L’articolo comparso su il “Corriere della sera” di qualche giorno fa dal titolo: “Chi ci salverà? Migliaia di giovani imprenditori” dello scrittore Edoardo Nesi, ha suscitato un po’ di clamore.
Perché? Perché ha messo a nudo un altro dei problemi presenti nel nostro Paese: la mancanza di un ricambio generazionale fra imprenditori e classe dirigente. Non solo questo è un problema che periodicamente ricompare, ma si affianca a quello drammatico delle giovani generazioni che rischiano di vedersi portato via il futuro. Scippato da politiche che tutelano gli anziani e sconsiderate decisioni prese negli anni 80, come le baby pensioni, finendo col ricadere amaramente sulle spalle dei ventenni e trentenni.
Nesi, nel suo articolo, “Chi ci salverà? migliaia di giovani imprenditori” pur cercando di apparire positivo, finisce con l’essere drammaticamente realista. Afferma infatti: “Abbiamo bisogno di nuovi imprenditori che si aggiungano a quelli che già ci sono. E bisogna andare a cercarli col lanternino tra quelle ragazze e quei ragazzi meritevoli che nemmeno le nostre povere scuole sono riuscite a fiaccare.”
Invoca meritocrazia nonostante i grandi problemi che affliggono l’indotto che dovrebbe produrre innovazione, come il sistema della Ricerca, dell’Università e della Scuola. Istituzioni che si trovano ora in una posizione critica e sui quali si è accanita la mannaia di Tremonti. Se la prende anche con le banche Nesi che non rischiano più e non vogliono farlo scommettendo sulla giovane imprenditoria italiana. Se la prende con la cattiva gestione del denaro rientrato grazie alla lotta all’evasione, come nel caso dei grandi patrimoni rientrati in Italia attraverso lo scudo fiscale. Parte di quei denari secondo Nesi dovrebbero essere investiti in incentivi statali sulle giovani imprese. Cosa che non avviene e naturalmente non avverrà.
La cattiva politica italiana ci costa ogni giorno. Il pareggio di bilancio appena ottenuto con la finanziaria è andato in fumo poiché l’aumento del differenziale spread ha creato ulteriore debito pubblico. E ciò che ha fatto aumentare il differenziale è stata la sfiducia dei mercati nei confronti della nostra Classe Dirigente.
Lo scrittore Edorardo Nesi, vincitore del premio Strega 2011 con il libro “Storie della mia gente“, da ex imprenditore pratese del manifatturiero non solo se la prende con Globalizzazione e con i cinesi, a cui il governo italiano, con mossa disperata, punta a vendere il nostro debito pubblico, ma elogia anche una capacità di fare impresa tutta italiana, associandola alla creatività e a quella genialità rinascimentale che ormai secoli addietro ci ha reso celebri nel mondo.