L’altra sera sono stata intervistata da Irene la giovane blogger di “Rosa forte” che mi ha fatto un regalo: ha scelto un pezzo di Gloria a sorpresa e l’ha letto ai microfoni di una radio libera calabrese in streaming sui social: sentir leggere le proprie cose dà un senso di straniamento oltre che una grande emozione. E non parlo di estraniazione ma di straniamento come se Irene avesse fatto vivere Gloria sotto un profilo originale e sorprendente. Un artificio! E con questo non voglio certo scomodare Verga o Brecht, i quali furono maestri di tecniche narrative di straniamento per cui chi scrive induce nel lettore una percezione e una visione inconsueta e imprevista della realtà oggetto della narrazione stessa; ma è stato come se, impedendo, con una sorta di distacco, il coinvolgimento emotivo, si favorisse, piuttosto, lucidità e adesione critica nello spettatore… comunque sia: grazie a Irene e al pubblico che ha posto una serie di domande IN, inattese, interessanti e indagative.
È accaduto così che mi sono sentita una novella Sherazade. Non esiste nella storia della letteratura una narrazione più semplice e rivelatrice di quella di Sherazade nelle Mille e una notte per spiegare l’importanza della fantasia nella vita degli esseri umani e come questa abbia contribuito a riscattare il mondo dal buio inizio della storia quando l’Uomo non era poi così diverso dagli animali feroci e scoprire che tutte le storie, in fondo, sono una storia unica, che, pur nella straordinaria varietà di protagonisti e di avventure, hanno comuni radici segrete e che il mondo della fantasia è, come il mondo reale, 1 eppure 1000 volte diverso. Niente sarebbe stato possibile per l’umanità senza fame di una vita alternativa, d’un destino diverso che ha fatto nascere l’idea d’inventare storie e di raccontarle; in sostanza, di viverle e di condividerle, affinando la sensibilità e arricchendo il linguaggio. Io mi ricordo quando da piccola la zia Maria inventava per me e mi raccontava favole di pura fantasia e soprattutto mi faceva raccontare, ascoltandomi, registrandomi e trascrivendo, qualsiasi parto della mia immaginazione salvifica di bambina in un mondo popolato di soli adulti. Mi appartiene quindi questa idea del ruolo magico e civilizzatore della fantasia e della letteratura.
E quando parliamo di favole letterarie o meglio di silloge favolistica non possiamo non parlare de Le mille e una notte. Storie arabe, persiane, di culture antiche, tramandate oralmente, trovano collocazione in quest’opera che cattura e incanta. La storia di Sherazade e del sultano ne costituisce la cornice. Le mille e una notte è il racconto dell’intelligenza, dove l’intreccio cattura l’attenzione e la trama nutre la curiosità: il re di Persia Shahryar, tradito dalla moglie, impazzisce e decide perciò di sfogare la sua ira sulle donne del regno, sposando una fanciulla al giorno per poi ucciderla al sorgere del sole. Per fortuna una giovane, di nome Sherazade, si offre volontaria per porre termine a questo terribile rituale. Ammessa nelle stanze intime del sovrano Lei comincia a raccontare a Shahryar una storia affascinante, interrompendola però al momento del sorgere dell’alba, inducendo così il suo amante-ascoltatore a rinviare la sua esecuzione alla mattina successiva per sentirne la fine che sarà anche l’avvio di un nuovo racconto, interrotto con le medesime modalità del primo racconto e così via inventando giorno dopo giorno storie imperdibili. Sherazade in questo modo scampa alla morte e così per mille e una notte, vale a dire per quasi 3 anni, fino a far ricredere il re sulla slealtà femminile.
Nel titolo Le mille e una notte è già contenuto il fascino e la suggestione di un libro infinito. Mentre le “mille” vicende sono completamente indipendenti le une dalle altre, la cornice narrativa di Sherazade rimane invariata. Ed è questa cornice che, racchiudendo e connettendo tutte le singole storie, resta la parte più importante. Involontariamente, ma verosimilmente, Gloria coltiva le storie a cornice: ogni storia contiene una storia che ne contiene un’altra mentre i personaggi si spostano da racconto a racconto come se lo spazio e il tempo narrativo non avessero confini e limiti… il ritz come Sherazade avrà salva la vita, la memoria salverà Ida che Gloria ammansisce con il suo diario quotidiano. Io che non sono mai stata fan di nessuno, lo sarei stata di Sherazade se ci fossimo incontrate tra le strade brulicanti di vita di Baghdad. Sherazade è la perfetta incarnazione della donna sovrana e il canone della donna sapiente. Una donna intelligente, colta e indipendente. In tutta l’opera non vi è mai menzione della sua bellezza o del suo aspetto fisico, caratteristiche importantissime per altre figure come Elena di Troia o Penelope, così Sherazade appare come la prima femminista della letteratura, simbolo del trionfo della cultura su forza e brutalità. E il racconto continua…