Voltare pagina = cambiare atteggiamento, comportamento, abitudini, considerare come definitivamente conclusa un’esperienza. A me è capitato tante volte di pensarlo, pochissime di farlo e non sempre con successo. Il covid19 ha costretto un po’ tutti noi a voltare pagina, e poiché non ne abbiamo visto subito la ragione, non ci siamo fermati a farne nostre le motivazioni profonde. A distanza di un paio di mesi ognuno ha dovuto trovarle e forse molti si sono dati degli obbiettivi, dei traguardi, e altri hanno cominciato a sognare o magari a osare. E poiché ciò che ci stimiamo capaci di ottenere determina quello che potremmo raggiungere domani, io sto sognando in modo smisurato. Utili passi motivazionali si stanno dimostrando: non avere fretta, non pensarci troppo, trasformare gli obbiettivi in piccole azioni, e infine condividerle rendendole pubbliche. GLORIA è tutto questo!
Mi sono concentrata completamente sul presente focalizzandomi solo sul qui e ora. Non ho quindi cambiato libro ma soltanto pagina e senza troppe domande ho sfogliato quelle del mio vissuto cercando di individuare cosa mi ha portato qui. Sono nata e cresciuta in un albergo e questo l’ho già raccontato. Al contrario di alcuni coetanei albergatori, allora i miei genitori decisero di abitare il loro lavoro con i figli appresso. I tempi e i ritmi famigliari erano illogici per una bambina e mia madre, temendo forse potessi crescere con una idea deformata di casa, ne ha creata una originalissima che, come si conviene, a un certo punto della mia vita, ho detestato e poi cercato di dimenticare allontanandomene.
Dimenticare è un processo mnemonico (gli specialisti parlano di processo amnesico) che dipende quasi esclusivamente dal tempo e dal contesto nel quale ci si trova. Esistono molti trucchi per dimenticare, il più semplice è non avere più nessun contatto. Ecco perché per dimenticare dobbiamo allontanarci. Io sono finita in Calabria novella sposa, giovane madre e neo casalinga. Tutto di questa nuova vita mi affascinava e sorprendeva, anche quello che non comprendevo. Gli eventi, quasi tutti traumatici, mi hanno ricondotta in albergo, mi hanno, probabilmente, spinta in albergo, in una specie di dejà-vu che mi ha letteralmente fagocitata. Fagocitare è un verbo composto che, etimologicamente, deriva dal greco: phagein mangiare e kytos cellula. Le cellule non hanno bocche per mangiare, per digerire o distruggere particelle esterne, ciò che fanno, attraverso il processo della fagocitosi, è estendersi fino a comprenderle all’interno della propria membrana cellulare. Questa immagine descritta dalla scienza biologica è molto suggestiva e molto pertinente: la cellula, infatti, nell’incorporare qualcosa, non schiaccia, non stritola, né mastica. Semplicemente circonda e ingloba la particella che ne diventa ineluttabilmente parte.
Decidere di vivere questa fase della mia vita personale e lavorativa qui in albergo al “ritz” mi permette di risolvere alcuni conflitti e mi fa sentire in pace con me stessa. Si perdona qualcuno, ma soprattutto sé stessi. Perdonare è voltare pagina e non è sinonimo di dimenticare. Perdonare, al contrario, implica ricordare e, nonostante questo, non rimanere ancorati alle sensazioni generate dai ricordi. Chi riesce a perdonare e voltare pagina, svuota il proprio zaino emotivo e trova nuove motivazioni scoprendo, magari, un altro, impensato e impensabile, futuro. Così qui ho imparato a valorizzare meglio il mio presente, a gestirlo meglio, consapevole come sono del mio passato. E solo qui, mi rendo conto adesso, è stato finalmente possibile.
Cosa mi è insopportabile in questo momento? Una certa ineluttabilità e un serpeggiante catastrofismo. Che tipo di vita desidero avere dopo aver voltato pagina? Libera dai sensi di colpa. Cosa posso ancora sopportare? Qualche prossima scadenza. Ho ancora dei sogni nel cassetto? Sì,troppi.
Cara Ida, hai iniziato il post di oggi parlando di voltare pagina e mi sono sentita chiamata in causa, visto che siamo da molti anni ormai colleghe di Bookclub. Gli ultimi libri, a causa appunto del Covid19, li abbiamo dovuti leggere in formato digitale, e io ho sofferto un pochino (anche per colpa dei libri stessi, ma questo è un altro discorso) di questo non poter, fisicamente, voltare la pagina. Tuttavia io sono tra quelle persone fortunate che non si possono lamentare di questa reclusione: mio marito lavora da casa, e di lavoro ne ha molto, e i bambini sono tranquilli. E io? Certo di tempo libero, essendo mamma e casalinga a tempo pieno, non ne ho molto, ma ho deciso di sfruttarlo al meglio e di dare finalmente inizio a qualche progetto che tenevo nel cassetto di cui parlavi anche tu da troppo tempo. Di solito, quando sento parlare di un hotel vuoto mi viene subito in mente Shining di Kubrick, ma se invece immagino te vagare per i corridoi e i giardini disabitati del Ritz con le tue orecchie da coniglietta non possono che venirmi in mente esempi più allegri, come il bellissimo Gran Budapest Hotel di Wes Anderson. Come te, nonostante determinate riflessioni e alcuni momenti di sconforto, non riesco a vedere tutto nero, ma visualizzo sogni e possibilità. Grazie per questa tua rubrica e questi racconti e pensieri, continuerò a seguirti!
Grazie! Auguro al tuo blog sul cinema (cine-muffin.com) tutto il successo che merita. Non tanto e non solo perché è scritto bene, ma perché ci riconosco la tua sensibilità.
Ti mando una carezza per i tuoi bambini.