C’è solo una cosa ancor più vana della vanità dei desideri: l’assenza dei desideri. (S.Butler)
Dovendo argomentare riguardo al tema del desiderio la cosa più importante da fare è andare ad indagare il significato della parola stessa. “Desiderio” proviene dal sostantivo latino “desiderium”, parola che nella lingua originale ha il significato principale di “nostalgia”, “rimpianto”, “aspirazione per qualcosa che manca, o che c’era ma che ora non c’è più” (secondo il dizionario latino Castiglioni-Mariotti). Il verbo latino conferma questa ipotesi di significato. Esso infatti si compone di due parti “de” e “siderare”: la prima è una particella che esprime distacco e allontanamento, mentre la seconda è un altro verbo latino che significa “contemplare le stelle” (da “sidus, sideris”, “stella”); il risultato finale quindi è l’espressione “cessare di contemplare le stelle”.
Kant descrive la contemplazione del firmamento stellato come l’ “esperienza estetica” più intensa e dice “due cose sempre mi commuovono e mi riempiono di ammirazione: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”….
Così la parola “desiderio” contiene due aspetti di pari importanza: descrive innanzitutto il dolore per la lontananza di un bene non generico ma connotato da “grandezza” e che porti in sé l’idea di felicità, e, assieme a questo condizione dell’anima, la parola “desiderio” descrive anche un’ azione cioè la tensione verso questo bene.
Alla luce di questo, oggi si potrebbe parlare, dunque, non tanto e non solo di “crisi economica” ma piuttosto di una “crisi del desiderio”. Individuando nel desiderio il motore principale dell’uomo in tutti i campi e le circostanze, così, semplicemente ma non banalmente, un indebolimento di questo motore coinciderà con la perdita di efficacia delle azioni umane, o lo smarrimento di una direzione sicura verso cui indirizzarle .
Che l’uomo, di fatto, si muova sempre, nel bene e nel male, per soddisfare un proprio bisogno ,è una constatazione la cui veridicità può facilmente essere provata dall’esperienza di ciascuno; la tensione, contenuta nel desiderio, verso il possesso del bene che manca è facilmente identificabile nell’ “Eros” del Simposio platonico o con l’Amore del canto XVII del purgatorio dantesco, piuttosto che nella sete di giustizia kantiana o dell’uguaglianza marxista, al contrario, nella negazione del desiderio di Shopenauer, nella trascendenza, nell’estasi o nell’ immortalità delle diverse religioni nel mondo…. Così come nell’antichità la morale epicurea classificava i desideri in desideri naturali e desideri vani, oggi tendiamo a dividere e giudicare, i desideri fisici da quelli spirituali, quelli necessari da quelli artificiali o irrealizzabili…normare i desideri è forse l’ultima tappa di un secolo decadente? La perdita dei “grandi desideri” fa sì che l’uomo si trovi limitato, imprigionato tra quelli più piccoli, che, privati di orizzonte e profondità, perdono a loro volta significato. Si può formulare allora una nuova ipotesi sui motivi della “nostra crisi” riconoscendo, non una scomparsa del desiderio in generale, ma il venir meno di ogni personalità e individualità del desiderio stesso, sostituendo i reali, personali, individuali desideri con preoccupazioni e “desideri standardizzati” cosicché l’uomo moderno rimane privo di ogni creatività e di ogni reale tensione ad ottenere una risposta. Avvezzi ad una vita esteriore che non dice nulla di noi non riusciamo più a desiderarne una che ci rappresenti ….altrimenti non potremmo più pensare ad altro
La vita liquida di cui parla Zygmunt Bauman ha infranto divieti , vincoli, e valori per lasciare libero il desiderio, sfrenato e inesauribile. Ci troviamo così a maneggiare un desiderio consumistico di cose e sentimenti. Una vita pensata e agita, la nostra, attraverso beni e sentimenti strumentali , “desiderata effimeri” che uccidono il desiderio limitandolo a ciò che è disponibile. In realtà, il desiderio vitale , della rivoluzione come di un amore, attiene a ciò che non si conosce , che non sai se potrai gestire e presuppone che non ci si difenda né da ciò che potrebbe farci male né da ciò che può fare bene svelandoci mondi interiori eccessivi e puro agonismo intellettuale, qualcosa di cui abbiamo l’intuizione ma nessun dato certo. In realtà cosa desideriamo oggi? …i pod come brevi amori , cene al ristorante come quadri, vestiti come ideali , libri e film come ninnoli…solo balocchi per me: di fatto le persone non si distinguono più attraverso le qualità individuali ma piuttosto attraverso i livelli di consumo che riescono a sostenere. L’autoreferenzialità da livello di consumo e la sua strenua difesa ci rende schiavi degli “psicofarmaci sociali”: oggi non si critica più e dunque non si desidera , oggi si dice ciò che non va o non si vuole non ciò che invece si vuole e desidera .
