La raccolta firme per il referendum sulla legge elettorale un merito ce l’ha già, prima ancora dell’approvazione della corte costituzionale: quello di aver aperto la questione nel mondo politico.
In questi ultimi tempi infatti abbiamo assistito al solito teatrino della politica e allo spostamento della querelle ancora una volta su intercettazioni e riforma della giustizia, arrivando perfino a cavalcare l’onda Amanda Knox pur di gettare fango sulla magistratura. Tutti temi che penso ormai appassionino poco gli italiani.
E invece da più parti si profila la possibilità di andare a elezioni anticipate, cambiare i vertici politici e regalare al Paese, magari, finalmente, una maggioranza più solida. Ma qui si scatena la ridda di ipotesi. Cosa fare è ancora una questione da capire. Eliminare il Porcellum e tornare al Mattarellum. Fare un governo di coalizione per la creazione della legge elettorale. Tornare a votare con la legge in vigore.
La Lega ha proprio queste intenzioni: una legge diversa o una corsa da sola la penalizzerebbe troppo. Però ha delle divisioni interne che la stanno lacerando. Una fronda formata tra gli altri dal Ministro Maroni e dai veneti Gentilini e Tosi non solo vorrebbero una riforma della normativa elettorale, ma anche smetterla di parlare di divisioni secessioniste. Tanto che qualcuno ha già parlato di esautorare questi personaggi dal partito.
L’UDC vorrebbe un sistema elettorale proporzionale alla tedesca, ma è disponibile a trattare per fare in modo che si abbiano dei parlamentari eletti direttamente dai cittadini e non più nominati dai partiti.
Il PD vive la consueta paralisi interna dovuta alle sue molte anime e all’inconsistenza di una guida salda. Molti al suo interno hanno invitato Bersani a dimettersi. Di Pietro, fra i principali sostenitori del referendum, aspetta forse di raccogliere i frutti. Ma è nel PDL che la situazione sembra più critica a causa delle varie divisioni interne. La difficoltà maggiore è dettata dal premier che non vuole sentire parlare né di elezioni anticipate, né di cambio della legge elettorale. Il suo scopo è resistere fino a fine legislatura.
Insomma, nel brodo primordiale della politica italiana c’è spazio per tutti.
E il Capo dello Stato Giorgio Napolitano afferma che comunque sarebbe meglio non andare al voto ancora con il Porcellum.