Alice Pasquini, in arte Alicè, è un’artista di strada che ha avuto modo di lavorare in molte città del mondo (in Francia, Gran Bretagna e Spagna). Attualmente vive a Roma, lavora come scenografa, pittrice e disegnatrice. Il suo talento è stato scelto da marchi e riviste prestigiose come La Gazzetta dello Sport. Il suo stile è prettamente visual e di grande impatto. Capace di riempire grandi spazi urbani come di trovare ispirazione guardando l’angolo di un muro o la fermata di un autobus.
Ultimamente alcuni grandi artisti di strada sono balzati all’onore delle cronache e hanno riempito le case d’asta dei loro lavori: Julian Beever, Bansky, Space Invaders, Ozmo e molti altri. Dai pionieri come Basquiat e, in Italia, Pea Brain e 108, fino ai giorni nostri, l’arte di strada è sempre stata la più libera manifestazione dei pensieri degli artisti ma anche la possibilità, per uno spirito creativo, di interagire con l’ambiente in cui si trova e stimolare la riflessione nei passanti, nei cittadini e negli abitanti. Arrivare al maggior numero di persone possibile è lo scopo e l’aspriazione principale di uno street artist, quanto alle sue motivazioni sono varie.
Molti artisti di strada, come nel caso di Ozmo, hanno una formazione accademica.
Alice Pasquini ha da poco terminato una sua personale “Cinderella Pissed me off” alla 999Contemporary.
Come nasce il tuo interesse per l’arte e perché l’arte di strada? Ci parli un po’ della tua formazione artistica?
Dipingo sui muri delle città, in Italia e nel mondo. Questa ricerca artistica nasce dalla necessità come pittrice di andare oltre i limiti della tela e dello studio e creare arte non solo per spettatori ma per i cittadini.
La passione per il disegno ha avuto inizio quando ero bambina, avevo le idee chiare su cosa avrei voluto fare da grande. Così, dopo un percorso accademico, dopo essermi cimentata con l’arte concettuale, sono partita per la Spagna dove ho lavorato come scenografa di parchi giochi per bambini e ho capito che ero interessata ad un’arte che interagisse con la gente. Quando sono tornata in Italia ho iniziato a fare i primi poster e l’arte di strada è diventata la valvola di sfogo del mio lavoro da illustratrice. Poi ho incontrato C215* che mi ha insegnato una tecnica di stencil veloce su cui lavorare e con cui lasciare un segno che a mano libera non riuscirei a fare in breve tempo. Assieme abbiamo viaggiato e dipinto molto negli angoli di molte città. Da qualche tempo faccio prevalentemente grandi muri a mano libera.
Trovi più stimolante dipingere la città o creare opere che poi saranno appese in casa?
In strada la creatività è influenzata da molteplici cose: la luce e i colori dell’ambiente circostante (ed è anche per questo che dipingo di giorno), la gente che passa e reagisce, la superficie vulnerabile dell’opera e la spontaneità assoluta del segno (dovuta alla necessaria rapidità dell’azione). Tutto questo non avviene tra le pareti della galleria.La galleria è per me uno spazio più intimo. Un luogo dove sviluppare un discorso differente. Per la mia ultima mostra ho realizzato una grande casa delle bambole con materiali trovati sulla strada. Mi sono divertita moltissimo.
In quante città hai lasciato il tuo segno?
Molte in Marocco a Sydney, Melbourne, Londra, Parigi, Milano, Mosca, Barcellona, Madrid, Oslo, Amsterdam, Berlino, Marsiglia, Roma, Napoli, Manchester, Venezia, Brest ed altre.
Fare arte di strada per te significa integrare un’opera in uno specifico ambiente urbano?
Sì, significa anche questo
Ci sembra che per la forte narratività delle tue opere, tu ti ispiri anche a fumetti o graphic novel? È corretto?
Sono cresciuta negli anni ’90 con la cultura hip hop e la mia eroina dei fumetti si chiamava Sprayliz (disegnata da Luca Enoch), una ragazza che faceva incredibili graffiti politici nella notte. Ho lavorato come illustratrice, animatrice,scenografa e ho realizzato i disegni di ‘Vertigine’ una graphic novel edita da Rizzoli. Più tardi mi sogno avvicinata al mondo della street art inizialmente attraverso i poster portando i miei “comics” nelle strade.
È vero che molta parte della tua produzione artistica è ispirata al mondo femminile? Come lo vedi il mondo delle donne? Cosa vuoi raccontare con le tue opere ispirate a ragazze e donne?
Come artista e donna sono interessata a rappresentare modelli lontani dai cliché. Tutto il mio lavoro è dalla parte delle ragazze e racconta di persone vere, reali, donne forti, ma anche sognatrici, fragili, indipendenti a volte sole. In generale, sono interessata alla rappresentazione dei sentimenti umani.In un mondo colmo di cinismo, rabbia, o di forti dichiarazioni politiche, il mio lavoro mostra spesso atti di amore, di speranza e affetto.
Pensi di fare arte femminile o questa definizione ti va stretta?
Mi vanno strette un po’ tutte le definizioni.
Secondo te l’arte oggi è donna? Come vedi le artiste nel panorama contemporaneo? Sono ancora di nicchia o mostrano di avere qualcosa da dire?
Questa domanda dimostra che siamo ancora di nicchia non credi? Un’artista è un’artista. Il sesso c’entra poco. C’entra molto la personalità.
Si è appena conlcusa la tua personale Cinderella Pissed me Off, perché questo titolo? Che opere esponevi?
Questa esperienza in galleria è per me una sorta di retrospettiva dei miei ultimi tre anni di lavoro in strada in giro per il mondo ed è stato il modo per affrontare un discorso specifico sulla donna e sulle favole, a cui stavo lavorando. Ed ho fatto in galleria un’esperienza che in strada mi sarebbe stata preclusa: entrare in uno spazio chiuso, mi sembrava un po’ entrare a casa, arredarla ed invitare degli ospiti. E’ la parte della mostra legata all’immaginazione, alla possibilità dell’evasione nella quotidianità, di costruire con oggetti reali le cose che hai solo immaginato e viceversa con l’immaginazione rendere possibile questa realtà. L’altra parte rappresenta il mio volto pubblico, il lavoro in esterno.”
Alice Pasquini
alicepasquini@hotmail.com
http://www.alicepasquini.com/
http://www.flickr.com/photos/alicepasquini
*C215 è il nome d’arte di Christian Guemy, da molti ritenuto la risposta francese al Banksy, noto in particolare per l’uso dello stencils (pur avendo operato per circa 20 anni, solo nel 2006 un suo lavoro è arrivato alla ribalta dei mass media).