Da il Gazzettino di lunedì 26 Luglio 2010 (Anna Renda)
Nato a Venezia nel 1965, Marco Franzoso ha esordito nel 1997 col romanzo “Westwood dee-jay” (Baldini & Castoldi), inventandosi uno slang misto italiano-dialettale. Nel 2002 ha pubblicato “Edisol-M” (Marsilio) e nel 2006 il romanzo “Tu non sai cos’è l’amore” (Marsilio), vincitore del premio Castiglioncello. Con Romolo Bugaro ha curato nel 2006 l’antologia “I nuovi sentimenti” (Marsilio) e scritto nel 2010 la raccolta “Ragazze del Nordest”.
Da qualche anno sta scrivendo solo di donne del Nordest, “perché la trasformazione avvenuta negli ultimi anni in queste terre ha coinvolto soprattutto loro”. Così si fa raccontare le loro storie e le scrive, quasi che dal racconto della loro vita ossa sgorgare una verità in grado di illuminare il presente.
Come sono le donne del Nordest?
“Sono donne che si confrontano coi nuovi modelli, le nuove sfide e i nuovi traguardi di una società che quasi sempre ha come riferimento una concezione “maschile” del mondo. Sono donne che con coraggio affrontano la trasformazione rivendicando la necessità di trovare uno spazio proprio. Spazio che riescono a conquistarsi solo grazie a una caparbietà tutta femminile”.
Cosa le piace in una donna?
“Mi piacciono le donne che non fanno di tutto per assomigliare agli uomini”.
E in un uomo cosa le piace?
“La capacità di accettare i propri limiti”.
Cosa le piace di più di se stesso?
“La disciplina”.
E la cosa che invece detesta di più?
“La fretta”.
Cosa ci vuole per diventarle amico?
“Poco. Basta la certezza della fedeltà”.
La volta che è stato più felice.
“Escludendo il giorno in cui è nato il mio bambino, direi il viaggio coast-to-coast fatto con un amico dopo la maturità. Avevamo diciannove anni e siamo partiti con l’idea di inseguire il mito di Jack Kerouac. È stata un’esperienza indimenticabile. Di vero passaggio, che mi ha segnato per sempre”.
La volta che è stato più infelice.
“Non credo ci sia stata una volta in cui sono stato più infelice. L’infelicità a differenza della felicità è una condizione diffusa, tende a pervadere la vita”.
L’ultima volta che ha pianto.
“Durante la scena finale del film di animazione Nemo”.
L’incontro che le ha cambiato la vita.
“Natale 1989, tre mesi a Berlino. Eravamo studenti a bordo di una Renault 4. Abbiamo incontrato due ragazze di lì. Con loro ogni sera un teatro, un evento artistico. Credo che mi abbia forgiato il gusto estetico. E intanto, intorno a noi, veniva abbattuto il muro più scandaloso del mondo”.
La sua occupazione preferita.
“Camminare… da solo”.
Il suo sogno di felicità.
“Un mondo a misura di bambini”.
Cosa sognava di fare “da grande”?
“Fino ad una certa età mi sarebbe piaciuto fare il prete. Poi con tre amici ho messo in piedi un gruppo di rock psichedelico e sognavamo di girare il mondo grazie alla nostra musica”.
Quando ha deciso di fare lo scrittore?
“Ho sempre scritto, mi pare, ma il momento fondamentale è stato nell’adolescenza l’incontro con due scrittori veneti, Angelo Beolco e Teofilo Folengo. Autori del Cinquecento che hanno fatto un lavoro radicale sulla lingua e hanno rivoluzionato il modo di raccontare. E io credo che ancora oggi la questione della lingua sia fondamentale per chi scrive e cerca di comprendere il mondo nel quale abita, soprattutto in una regione come questa, che ancora si interroga su quale sia la propria lingua. E la cui ricchezza sta anche nell’accettazione del fatto di non averla ancora trovata”.
L’errore che non rifarebbe.
“Smettere di fare sport agonistico da giovane”.
La maggiore stravaganza compiuta.
“Laurearmi, non mi è servito a niente”.
Il capriccio che non si è mai tolto.
“Guidare un sottomarino”.
La persona che invidia di più.
“Lo scrittore americano E.D. Doctorow. Forse il migliore. Invidio la sua naturalezza nel descrivere e nel raccontare qualsiasi cosa. A leggere i suoi romanzi sembra che scrivere sia un’attività semplicissima”.
La volta che si è sentito fiero di essere italiano.
“Finale dei mondiali di calcio del 2006”.
La volta che si è vergognato di essere italiano.
“L’ultima visita del Dalai Lama in Italia”.
Qualcosa che vorrebbe non aver scritto.
“Ci sono un sacco di cose che non sono riuscito a scrivere più che qualcosa che vorrei non aver scritto”.
Il libro che sta leggendo.
“Tempo d’estate di J. M Coetzee, Canale Mussolini di Antonio Pennacchi, L’invenzione dell’economia di Serge Latouche”.
Il brano musicale preferito.
“Sinfonia dei Salmi di Igor Stravinskij. Ho sempre amato al musica sacra. Col tempo amo sempre più ascoltare le messe dei fratelli veneziani Gabrieli e soprattutto di Bach.”
Un’abitudine a cui non rinuncia.
“Camminare la sera, subito dopo cena. C’è un posto dietro casa mia che è rimasto identico a com’era quando ero bambino”.
Lo sport che ama.
“Corsa campestre, mezzofondo. Una volta ero agonista. Prima dell’adolescenza ero un nazionale. Poi mi sono perso. Ora corro tre volte la settimana. È il momento in cui mi vengono le idee, quello in cui pianifico il lavoro da fare”.
Cos’è per lei il Nordest?
“L’unione di tre Regioni: Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia”.
E Venezia?
“Una grande madre”.