Articolo di MyMarketing.net
Sono più giovani, più istruite e con un’anzianità aziendale inferiore a quella dei colleghi uomini: hanno meno di 45 anni. Sono le manager delle industrie italiane che sembrano aver seriamente iniziato a sfondare il famigerato ‘tetto di cristallo’.
E’ quanto emerge dall’indagine realizzata da Federmanager che, per dare un quadro completo dell’universo dell’alta dirigenza in Italia, ha messo a confronto per la prima volta il punto di vista delle due parti in gioco, cioè quasi 1000 tra donne e uomini, tutti dirigenti in aziende industriali di diversa dimensione, dislocate sull’intero territorio nazionale. Le dirigenti italiane qualche passo avanti lo hanno fatto in primis in termini di retribuzione: se le donne guadagnano ancora un 12% in meno dei colleghi, la parità è invece quasi raggiunta, e a volte superata, per quanto riguarda i benefit, in particolare polizze assicurative (70,2% contro il 65,3%), stock options (16,7% contro 13,2%) e borse di studio (3,6% contro 1,5%). “Da questo quadro emerge una situazione non ancora soddisfacente e ben distante dalle situazioni in essere in altri Paesi europei”, sottolinea il presidente Federmanager, Giorgio Ambrogioni, “ma sta evolvendo positivamente, come emerge da un raffronto dei dati di questa indagine con analisi svolte in passato da Federmanager. Diminuisce, seppur troppo lentamente il gap retributivo tra uomini e donne ma, nel contempo, le donne cominciano a primeggiare in settori quali il marketing, la ricerca, la gestione delle risorse umane e nei servizi legali. Leggendo in controluce i dati di cui disponiamo – spiega Ambrogioni – emerge chiaramente come le donne manager siano molto più attente ai valori della selezione meritocratica, della responsabilità sociale e dell’etica: sono valori fondamentali per aiutare il Paese ad uscire da una crisi pesante che non e’ solo economico sociale ma anche valoriale”.
Se è vero che continua ad essere difficile conciliare lavoro e famiglia – tra le intervistate il
64,8% sono sposate e il 65,9% sono madri, mentre sono sposati l’86,1% degli uomini e hanno figli l’85,2% – le manager sono sempre più selettive, a cominciare dalla scelta del partner: dichiarano di avere un compagno laureato e con un incarico di imprenditore, dirigente o consulente rispettivamente nel 67,9% e nel 63,2% dei casi. Gli uomini, solo nel 51,6% e nel 13,7% dei casi confermano questi status per le loro compagne. Come risulta ormai evidente negli Stati Uniti, dove le donne indipendenti dal punto di vista economico si dimostrano molto più selettive proprio nella qualità economica, professionale e culturale del partner, anche le dirigenti italiane si confermano forti e sempre più autonome, anche dal punto di vista retributivo: quasi il 48% dichiara oggi di guadagnare più del proprio compagno. E all’interno dell’ambiente domestico? Secondo l’indagine di Federmanager l’evoluzione in questo caso stenta ancora ad emergere: solo il 45,9% delle intervistate, a dispetto del 77,9% degli intervistati, ritiene che la gestione familiare sia equamente condivisa con il partner, mentre il 27,6% di loro dichiara di occuparsi in tutto e per tutto della famiglia (situazione che per gli uomini e’ vera solo nel 3% dei casi). A fronte di questo, alla domanda sulle principali difficoltà che le dirigenti donne possono trovare nell’esercizio del loro ruolo, la grande maggioranza del campione concorda sul fatto che “il peso degli oneri familiari fa capo soprattutto alla donna” (82,6% delle donne e 73,7% degli uomini). Non stupisce allora che delle donne l’11,2% siano single, il 5,2% separate, il 6,6% divorziate e il 10,8% abbia scelto la convivenza. Se a questo punto si passa ad approfondire le inamiche interne all’ambito aziendale, il rapporto tra dirigenti donna e dirigenti uomo e’ ancora di 1 a 6, ma fra i quadri la proporzione cresce in favore delle donne, che arrivano a ricoprire la metà delle posizioni. Cosa frena la possibilità di carriera delle donne? Entrambi i sessi concordano sul fatto che i principali limiti siano la maternità, reale e potenziale, e le dimensioni dell’azienda: è tanto più difficile essere nominata dirigente nelle piccole realtà. Ci sono poi altre difficoltà fortemente sentite dalle donne, a cui i colleghi danno invece minor peso: sono convinte di dover “risultare molto più preparate e dedite al lavoro” per poter diventare dirigenti (86,6% di assenso femminile contro il 40,8% maschile); che dopo la nomina, per una donna sia molto più difficile andare oltre un certo livello (80% contro 37,7%); che le probabilità di subire mobbing per loro aumentino notevolmente (41,9% contro 9,4%).
Rossella Ivone