Donna e arte: le fate italiane di Francesco Severini

L’opera “Le Fate italiane” di Francesco Severini vince l’ottava edizione del Concorso Letterario “Le Collane di Med”.

"le fate italiane francesco severini"Per la prima volta nella storia non breve del concorso letterario, bandito dall’Associazione Internazionale delle Donne per la Comunicazione, MEDiterranean MEDIA, accade che a vincere sia un uomo. Le precedenti edizioni sono state, infatti, tutte vinte da scrittrici provenienti dalle diverse regioni italiane, ma nessuna proposta maschile era stata ancora selezionata dal comitato di valutazione che ha avviato la prima edizione nel 1997.

L’autore

Francesco Severini è un artista umbro il cui linguaggio pittorico e obbiettivo primario di ricerca nasce dalla concezione che fare arte è fare cultura. Dal 1986, anno della prima personale presso lo Studio Palazzi di Milano, fino al 1992 ha partecipato ad esposizioni collettive in diverse città italiane. Poi l’attività è proseguita esclusivamente con una serie di iniziative fondate di volta in volta su una progettualità tematica.  Fra i principali progetti realizzati:

  • “Le novissime carte del cielo” (Spoleto, 1993),
  • Le Forme del Tempo” (Torino, 1995),
  • “Histoires des visages – Sguardi diVini” (Parigi, 2004),
  • Dittamondo” (Torino, 2007)  pubblicato da casa editrice Thyrus,
  • “Le Fate italiane” con cui vince il premio in questione.

L’opera

LE FATE ITALIANE costituiscono una raccolta multimediale di fiabe, immagini, suoni, voci che contribuiscono a restituire una verità storica nella cultura italiana, una cultura in cui le donne sono finalmente protagoniste e hanno un ruolo intellettuale ed artistico puntuale e vibrante.
Diciotto quadri dipinti da Severini “scandiscono il ritmo descrittivo dell’incedere favolistico, a volta marcati didascalicamente dai testi selezionati, dall’intrigo delle parole”.

L’Associazione MEDiterranean MEDIA, Associazione Internazionale delle Donne per la Comunicazione presieduta da Nadia Gambilongo, ha come principale obiettivo la promozione di una politica internazionale delle donne tesa alla valorizzazione delle differenze culturali, sociali e biografiche, da attuarsi mediante un lavoro di ricerca, catalogazione, promozione di studi, organizzazione di corsi e seminari, la diffusione dell’editoria multimediale finalizzata alla promozione dei saperi delle donne. Al riguardo l’associazione, attraverso l’omonima casa editrice, pubblica la rivista semestrale “Mediterranean – Un mare di donne” e indice il Concorso letterario “Le collane di Med” giunto appunto alla VIII edizione. L’Associazione MEDiterranean Media coordina e gestisce l’Ufficio Provinciale di Cosenza del Progetto Donna. Dal 2004, inoltre, fornisce servizi di informazione consulenza per le donne su incarico del Coordinamento regionale del Progetto Donna della Calabria.


