14/04/2020

Più scrivo più scriverei: spunti, rimandi, situazioni e ricordi affollano la mente… mettere ordine è impossibile e vi assicuro che la cronologia non aiuta perché la memoria si intrufola continuamente in questo vivere quotidiano “sospeso”.

Rifacendomi a ieri, metto ordine oggi su alcune cose… al di là della terrazza della mia Pasquetta, tutte le stanze creative al quinto piano ne hanno una, particolare e a tema, ma per queste specialissime camere posso solo, e soltanto in questo caso, rimandarvi al catalogo Super 8 e al progetto editoriale di scrittura residenziale che avrei dovuto lanciare proprio questa primavera e di cui trovate ampia documentazione sia sul sito che sul blog stesso. Non posso però rimandarvi al “prodotto” finale se non vi faccio un po’ di genesi riportando la “cartella stampa”che risale al febbraio 2019.

Il primo titolo, molto colto, dell’esperimento letterario fu A Room of One’s Own e l’aveva pensato Francesco Pasquale che allora scriveva: Otto scrittori, otto fra le voci più interessanti della generazione under 40 della letteratura italiana, trascorrono un breve soggiorno all’Hotel AbanoRitz, per dar vita a otto racconti ispirati dal fascino, dal passato e dal presente di una residenza di charme che nel tempo ha saputo cambiar pelle e –ugualmente– tener fede allo spirito d’elegante accoglienza che ne è da sempre il tratto principale. Il titolo del progetto –A Room of One’s Own– richiama quello del saggio del 1929 in cui Virginia Woolf ripercorre la propria storia letteraria. Una stanza tutta per sé, per fermarsi, oziare, godere del lento trascorrere del tempo e dar vita a un flusso di storie, riflessioni, memorie, visioni. A Room of One’s Own è un progetto a cura di Francesco Pasquale, mentre a coordinare i lavori sarà Raffaele Riba. Le stanze nelle quali gli autori saranno ospitati sono quelle appena rinnovate del quinto piano dell’hotel, ciascuna con un proprio carattere, un tema, una linea distintiva. Ciascuna pensata e arredata dalle sorelle Poletto, ma è soprattutto Terry Poletto ad averci messo dentro tutta la creatività di un’arredatrice per passione, disattendendo il neologismo di non-luogo, introdotto dall’antropologo Marc Augé, per un hotel. Ida Poletto che ha fortemente voluto questo progetto crede nel potere e nell’urgenza delle storie, nella loro capacità di descrivere e illuminare le cose. L’esperienza e i racconti degli otto scrittori prenderanno la forma di un volume che, impreziosito da un accurato reportage fotografico del maestro De Sandre, resterà a testimoniare il percorso e i suoi frutti. Giovanni De Sandre aveva già seguito nel 2017 il progetto Genius Loci per i 50 anni di storia dell’ospitalità dell’AbanoRitz. Architetto e fotografo ha saputo cogliere ed esaltare con i suoi scatti tutta l’incredibile stratificazione di epoche professionali e di cultura estetica ed ingegneristica dell’hotel.”

Comunque di terrazze sono dotate anche le camere del primo piano, stanze particolari quelle del primo dunque e non solo per i salottini e i balconi, ma perché il corridoio porta alle piscine (oggi vuote!) e ad altri servizi/spazi di cui vi parlerò. Di fatto rispetto alle tante e diverse tipologie di camere del “ritz” e agli strani nomi che abbiamo di volta in volta inventato per poterle catalogare e mettere in vendita, direi che tutte meritano un racconto a parte, dettagliato e soprattutto affettuoso pensando a come molti clienti scelgano solo una certa tipologia e pretendano sempre quella e a quel piano, senza riflettere che papà l’albergo l’aveva costruito in verticale dunque se prendiamo la stanza 222 (una matrimoniale piccola che io prediligo fra tutte) questa sarà uguale alla 322 e alla 422. Ma si sa l’uomo è un animale abitudinario ed esigenze e aspettative in un soggiorno termale sono le più diverse. La prenotazione di una stanza del “ritz” come le macchie di Rorschach e il suo famoso test dei disegni ambigui?

Fatto sta che con la scusa di controllare, arieggiare, tirare lo sciacquone e far scorrere l’acqua dai rubinetti di ogni camera (120 divise in 5 piani), mi trovo a interpretare contemporaneamente Margherita Buy di Viaggio sola (un film di qualche anno fa di Mariasole Tognazzi che parla di scelte e di libertà come consapevolezza della rinuncia, raccontando la storia di Irene che lavora come ispettrice negli hotel di lusso, che viaggia continuamente e le uniche persone con cui ha un rapporto solido sono la sorella, le sue nipoti e l’ex fidanzato) e la protagonista della fiaba che Hans Christian Andersen scrisse nel 1835 La principessa sul pisello il cui sonno era stato disturbato da un pisello nascosto sotto 20 materassi… va da sé che parlando di Andersen, e non volendo qui soffermarmi sulle motivazioni che mi hanno spinto a battezzare il ristorantino à-la-carte dell’albergo Il brutto anatroccolo; non posso esimermi dal confessare che abitare l’albergo per intero mi fa pensare al genio di Carroll (matematico e scrittore inglese, Charles Lutwidge Dodgson era il suo vero nome) e ad Alice nel paese delle meraviglie e a quella “ipnosi” che sta in fondo ad ogni paesaggio descritto, ai dialoghi surreali, ai grovigli temporali della favola. A volte Capellaio matto , a volte Stregatto o Regina di cuori mi trovo ad inseguire il mio Bianconiglio. Ma, una volta di più, rammentare una favola, per uno strano link mentale, mi porta alle immagini di un film: La leggenda del pianista sull’oceano, un film del 1998 diretto da Giuseppe Tornatore, e tratto dal monologo teatrale Novecento di Alessandro Baricco, con una strepitosa colonna sonora di Morricone. Ve lo ricordate Tim Roth? Novecento è il nome che viene dato ad un trovatello abbandonato sul transatlantico Virginian, il primo mese del primo anno del secolo. Il bambino cresce sulla nave e non conosce altro. Finché scopre di avere un inverosimile talento per il piano. Cresce suonando e senza mai scendere a terra. La sua storia si propaga e diventa leggenda. Quando la nave, nel dopoguerra, dovrà essere distrutta, Novecento decide di rimanere a bordo.

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