Islanda, la rivoluzione silenziosa e post-moderna

L’Islanda si dà una costituzione all’insegna di internet e dell’ambiente.

Che l’Islanda stia diventando il simbolo della vittoria dei risparmiatori sull’economia speculativa e sui grandi gruppi bancari era cosa nota. Ed è altrettanto risaputo che ormai l’isola dei guyser è divenuta anche sinonimo di rivoluzione silenziosa e democratica, grazie alla nuova Carta Costituzionale che è stata scritta dai suoi cittadini.

Ecco le cose meno note:

"Costituzione dell'Islanda"La Nuova carta Costituzionale dell’Islanda è stata scritta sì da 25 membri selezionati fra il popolo, ma grazie ai consigli raccolti fra tutti i cittadini. L’Assemblea Costituzionale infatti pubblicava ogni settimana la bozza della Costituzione sui principali canali internet di social networking: twitter, youtube, flickr e facebook allo scopo di mettere al corrente il popolo e di ricevere da questo alcuni contributi.

I desideri della popolazione si sono espressi principalmente a favore di una rete internet libera da censure e da copyright. Bandite quindi le leggi contro la pirateria informatica e il concetto di diritto d’autore su web. Contenuti gratuiti per tutti gli internauti.

Informazione governativa libera ed accessibile per i cittadini: le uniche eccezioni riguardano la “sicurezza nazionale e la privacy”. Un passo avanti fatto sul sentiero dell’open data, ovvero della trasparenza delle istituzioni.

Fra i diritti fondamentali inseriti in Costituzione figura quello ad un ambiente salubre e ad una natura incontaminata (articolo 33). Il tema è sensibile in quello che possiamo definire un paradiso quasi incontaminato della Vecchia Europa. Quasi, perché in realtà già all’inizio del millennio si erano fatte alcune concessioni all’industrializzazione, come per esempio al gigante dell’acciaio Alcoa, che aveva voluto una grande centrale idroelettrica per alimentare i suoi stabilimenti.

L’Islanda diventa quindi il primo Stato democratico a tener conto, nei diritti fondanti della propria carta costituzionale, di internet e ambiente. Una rivoluzione silenziosa, ma anche e soprattutto moderna, anzi post-moderna, post-industriale. Postmoderna perché fa proprie le istanze del popolo e le raccoglie mediante strumenti tecnologici messi al servizio del bene comune. Post-industriale perché, passato il fervore industriale, l’Islanda è il primo Paese Occidentale a chiedere con forza una visione economica e di produzione eco-sostenibile. Ciò che ci sta veramente dicendo l’Islanda è che c’è spazio, fra le moderne democrazie, per un governo più partecipativo rispetto al passato, esclusivamente rappresentativo.

La vera rivoluzione dell’Islanda sembra tener conto, in ultima istanza, delle generazioni future e dei loro bisogni di ricevere dai padri una Terra incontaminata e vivibile. Che sia ora di smetterla di pensare che certi atteggiamenti e azioni siano impossibili e iniziare ad agire?

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