Ad oggi nessun sistema sociale ha reso felice l’uomo o ha inciso sulla sua solitudine, non l’arte , non la letteratura o la passione politica e neanche il genio: Simenon pagava le prostitute cercando una tenerezza impossibile, Picasso ha dipinto tutta la vita una donna ideale che non ha mai posseduto, Mozart viveva con una stupida di cui peraltro non poteva fare a meno…Scopriamo, alla fine, che l’ultima e l’unica salvezza di questa vita che pure possiamo abbellire e riempire di tante e tali cose, è la soddisfazione di un solo desiderio: ricongiungersi con la mezza mela , la propria, quella del “destino di un uomo”, che non sempre è faber fortunae suae ma che, piuttosto, come dice Tennessee Williams, vive il desiderio come qualcosa che viene a occupare uno spazio più grande di quello che il singolo individuo può concedergli.
Dunque se di per sé questa parola ( desiderium) ha un significato splendido, la sua derivazione (de-sidera) è forse una delle più belle che possa capitare di incontrare: si parla di uno “stare sotto le stelle ed attendere” piuttosto che ”cessare la contemplazione delle stelle”, “avvertire la mancanza delle stelle” o di un generico sentire la mancanza di… Chi abbia mai provato un desiderio veramente potente potrà facilmente ritrovarsi in questa origine e la mia esortazione è di continuare a cercare le stelle!
Figli del secolo breve in cui desiderare era peccato. In cui le generazioni erano a comparti stagni, il cui desiderio di una donna era peccaminoso e quello dei gay era insano. Noi siamo figli del secolo delle due guerre, del grande progresso scientifico e culturale, della contestazione, dell’emancipazione, del boom economico fino alla fantasia al potere e al desiderio cieco e sterile di distruggere quello che era stato . Un periodo storico, quello definito da Hobsbawn, che va dal 1914 (prima guerra mondiale) al 1992 (la guerra fredda e il dissolvimento dell’Unione Sovietica). E per noi nati in un secolo non solo breve ma anche veloce per l’accelerazione sempre più esasperata impressa agli eventi della storia e alle trasformazioni nella vita degli uomini; per noi dunque l’unica via d’uscita sembra essere “risvegliare il desiderio”, affinché a ciascuno accada qualcosa che ci restituisca a noi stessi, mostrandoci ciò di cui realmente sentiamo la dolorosa nostalgia, per poterci rimettere in moto verso questo “oggetto…del desiderio”. Perché la verità è che si desidera un altro da noi. Perché ogni individuo è diverso, è portatore di una vita diversa, esperienze, valori e opinioni diversi, sensibilità sconosciute e sentimenti alieni. L’akme della vita, dell’amore, dell’arte, nella storia, si nutre di desideri che sembrano irrealizzabili, di sogni da cui basterebbe svegliarsi, imprese come sfide, di cambiamenti e innovazioni pensati fuori dagli schemi, dalle regole comunque agiti con un nuovo pensiero e tutto questo, se e quando si realizza, crea il senso per cui viviamo.
E alla fine di tutto questo mio parlarvi, desidero lasciarvi con una frase che mi ha toccato il cuore: COME LO SCIAMANO HO INDOSSATO LA PELLE DELL’ORSO E HO GRIDATO ALLA LUNA, CON LA VOCE DI TUTTI GLI ANIMALI E LA LINFA DI TUTTE LE PIANTE, L’AMORE PER TE. ESAUSTO , HO CONOSCIUTO IL FREMITO DEGLI DEI.