I posti negli asili nido in Italia scarseggiano: le rette di quelli privati sono esorbitanti, mentre quelli pubblici sono inesistenti: una delle cause della disoccupazione delle donne.
Incentivare l’occupazione femminile sembra essere nell’Agenda del Governo una delle priorità. Per farlo non basta dare alle madri il diritto alla maternità (e non stupisca il fatto che citiamo questo diritto fondamentale visto che per molto tempo è stata consuetudinaria in Italia la pratica di far firmare alle donne una lettera di dimissioni in bianco dopo l’assunzione), bisogna offrire loro un appoggio di assistenza familiare adeguato: ovvero asili nido.
Secondo un’inchiesta de Linkiesta, che vi invitiamo a leggere, l’Italia è fanalino di coda in Europa per quanto riguarda i posti negli asili nido: attualmente essi coprono un fabbisogno pari al 12% circa dei neonati, mentre la Francia ha abbastanza posti per accontentare il 35-40% dei nuovi nati sotto i 3 anni.
Questo fa sì che aumenti il numero di donne che abbandonano il posto di lavoro dopo la nascita del primo figlio. Oltre ciò, spesso, uscire dal mercato del lavoro in età giovanile significa non rientrarci più o rende il reinserimento nello stesso difficoltoso.
Ecco un’infografica che mostra il numero di posti in Italia negli asili regione per regione
La mancanza di asili nido aziendali (a causa delle scarse dimensioni delle industrie italiane), la mancanza di asili nido comunali (a causa del bisogno di ridurre la spesa pubblica) e la mancanza di posti in quelli privati causano una drammatica situazione per le lavoratrici italiane che talora si appoggiano al wellfare familiare cercando di affidare ai nonni il compito assistenziale per i figli.
C’è da dire che aumentare il numero di asili nido incrementerebbe i risultati scolastici dei bambini, sempre in base ai dati pubblicati da Linkiesta. Nonostante l’esiguità dei dati disponibili sembra proprio che i bambini che hanno avuto l’opportunità di frequentare gli asili nido abbiano una media più alta alle scuole elementari (in particolare apprendono più facilmente l’italiano) rispetto ai bambini allevati in casa.
Altro problema fondamentale è l’incidenza in tempi di crisi sul bilancio familiare della retta per l’asilo nido. Che le italiane apprezzino, al contrario di ciò che si pensa, il servizio comunale anche per gli asili nido è il recente pic-nic di protesta organizzato a Firenze da tante madri che si sono “sollevate” sentendo parlare del cambio gestione (da pubblico a privato) di altre 2 scuole per la primissima infanzia. Molte donne presenti al sit-in di protesta hanno dichiarato che il passaggio da una gestione all’altra comporterebbe la perdita del “diritto di asilo” per i propri figli. (notizia del 26 giugno)
Tanto per fare un esempio, colto dal sito “asilonido.biz” la retta si aggirerebbe su una media di 500,00€ mensili per un tempo pieno, mentre siamo sui 300,00€ per mezza giornata (pannolini e pasti compresi, e ci mancherebbe).
Se si considera che lo stipendio medio netto di un italiano si aggira sui 1300 euro (ma quello femminile è molto più basso) si avrebbe che circa metà di questo verrebbe speso per pagare la retta dell’asilo nido privato.
Le rette degli asili nidi privati sono più alte rispetto a quelli pubblici perché non tengono conto del autocertificazione unica e si basano sulla legge di domanda e offerta.
Peccato che se ne continui a parlare e nessuno fa niente per cambiare le cose, oltre a parole ci vogliono i fatti per cambiare le cose.
GRAZIE