Il governo starebbe studiando delle ulteriori modifiche al piano previdenziale appena approvato in finanziaria modificando ancora le pensioni delle donne.
Secondo quanto riportato da Marco Rogari su Ilsole24ore, il governo starebbe studiando una serie di misure per mettere mano al sistema pensionistico italiano, in particolare anche per le pensioni delle donne del settore privato. Anche in vista delle critiche mosse da Confindustria, le riforme strutturali, tanto agognate da chiunque in Italia, potrebbero scaricarsi ancora una volta sulle spalle dei lavoratori.
Passaggio da pensione retributiva a pensione contributiva e innalzamento dell’età pensionabile delle donne già a partire dal 2012 per arrivare a pieno regime, con i 65 anni di età, nel 2020. Queste in sostanza le principali modifiche previste. Oggi come abbiamo spiegato già altrove, il sistema pensionistico si basa su un calcolo doppio. Fino al 1995 la pensione veniva calcolata in base ai contributi versati dal datore di lavoro e con un adeguamento sulla media degli ultimi stipendi percepiti dal lavoratore, in modo che il pensionato avesse un reddito molto vicino agli ultimi anni di lavoro. Questa era la pensione retributiva. Dopo quella data il sistema è divenuto contributivo: il calcolo è da allora basato esclusivamente dal numero di contributi versati.
La legge di riforma che si sta formulando in queste ore, secondo le indiscrezioni raccolte, eliminerebbe definitivamente il sistema retributivo anche per quei lavoratori che abbiano cominciato a lavorare prima del ’95.
Col sistema contributivo si è introdotta la cosiddetta “quota 100”. Questa quota prevede che la somma degli anni lavorati e degli anni di contributi debba fare, quando sarà a regime, 100. Si tratterebbe di anticipare al 2012 quota 97 per arrivare prima a quella dei 100.
Per quanto riguarda le pensioni delle donne il governo vorrebbe anticipare al 2012 l’inizio dell’aumento graduale degli anni minimi perché una donna possa andare in pensione, i famosi 65. Con la legge approvata solo qualche settimana fa, si proponeva di iniziare ad aumentare gli anni dal 2014 per raggiungere l’obiettivo nel 2026. Ora non solo la si vuole anticipare, ma gli scaglioni sarebbero molto più rapidi. Si parla di raggiungere il bersaglio già dal 2020.
La riforma pensionistica è una degli adeguamenti della politica economica del governo alle esigenze prospettate da Confindustria. Tuttavia, la ricetta Marcegaglia sembrava essere abbastanza equilibrata. Per esempio proponeva addirittura una patrimoniale per le aziende, a patto che si diminuisse il cuneo fiscale, l’imponibile sulle aziende e si elevasse subito l’età per le pensioni. Resta aperta invece la questione del clima in cui si vogliono approvare queste misure di Austerity. Un clima che di fatto priva i cittadini di molti servizi rispetto ai pochi già prima garantiti. Un clima che va ad incidere solo sulle fasce deboli e non intacca le categorie. Un’altra misura chiesta dal programma di Confindustria per salvare l’italia prevedeva infatti la liberalizzazione delle professioni e l’eliminazione della tariffa minima, che aumenterebbe notevolmente la libera concorrenza fra i vari ordini, compreso quello degli avvocati che si è sempre messo di traverso in Parlamento quando si è parlato di “liberalizzare” l’accesso alla professione.
Appare chiaro che con il sistema clientelare e di nomine messo in piedi da “questo governo”, (ricordiamo che la legge elettorale Porcellum attualmente in vigore e che Alfano ha dichiarato di voler cambiare è stata approvata con i voti della sola maggioranza durante il precedente governo Berlusconi), con questo sistema, dicevamo, l’approvazione di un sistema di liberalizzazioni degli ordini professionali appare impossibile. 40 avvocati hanno già puntato i piedi una volta al parlamento. E senza quei 40 voti la maggioranza cadrebbe.