Quando la volgarità porta alla violenza
L’uso sistematico dell’offesa è tra le violenze più profonde che si possano infliggere a un individuo
di Vera Slepoj
La volgarità è un sali e scendi di parole, comportamenti, un modo greve di sobbalzi verso l’altro, un andirivieni grottesco di disconoscimento del valore di ciò che diciamo, che alla fine altera ciò che siamo.
Volgarità diventa, nel nostro tempo, un diversivo sgradevole: si parla e si mangia con la bocca aperta, con i gomiti imperiosi ben piantati a tavola. Ma volgare è anche essere incuranti dell’abbigliamento: mutande e mutandine mostrate in bella vista da chi va in bicicletta e con le mani incaute si trastulla i “gioielli” maschili. Sono solo alcune delle volgarità frequenti sulle quali indugiare, vuol dire importare un intero mondo che ha fatto della volgarità quasi la normalità.
La volgarità però, quando tocca ruoli pubblici, istituzionali, ha comunque una destinazione collettiva, allora il comportamento volgare, e con l’aggiunta dell’aggressività, diventa un comportamento grave per il paese e per le nuove generazioni che già di fatto hanno reso la maleducazione una finta rottura con le norme, con il sistema rappresentato dai politici nella violazione verbale. Non solo una debolezza personale, ma la rinuncia ai contenuti così importanti nel sistema politico.
Il comportamento rissoso e volgare, fatto di gesti che mimano tutte le parti possibili della sfera sessuale, diventa lo specchio di un paese e l’annientamento delle opinioni e delle idee.
Più complessa ancora è la volgarità in famiglia, nel rapporto uomo e donna, nella relazione genitori e figli e viceversa. La volgarità è un’occupazione violenta su sistemi emotivi e psicologici della relazione. L’uso sistematico dell’offesa, del dileggio, del sottolineare caratteristiche fisiche o psicologiche, è tra le violenze più profonde che si possono indirizzare verso l’individuo.
Nel mondo politico l’uso delle volgarità mostra il nervo scoperto dei contenuti, l’incapacità, l’incoerenza verso gli eletti e i ruoli istituzionali di rappresentanza.
Un paese sprofonda culturalmente non solo per un’economia fasulla e beffarda, ma anche per l’uso sistematico della demagogia, dell’illusione e per la volgarità di comportamenti che riguarda uomini e donne, vecchi e giovani indipendentemente.
L’emiciclo di Montecitorio sembra un caravanserraglio di variegate gestualità, epiteti e scene tribali. Forse è la fine della dialettica e della proposta intellettuale e giuridica. La rissa fisica o della parola diventa allora l’unica possibilità per una persona di relazionarsi in un mondo rarefatto tra fiducia e ddl, che mette ogni deputato fuori dal proprio ruolo.
La televisione e il grande mondo dei social, sono l’aggravante di un sistema che incita ad offendere, a violentare verbalmente l’inerme e le personalità sensibili. Uno scenario di violenza scritta che non ha né regole né principi, ma nemmeno obiettivi. Un solitario vomitare di sentenze, un urlo agghiacciante fatto per colpire senza sapere a chi potrebbe nuocere. La vita, la testa, la mente e il cuore degli altri per i volgari e i violenti sono solo una parentesi, che nel pensiero contemporaneo ha perso non solo di significato, ma persino la memoria e quindi la colpa.