L’universo della #maternità attraverso le sue protagoniste
Esce oggi, 26 febbraio, il libro di Serena Marchi
Serena Marchi è una donna nata in un paesino della campagna veronese nell’agosto del 1981. Dopo aver studiato lettere all’università, inizia la lavorare presso l’ufficio stampa di una multiutility veronese. Oltre a collezionare statuine di ippopotami è appassionata di letteratura e ha un figlio che si chiama Ettore. Madri, Comunque è il suo primo libro.
Diversi modi per essere madri, tutti ugualmente validi, tutti con uguale dignità di esistenza
Mai come al giorno d’oggi l’opinione pubblica denuncia senza mezzi termini e sempre con più frequenza tutti quegli ambiti sociali caratterizzati da stereotipi.
Anche la maternità ne fa parte e se nell’affermare ciò si rischia di rasentare posizioni “estremiste”, di fatto non ci si scosta poi molto dal reale.
L’enfasi è agli apici assoluti quando si narra riguardo il “miracolo della vita”, i momenti idilliaci occupano vastamente la scena quando si racconta il percorso di una maternità. Ma ciò che sfugge ai più è che l’esperienza della maternità non sempre si presenta come universale e univoca. I modi per diventare ed essere madri sono spesso differenti e nella loro differenza tutti esprimono un’uguale validità e soprattutto dignità.
Serena Marchi ci prende per mano e ci porta a scoprire il vasto universo della maternità attraverso le sue protagoniste: madri magari non perfette, madri senza patente ma madri, comunque.
Esistono donne che si sentono madri fin da bambine, altre che maturano questo stato con più calma. Alcune decidono che non lo diventeranno mai, altre che non vedono l’ora di esserlo. Esistono anche uomini che si trovano a vivere una quotidianità come fossero loro le madri, che con convinzione o meno sono in una transizione verso una esistenza femminile. Ci sono madri di figli naturali, madri di figli adottivi, madri in affido e donne che consentono che altre donne possano diventare madri. Esistono madri violentate, ferite a morte, che viaggiano in paesi lontani per riuscire a diventare madri, che accettano le violenze di uomini pur di restare accanto ai propri figli.
Un’opera, quella di Serena Marchi, densa di testimonianze, un caleidoscopio di voci, di storie vere. L’universo che ne esce è variegato, multiforme, che riporta un ritratto della maternità letto in una chiave intimamente autentica.
Collana: Documenti – pp.192 – 15 euro
“Le donne sanno nascondere un cadavere e affettare i peperoni: hanno un posto per tutto” P. Almodovar
“Mi chiamo Francesca, ho trentacinque anni e sono sulla sedia a rotelle. Ma non sono nata così. La mia colonna vertebrale si è spezzata facendo una verticale, per gioco, in un cortile, un pomeriggio. Avevo quindici anni. E da allora, non posso più utilizzare gli arti inferiori. No, non sono caduta e all’improvviso non ho più sentito le gambe. E’ stata una lenta perdita di sensibilità, ora dopo ora. La sera mi pizzicavano i piedi, davo la colpa alle scarpe con i tacchi. Le prime che portavo in vita mia. Dopo qualche giorno e un vagare per ospedali, una tac ha evidenziato un ematoma che mi ha occluso una vena, causando un danno irreversibile alla spina dorsale. I miei sogni di adolescente sono immediatamente svaniti nel nulla. Avrei voluto sposarmi, mettere su famiglia, avere dei bambini. Per qualche mese non riuscivo ad immaginare un futuro, costretta a stare seduta su quattro ruote. Poi sono tornata in me e ho ripreso in mano la mia vita. Quando ho capito che potevo piacere comunque ad un ragazzo, anche se avevo la carrozza incorporata, ho alzato la testa e inseguito i miei sogni. E ci sono riuscita“
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