E a questo punto la domanda è d’obbligo: è possibile veramente privatizzare in uno Stato che si fa truffare perfino dalle società cui cede delle concessioni?
La notizia è conosciuta da tempo ed è tornata fuori in occasione delle recenti manovre finanziarie. Il buco infatti varrebbe quasi tre delle manovre appena applicate. E diciamolo chiaramente, farebbero comodo 90 miliardi all’Italia.
Ecco il caso. Nel 2004 lo Stato decide di “privatizzare” la gestione del gioco d’azzardo italiano di fatto appena legalizzato. Perciò sono state appaltate o affittate delle concessioni a dieci società che avrebbero avuto il compito di piazzare sul territorio nazionale 40 mila tra slot machine e video poker. Una volta collegata una macchina di questo tipo invia telematicamente i propri dati al Ministero delle Finanze. Ciò permette di controllare che il versamento del PREU (Prelievo erariale unico), pari al 12% del ricavo delle società concessionarie per ogni macchinetta, avvenga.
Accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza e dal Dipartimento Nazionale Anti-mafia (le indagini sono arrivate alle stesse conclusioni ma erano indipendenti), hanno poi constato che le slot presenti erano proprio 40 mila, ma che solo 20 mila risultavano collegate telematicamente al Sogei del Ministero. Risultato: le concessionarie avevano evaso il fisco.
Si è provveduto quindi a sanzionare queste aziende con 50 euro forfettari per ogni ora di funzionamento. Ed ecco nomi e cifre delle società e dei soldi che debbono allo Stato, cioè a noi:
- Atlantis (31 miliardi)
- Cogetech (9,4 miliardi)
- Snai (8,1 miliardi)
- Lottomatica (7,7 miliardi)
- Cirsa (7 miliardi)
- Hgb (7 miliardi)
- Codore (6,8 miliardi)
- Sisal (4,5 miliardi)
- Gmatica (3,1 miliardi)
- Gamenet (2,9 miliardi)
Sono cifre, anche perché si parla di miliardi di euro di tasse non versate. A pretendere la maxi multa sarebbe dovuto essere il Monopolio di Stato che allora aveva a capo il Sgr. Giorgio Tino. Questo mancato incasso gli è costato il posto. Una svista direte voi, ma leggete qui per farvi un’idea chiara delle persone che hanno consentito la truffa.
Il punto su cui vogliamo insistere non è solo l’evasione fiscale, ma il fatto che queste aziende private gestivano in privato delle concessioni pubbliche. Un po’ come si sarebbe voluto fare per l’acqua. Un bene pubblico di cui lo Stato restava proprietario, gestito da enti privati. Con queste premesse, privatizzare oggi in Italia non ha praticamente nessun senso. Qual’è lo scopo di creare più posti di lavoro in società private che poi rubano allo Stato soldi pari a tre grosse finanziarie? A che pro? A chi giova, se non ai signori che possiedono quelle società? Dov’è l’aumento della ricchezza tanto decantato dai grandi sostenitori delle privatizzazioni?
Eppure in Italia c’è urgenza di privatizzare. Si è calcolato che lo Stato abbia a disposizione 1800 miliardi di beni che è possibile privatizzare. Si deve decidere oculatamente cosa privatizzare però. L’acqua, o la RAI? Parti di Finmeccanica o la Sanità? Le privatizzazioni dovrebbero aumentare la concorrenza. La stiamo ancora aspettando per la benzina, per l’elettricità o per molti altri settori in cui il mercato è “libero” e in cui lo Stato non è un competitor.
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