Nuovi stili di management di Carlotta Vazzoler

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I mercati e le aziende vedono periodicamente nascere e morire generi e stili di gestione organizzativa, di marketing, di management.

Nel tempo eravamo abituati a modelli organizzativi che privilegiavano le grandi aziende strutturate come una grande orchestra dove ognuno eseguiva la propria partitura senza sbavature e improvvisazioni.
Poi siamo passati a modelli che riscoprono e valorizzano il piccolo gruppo, la squadra snella e flessibile dove, se occorre, i componenti sono anche in grado di scambiarsi i ruoli con grande disinvoltura.
Oggi viviamo il momento della globalizzazione.

Il problema non è tanto il cambiamento in sé, quanto il fatto che i suoi tempi si sono progressivamente ridotti.
Una volta il cambiamento aveva tempi lunghi e c’era tutto il tempo per sincronizzarsi sui nuovi ritmi, quando questi si manifestavano. C’era il tempo per fare le “prove”, di attrezzarsi prima del debutto. Oggi non è più così. Alle aziende sono richiesti tempi rapidissimi di reazione alle variabili di un contesto così globale da non vederne più i confini.
Anche le solide competenze tecniche possedute, possono non essere più sufficienti. Ti adatti o sei fuori. Bisogna dunque che i dirigenti sappiano rimettere costantemente in discussione i sistemi e le organizzazioni. Devono avere il coraggio e il talento di non permettere mai che la soddisfazione li renda inattivi. Non accontentarsi mai del risultato acquisito e del successo conseguito. Perché la vittoria più interessante è sempre quella che bisogna ancora conquistare.

Occorre fare esercizio, allenandosi continuamente a immaginare scenari e variazioni possibili anche quelli meno razionalmente attesi, di ciascuno degli elementi che contribuiscono alla determinazione del risultato.
Devono cambiare lo spirito e gli obiettivi della formazione manageriale.
Per insegnare a capire, da ogni più piccolo cambiamento, qual è la direzione del vento e valorizzare l’intuito delle persone. L’arte di improvvisare diventa competenza strategica.
A volte le nuove idee possono venire anche da una semplice pietra che rotola lungo la strada. L’importante è farci caso e tenere cervello e sensi aperti a nuovi stimoli. Le grandi scoperte si verificano molto spesso mentre lavoriamo su qualcos’altro. L’industriosità può calamitare nuove idee. L’inattività e l’inerzia possono calamitare solo negatività. L’intersezione delle idee genera innovazione.
Anche il nostro corpo è organizzato come una squadra dove convivono due comandanti: un comandante per i tempi di pace e un comandante per i tempi di guerra.

Sono comandanti strategici: il primo, il nervo vago, è responsabile del nostro benessere; il secondo, il nervo simpatico, coordina lo stato di allerta di fronte alle emergenze di ogni tipo. Non c’è cellula che non sia in grado di dire la sua, informando i due comandanti dello stato delle cose.
E’ il vago che ci fa svegliare il mattino di buon umore, dopo un sonno profondo e ristoratore. E’ il vago che ci fa canticchiare sotto la doccia, o al lavoro, che ci fa sorridere a colazione con i figli, la moglie e il marito, che ci mette allegria mentre ci gustiamo un buon caffè. E’ il vago che ci regala il respiro lento e profondo e che tiene il battito del cuore quieto e potente. Che ci fa venire l’acquolina in bocca, ci regala la serenità, e un comandante dei tempi di pace in gran forma.

Per le emergenze, i tempi di guerra, è l’altro comandante a coordinare tutto l’assetto bellico. I suoi messaggi (adrenalina e cortisolo) arrivano fin nelle più lontane cellule del nostro corpo. E’ il nervo simpatico che mette in tensione i muscoli, preparando la corazza muscolare alla guerra. Che attiva tutti i sensi, che blocca l’appetito e la digestione, e rende insonni. Che accelera il respiro e il battito del cuore.
Naturalmente, essendo la vita piena di insidie, per sopravvivere è necessario che anche il comandante dei tempi di guerra sia molto capace e determinato, abbia un esercito ben addestrato ed efficiente e sia capace di strategie di difesa e se serve di offesa, rapide e fulminee. Tenete pronto l’esercito. Perché il nostro corpo è predisposto a rispondere efficacemente ad emergenze di breve durata, ma non tollera invece la persistenza dell’emergenza cronica. E allora quando il corpo ci lancia un segnale: fermiamoci ed ascoltiamoci.

Chi dei due comandanti prevale in noi? Quello per i tempi di pace o quello per i tempi di guerra?

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