Le Fate italiane

dalla introduzione dell’autore

Non è stato facile pensare ad un progetto che fosse al tempo stesso un omaggio alla donna, per ognuna delle sue facce di vivida luminosità di cui è espressione, e per i suoi ruoli nell’arte, spesso negletti, non soltanto (maggiormente, anzi) in quelli che sembrano essere tempi a noi remoti.
Le figure femminili che nei secoli hanno attraversato la storia delle arti – dalla pittura alla musica, alla letteratura e alla poesia – sono state per vari motivi occultate, snobbate, osteggiate, derise, trascurate fino ad essere dimenticate. Forse perché ognuna di esse, forte di una peculiare passionalità, per sua natura sapeva trasferire all’arte emozioni nude, senza il filtro della razionalità maschile, invadendo in tal modo apparati mentali e schematici; o piuttosto per la capacità di segnare un tempo (il tempo) di rimandi abituali, di quotidianità, in fondo di cose semplici.
Come il fatto di scrivere le fiabe, ovvero l’anelito al fantastico, quale mezzo pacato di contestazione d’una propria, evidente realtà, ma soprattutto di infrazione delle coscienze.
In fondo, seppure paradossalmente le fiabe più note siano state date alle stampe e studiate da scrittori e autori (da Perrault ai fratelli Grimm a Andersen, e in Italia da Basile a Gozzano, da Rodari a Calvino), apparteneva alla donna – e bisognerebbe augurarci che ancora oggi fosse così – il ruolo di narrare fiabe, leggende e novelle ai bambini (e non solo). Quelle fiabe che, più spesso, assumevano toni disincantati fino a divenire metafore e parabole, alimentavano a dismisura l’inclinazione fantastica che l’attitudine alla scrittura riusciva a liberare: si traducevano nella chiave seducente atta a favorire la capacità, tutta femminile, di perlustrare il territorio della propria intimità, raggiungendo i meandri profondi di una percezione autoreferente.
Di qui il passaggio, affatto indolore, ad una novellistica d’autrice che trova ampio dispiego di forme nei generi letterari quali il romanzo popolare, il feuilleton, il romanzo d’appendice fino al romanzo rosa nei quali si cimentarono, specie nel secondo Ottocento e dei primi decenni del Novecento, le diverse scrittrici per gran parte presenti in questo progetto (Neera, Carolina Invernizio, Marchesa Colombi, Cordelia, Annie Vivanti e via di seguito).  Tutto ciò, nello stesso periodo, unito all’interesse sempre più incalzante di una ricerca metodica intorno alle leggende di ascendenza greca e latina, agli exempla, alla novellistica d’oltralpe – i contes des feès francesi o gli hausmärchen tedeschi – ai cantàri, fino alle prime raccolte ordinate e commentate (è opportuno ricordare che è appannaggio proprio di una donna, Laura Gonzenbach, il primo significativo compendio organico di fiabe italiane,  94 fiabe siciliane interamente raccolte da  informatrici dell’isola  e pubblicate a Lipsia già nel 1870). L’assunto fondante, che muoveva la ricerca, era quello secondo il quale i popoli avevano perduto la propria lingua, e con essa la poesia, soprattutto nei ceti più elevati, ed esse andavano dunque ritrovate negli strati sociali inferiori.
Ecco, dunque, l’interesse per le fiabe, ovvero i residui più preziosi dell’antica cultura popolare, e verso le oralità non solo come radici testuali di appartenenze territoriali e sociali, ma piuttosto quali esiti di molteplici narrazioni (le fiabe o le favole e le leggende  non sono mai uguali a sé stesse, ogni volta che le si racconta). Ed ancora, ecco perché le fiabe, in quanto fucine di ascese fantastiche, di idealismi vitalizzanti, di aspirazioni utopiche: in una parola, di evasione. Le donne, forti di un proprio, dissacrante vissuto, hanno saputo interpretare questi elementi, traducendone le istanze in romanzi, novelle, volumi di racconti (purtroppo ormai quasi obsoleti, quando anche misconosciuti) nei quali l’emergenza della condizione in cui versavano potesse divenire, attraverso la scrittura, fonte di riscatto e di liberazione.
Perché tutto questo fosse palese nel corpus delle Fate italiane, avevo bisogno di evidenziare una dualità di intenti che da un lato mi ha portato a scegliere pagine definite di autrici da riscoprire e (ri)leggere con gli occhi nuovi del disincanto, cui dedicare i volti della pittura; dall’altro di giustapporre a quelli dei testi di altre autrici, anch’esse letterate e poetesse, cui riferire percorsi paralleli, volutamente alterando gli aspetti cronologici, troppo legati alle esperienze epocali. In tal modo la poesia si trova talvolta a squarciare il silenzio di pagine desolate, così come racconti umoristici e surreali si alternano a vicende neorealiste, e scritti di un tenero lirismo intimista si accavallano ad una prosa fatta di idealità vagheggiate. Tutti i personaggi femminili delle storie che ho inteso a mio modo raccontare (ebbene, io stesso non sono altro che un narratore di immagini) attraverso questo lavoro di riscoperta, sono persone senza epopea, protagonisti semplici di drammi ovattati, nessun rumore né orizzonti tangibili intorno: proprio come accade nelle fiabe, dunque, dove il tempo non esiste, né è possibile definire uno spazio.

Diciotto quadri, tutti olii su tela, scandiscono il ritmo descrittivo di questo incedere favolistico, a loro volta marcati didascalicamente dai testi selezionati, dall’intrigo delle parole (questo il dualismo voluto, essendo essi stessi illustrati dalle opere).
In una sorta di osmosi scenica tra realtà e finzione propria della teatralità dell’arte, i volti delle  Fate italiane – nella quasi totalità si tratta di portraits di donne reali – si affacciano ad un proscenio visuale in tutta la loro fragrante essenza. Io ne ho colorato i sogni, i pensieri, le idee, in un intento espressivo teso a sillabarne le istanze fragili e sconnesse, in bilico fra le contingenze di un individuale vissuto e l’inconsistenza sublime della metafisica. Quei volti talvolta si piegano docili alle emergenze della scrittura come pagine desuete di altrettante mozioni femminili, sembra ne debbano comporre i lineamenti, i sorrisi appena accennati, oppure le apparenze estatiche e le attese trasognate. La materia pittorica, per questo, è viva di cromie volutamente luminescenti, asserzioni caparbie di desideri inappagati, morbide nei contorni sfumati a descrivere i ritmi di quelle incertezze, come connotazioni plausibili della fragilità degli sguardi.
Il colore, arcano rimando di uno spazio trasognato, regna sovrano su tutto: è il colore della meraviglia, quella che alberga nell’animo tenue di ogni donna che sa come ritrovarcisi dentro, avvolta da un candido alone di emozione. E il colore è passione. Quella stessa che mi ha indotto a rendere un omaggio sgargiante alle donne, tutte, infaticabili dispensatrici di sogni.

Ad ulteriore corredo, ho voluto inserire per ciascuna delle pagine, fatte di componimenti e di opere pittoriche, un plafond musicale di altrettante autrici spesso ai più sconosciute, ancora una volta nel tentativo di produrre un’altra riscoperta. Anche in questo caso, infatti, si tratta di consonanze femminili – di cromatismi, dunque – che vengono a sovrapporsi  all’apparato armonico dell’intero progetto, nel cammino di rilettura prefissato, all’interno di questa fiaba fatta di realtà.

Non una piccola – e quantomeno esaustiva – antologia di opere al femminile, come si sarebbe portati a pensare. Di certo un incipit, induzione al recupero di una verità storica che possa contribuire a ridefinire la cultura italiana, una cultura in cui la donna non sia soltanto contraltare inerte o remissivo delle istanze maschili, ma protagonista puntuale vibrante di un proprio ruolo intellettuale ed artistico.

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