Per i giudici, poiché la vittima può decidere di non leggere ed eliminare la posta, il reato di stalking o di molestia non è configurabile.
Diversa valutazione si ha nel caso in cui il mittente usi dei trucchi, degli stratagemmi, per fare in modo che chi riceve il messaggio non riesca chiaramente ad identificare la reale identitè dello stesso. È la capacità di ingannare che fa di un “disturbatore” un vero e proprio “stalker”, la capacità di fare in modo che la vittima non possa scegliere e decidere della propria libertà di determinazione e del proprio tempo.
Oltre agli atti di stalking in ambito familiare sempre più spesso nascono casi di stalking “condominiale”: dispetti di ogni tipo sono giunti davanti ai giudici, da chi teneva il televisore acceso tutta la notte a volume altissimo per infastidire il vicino, a chi puntualmente all’alba provvedeva a fare chiamate anonime all’appartamento accanto. In questi casi solo una buona videosorveglianza e la rintracciabilità telefonica possono rendere perseguibili gli stalker condominiali.