Marilyn Monroe era una diva bionda dalle forme morbide, divenuta famosa e anche di più: l’icona delle pin-up e di un modo di fare cinema mai tramontato, leggero e piacevole, che ha fatto dello stereotipo della donna-oca un must.
Eppure Marylin era una donna con un carattere spigoloso, nel senso di complicato e complesso che aspirava a sdoganarsi da questo suo ruolo di scema dello schermo e di bambola sexy per esprimere doti attoriali che forse però non le appartenevano.
Ora un libro, un episodio della biografia di Colin Clark intitolato “La mia settimana con Marilyn“, racconta il suo incontro con la nota attrice, incontro che fu fugace e rapido, appena il tempo delle riprese di un film, ma che diede modo a Clark di ripensare spesso a quei giorni insieme a Marilyn, tanto da farne, in seguito, un libro di ricordi.
L’occasione dell’incontro con la diva fu la prima esperienza cinematografica di Collin Clark che, appena uscito dal College, trovò l’occasione di infiltrarsi come aiuto alla regia nel cast di “Il principe e la ballerina” commedia tratta da una piece di Terence Rattigan intitolata “The sleeping prince”) con Laurence Olivier e Marilyn Monroe, appunto.
Collin Clark era quello che oggi chiameremo un raccomandato poiché il celebre attore Olivier era amico di famiglia e gli aveva procurato un piccolo ingaggio nel cast del film (era l’ultima ruota del carro, come dice lui).
E mentre Olivier tratta Marilyn con sufficienza, lei reagisce cercando riparo fra le braccia di Paula Strindberg detentrice del noto metodo di recitazione che è ancora oggi a tutti universalmente noto, inseguendo un’affermazione professionale che non arriverà mai e tentando di emanciparsi dalla sua nomea di attricetta senza carattere.
Il ruolo di spogliarellista e ballerina le si era appiccicato addosso ed erano in molti a confonderlo con la sua vera personalità, che era quella di una donna insicura, prigioniera della sua bellezza e più ancora di quell’aura dorata di sensualità e dolcezza che emanava e che fu in grado di farla entrare nei sogni di molti uomini e nell’iconografia moderna.
La mia settimana con Marylin è senza dubbio un libro su una donna e non su un’icona e cerca, in più frangenti, di sfatare il mito per consegnarci la sua immagine più autentica e sincera. Clark aveva l’abitudine di tenere un diario durante la sua esperienza come terzo aiuto regista del film e, solo 40 anni dopo, ritrovati gli appunti che annotava, ebbe modo di pubblicare un libro di ricordi su quel periodo. Fu un successo: lo intitolò “The prince, the showgirl and me”. Da quel testo autobiografico rimase fuori però un piccolo episodio raccontato invece in questo altro testo di Colin Clark. L’avvenimento in questione, cassato dal primo libro, diventa invece il cardine di questo secondo. Esso si svolse nell’arco di una sola settimana e concentrò per un attimo i riflettori proprio su Clark, convogliando su un insignificante giovanotto alle prime armi le attenzioni di Marilyn di Olivier, di Milton Green (celebre agente della star bionda e sexy) e di Arthur Miller, all’epoca marito della star.
Si tratta di un libro che ci sentiamo di consigliare, non solo perché di godibile lettura, ma anche per fare luce sulla vita della showgirl e di come spesso il sessismo possa rovinare l’esistenza di una donna.
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