Iran tra donne al potere e donne in prigione

La notizia di un nuovo vice-presidente donna nel governo passerebbe inosservata se ciò non avvenisse in Iran.

Ma se accade in Iran che il presidente si metta al fianco una donna come, allora la notizia acquista una qualche importanza.

Oppure no? L’Iran è  il paese dell’integralismo islamico che costringe le donne a portare il velo e lunghe palandrane che nascondano ogni accenno di sembianza femminile.  Soprattutto è il paese di Sakineh, la donna accusata di adulterio ed omicidio, condannata a morte, liberata, intervistata e poi reincarcerata in attesa di condanna. Sakineh ha suscitato pietà e interesse internazionale e ha saputo divenire il simbolo della condizione femminile in quel Paese islamico.

In una nazione dove una donna tutti i giorni rischia di finire giustiziata solo per aver tradito un uomo, e di venire uccisa in modo cruento come avviene nella lapidazione, fa notizia che una donna venga scelta da Ahmadinejad come vice-presidente. Ma le quote rosa in forza al governo iraniano sono molte: ben quattro!

Accanto alla nuova vice-presidentessa, Farahnaz Torkestani, ci sono anche il ministro della Salute, Marzieh Vahid Dastjerdi, e altre due vice-presidentesse: Nasrin Soltankhah e Fatemeh Javadi. La Torkenstani prenderà anche il posto dell’ex-ministro della gioventù.

L’Iran è un paradosso. Se da un lato premia donne che si sottomettono alla legge islamica, dall’altra si professa profondamente iniquo nell’osservanza dei diritti internazionali nei confronti delle donne che, per un regime come quello islamico dell’ex-Persia, sono asservite al maschio e fortemente declassate.

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