La garitta di vedetta è una piccola costruzione addossata o sovrastante le mura delle fortezze medievali. Veniva costruita con lo scopo di proteggere la sentinella e le offriva un’ampia visuale sull’orizzonte. A tutt’oggi molte realtà militari possiedono una o più garitte, per il controllo del perimetro e, in generale, per l’osservazione della zona circostante. Ecco, direi che il balcone che fa da perimetro all’appartamento di mia madre lei lo usava così. Quando decise, oramai nel 2015, di ritirarsi come Greta Garbo dalla scena lavorativa da incontrastata regina, lo fece alla sua maniera: completamente e definitivamente. E quel corridoio-terrazza spoglio e bruttino, dove i piccioni si erano insediati senza temere la presenza umana, divenne la garitta del ritz durante il suo volontario isolamento. Da lì in alto osservava il mondo sottostante scorrere: a volte basta un cambio di prospettiva per trasformarsi in un drone DJI o, al contrario, nel terzo occhio della veggenza e della divinazione. Dal parcheggio poteva calcolare l’occupazione dell’albergo, il lavoro dei facchini e dei giardinieri,l’orario d’entrata e uscita dei collaboratori e soprattutto il mio: riconosceva la macchina già dalla rotonda. Lei mi aspettava.
Ora che sono io ad abitare il suo quinto piano, mi affaccio spessissimo alla garitta scacciando i piccioni invadenti e insolenti, guardo le strade deserte, gli hotel bui, l’arrivo del corriere o del postino, l’andirivieni delle guardianie… e a volte quando di notte esco a fumare una sigaretta (a 60 anni non serve più io mi nasconda…), mi sembra di essere una sonnambula. Di fatto, proprio come una sonnambula, pratico attività motorie sia semplici che complesse, pur con gli occhi aperti non credo di essere completamente cosciente dell’ambiente circostante e non sto realmente reagendo agli stimoli, a causa dello stress o del disagio psicologico sono in uno stato di sonno tale che è pericoloso svegliarmi. E diciamolo una volta per tutte: chi ha voglia di svegliarsi? Facciamoci un pentothal e confessiamolo: chi si sente tutta l’energia necessaria per uscire di casa con l’incoscienza di prima, per affrontare il risveglio post pandemia, quando e come? Ci hanno quasi costretti alla catatonia per sopportare tutto questo eccesso di notizie e di immagini (brutte!), di previsioni e di decreti (contraddittori) e ora non oso pensare agli effetti collaterali di un brusco ma incerto risveglio (vi ricordate Risvegli un drammatico film del 1990 con Robert De Niro e Robin Williams?) …buttarci in una piscina profonda come l’abisso ci costringerà a imparare a nuotare? Diventeremo tutti Esther Williams o Cagnotto?
Quando l’epidemia finirà non è da escludere che molte persone non vorranno o non potranno tornare alla vita di prima. Quando l’epidemia passerà molte persone si interrogheranno sulle scelte e sulle rinunce fatte. Quando l’epidemia passerà molte persone oseranno vivere esperienze fino ad allora solo immaginate e desiderate. Andrà tutto bene ci continuano a ripetere, l’acqua dei canali di Venezia è trasparente, al Lido hanno visto i delfini. Fino a ieri non bastavano le 24 ore ora stiamo in famiglia, giochiamo e studiamo con i figli mentre tinder e gli amori clandestini sono soppressi. Non sono stati soppressi troppi agnelli a Pasqua e gli uccellini cinguettano. Mangiamo a casa e ci facciamo il pane. Stiamo sul cellulare dalla mattina alla sera e i ragazzi saranno tutti promossi. In pochi giorni sono cambiati tutti i messaggi pubblicitari mentre Amazon è come Babbo Natale. Abbiamo scoperto che oltre alla terza età ce n’è una quarta e la solidarietà virtuale dilaga.
Arundhati Roy che è una scrittrice indiana e un’attivista politica impegnata nel campo dei diritti umani, dell’ambiente e dei movimenti anti-globalizzazione. Vincitrice del Premio Booker col suo romanzo Il dio delle piccole cose, ha scritto un bellissimo articolo sul Financial Times di cui voglio riportare qui alcuni stralci per finire in bellezza questa pagina di diario che mi è evidentemente sfuggita di mano.
“…chi può pensare di baciare qualcuno, salire su un autobus o mandare un bambino a scuola senza provare vera paura? Quale scienziato o medico non sta segretamente pregando per un miracolo? Quale sacerdote -almeno in segreto- non si sottomette alla scienza? E anche mentre il virus prolifera, chi non può essere elettrizzato dall’amplificarsi del canto degli uccelli nelle città, dai pavoni che danzano agli incroci e dal silenzio nei cieli?…
…a differenza del flusso di capitale, questo virus cerca la proliferazione, non il profitto e, quindi, inavvertitamente, in una certa misura, ha invertito la direzione del flusso. Ha deriso i controlli sull’immigrazione, la biometria, la sorveglianza digitale e ogni altro tipo di analisi dei dati e ha colpito più duramente -finora- nelle nazioni più ricche e potenti del mondo… mentre un mondo spaventato osservava, l’India si è rivelata in tutta la sua vergogna: la sua disuguaglianza brutale, strutturale, sociale ed economica, la sua insensibile indifferenza alla sofferenza…
… È un virus, sì. In sé e per sé non contiene alcun riassunto morale. Qualunque cosa sia, il coronavirus ha però fatto inginocchiare il potente e ha fermato il mondo come nient’altro poteva fare. Le nostre menti continuano a correre avanti e indietro, desiderando un ritorno alla “normalità”, cercando di ricucire il nostro futuro sul nostro passato e rifiutando di riconoscere la rottura. Ma la rottura esiste… Storicamente, le pandemie hanno costretto gli umani a rompere con il passato e a immaginare di nuovo il loro mondo. Questo non è diverso. È un portale, un gateway tra un mondo e l’altro. Possiamo scegliere di attraversarlo, trascinando le carcasse dei nostri pregiudizi e dell’odio, della nostra avarizia, delle nostre banche dati e idee morte, dei nostri fiumi morti e cieli fumosi dietro di noi. Oppure possiamo camminare con leggerezza, con poco bagaglio, pronti a immaginare un altro mondo. E pronti a lottare per questo.”