In Islanda, senza che nessuno lo sappia, è avvenuta e sta avvenendo una rivoluzione silenziosa, gentile e pacifica: ve la raccontiamo.
La crisi economica del 2008 ha gettato molte Nazioni nel caos e gli avvenimenti di questi giorni a Londra e dei mesi passati in Grecia, hanno fatto capire che le ristrettezze economiche e l’esasperazione di una parte della popolazione potrebbero presto gettare la società civile nel caos.
Anche in Italia la paura c’è e si vede. Paura legata soprattutto al declassamento dei titoli di stato americani e italiani o al recente crollo delle borse. E la paura si tramuta in rabbia laddove emergono sprechi e sperperi. La pressione sulle fasce più deboli della popolazione come gli immigrati è già diventata uno scontro a Bari nei giorni scorsi.
Eppure nessuno ha ancora il coraggio di pronunciarsi a sfavore dei politici e di farlo, più che con le parole, con i fatti. Nessuno riesce ancora a dire: “Cambiamo tutto, facciamo una rivoluzione”. Impossibile, direte voi, cambiare tutto. Una rivoluzione getterebbe il Paese nel caos. Le elezioni anticipate in momenti così delicati non possono che renderci ancora più deboli. Eppure esiste un Paese in Europa, là, in mezzo al mare, che dalla crisi del 2008 ha tratto un’importante lezione e ha iniziato una “rivoluzione silenziosa” di cui nessuno parla. Solo recentemente si è cominciato a discuterne sul web.
L’Islanda, una piccola isola stato di circa 300 mila abitanti, dalla crisi economica del 2008 aveva riportato gravi danni. Così, messi in carcere i banchieri, fatto dimettere il governo con una vera rivoluzione gentile, i cittadini hanno formato una nuova assemblea costituente e stanno riscrivendo la costituzione.
Il precedente governo di destra era stato vivamente ma pacificamente invitato a dimettersi da un movimento di protesta che, armato di pentole e oggetti rumorosi, si era recato una mattina al palazzo presidenziale. Ottenute le dimissioni del presidente, furono indette nuove elezioni. E fu una coalizione di sinistra a insediarsi. L’”Alleanza” è costituita da socialdemocratici, ex comunisti e femministe. A capo dello stato è stata posta una donna, Johanna Sigurdardottir. Nel gennaio del 2010 i socialdemocratici propongono di varare una legge che rimborsi i debiti di una banca islandese online, l’Icesave, contratti nei confronti di Paesi Bassi e Gran Bretagna. Il Presidente, rifiutatosi di ratificare la legge, chiama alle urne i cittadini in un referendum (6 marzo 2010). E questi si esprimono con una maggioranza del 93% a sfavore del rimborso, che li avrebbe costretti a pagare 100 € al mese per i prossimi otto anni.
È il 27 novembre 2010 quando nasce la Nuova Assemblea Costituente dell’Islanda ed avviene in questo modo una piccola “rivoluzione” silenziosa e gentile. Un invito a presentare le candidature a membro dell’assemblea costituente ha portato 512 persone ad una elezione nazionale. Ogni candidato poteva essere eletto se rispettava due obblighi fondamentali: non ricoprire nessun altro incarico politico e avere l’appoggio di almeno 30 persone.
In questo modo sono stati scelti i 25 membri dell’Assemblea che ora hanno il difficile compito di scrivere la nuova costituzione islandese. Quella precedente, in vigore dal 1944, era basata su quella Danese e si limitava a sostituire alla parola re, quella di “Presidente”.
Le linee guida della nuova costituzione? Nazionalizzazione delle risorse naturali; separazione netta tra Stato e Chiesa; chiara divisione tra poteri esecutivo e legislativo. Incredibile, no? I media e google non ne hanno parlato. E dire che la notizia sarebbe piuttosto ghiotta. La prima rivoluzione democratica avvenuta nel continente europeo e nessuno ne parla? Cos’è questa, paura? Paura di chi? Dei nostri governanti?
Allora limitiamoci a dire che in Italia segni di sommovimenti popolari democratici ci sono stati. Basti pensare ai referendum di giugno 2011. O ci si ricordi del movimento delle donne in piazza che si è poi trasformato nel comitato permanente di SNOQ. Citiamo anche il movimento della “Rivoluzione gentile” che a settembre ha organizzato una protesta di piazza a Montecitorio in treno per dire no alle modifiche costituzionali e per difendere la Carta dei nostri diritti.
La manifestazione di cui parliamo è “Il treno delle donne” e se lo volete siete ancora in tempo per iscrivervi e partecipare (leggi come in questo post).
Non è affatto vero che cambiare la conformazione politica ed economica può comportare il caos. Soprattutto l’Islanda ci dimostra che è possibile farlo. Che la democrazia può generare grande partecipazione e che questa può trasformare il volto di un Paese. Bisogna credere prima ti tutto che questo sia possibile.
questa crisi e molto contaggiosa, xche tutti gli stati sono in catastrofe.crisi di lavoro ,gente che aspetta lo stipendio da 3 mesi facciamo tutti pena.