di Eleonora Mauri
Professioniste d’Italia unitevi! Ormai siamo una potenza! O quantomeno una realtà sempre più ampia. Appesa al chiodo la veste di angeli del focolaio, le donne italiane che hanno (ri)scoperto l’importanza dell’ambizione e di un percorso di crescita, affrontano le varie sfide con una maggiore forza e consapevolezza.
Ci sono quelle che scelgono l’estero per realizzarsi (expat), quelle che diventano workaholic (ufficio-dipendenti) e quelle che devono farsi valere in ambienti a stampo maschile. Tante sfide, ma tutte affrontabili. Come fare? Il metodo migliore è…chiedere consiglio a chi ce l’ha fatta! Ne parliamo con Marta Paiar, che lavora in Vodafone Group, a Londra.
Come professionista in un ambito competitivo, quali sono le tue strategie per farti conoscere e cercare dai clienti?
Le strategie che uso per farmi cercare, sia dai clienti esterni che interni in azienda, sono molto semplici:
1. analizzare la situazione e capire quello che c’è da fare
2. comunicare ai clienti interni o esterni quello che verrà fatto
3. lavorare sodo e con impegno, con professionalità e integrità per fare quanto concordato
4. assumermi la responsabilità delle mie azioni e dei miei risultati [e di quelle del mio team] e comunicarla
5. rispettare le promesse e gli impegni presi
6. essere sempre positiva.
Ti capiterà spesso di muoverti in ambiti a taglio fortemente maschile. Come ti comporti?
Semplicemente, cerco sempre di essere me stessa, di lavorare sodo e con passione, analizzando la situazione e raggiungendo risultati al di sopra delle aspettative. E, soprattutto, mi impegno ad essere positiva. Del resto sono sempre stata abituata a muovermi in contesti a forte presenza maschile sin dalle mie prime esperienze professionali. Negli ultimi anni, in particolare, ho avuto la fortuna di trovare dei role model e delle amicizie femminili, fuori e dentro l’azienda, che mi hanno consigliato, aiutandomi ogni giorno a muovermi con successo anche in ambienti maschili e fortemente competitivi. I consigli che mi hanno dato sono sempre stati molto specifici, a volte mirati a farmi riflettere per vedere la situazione in modo strategico, altre volte per gestire concretamente un compito. Un suggerimento, che mi sentirei di condividere con altre giovani “workholic” come me, è stato quello di non dedicarsi solamente alla carriera e al lavoro, ma di essere una persona a tutto tondo, coltivando i propri interessi e raggiungendo un equilibrio tra vita privata e lavorativa.
Tu hai avuto molte esperienze anche all’estero. Vantaggi e svantaggi rispetto all’Italia?
In primis, la possibilità di vedere cose e persone nuove, misurandosi ogni giorno con modi di approcciare la vita ed il lavoro molto diversi. Questo insegna a essere più flessibili, a vedere le cose da più punti di vista e arrivare alla soluzione di un problema in diversi modi, il che garantisce una maggiore probabilità di successo. Secondo, gli ambienti internazionali sono caratterizzati da una forte dinamicità secondo un modello di “learning by doing” che promuove il confronto diretto con i propri responsabili e manager. Terzo, l’opportunità di avere una visione più ampia del contesto, del mondo intorno a me. Penso che i tre principali svantaggi siano: le oggettive difficoltà ad ambientarsi in un paese con lingua, usi e culture diverse, poi il farsi strada nel lavoro, perché all’estero è spesso necessario dimostrare di più rispetto ai colleghi locali. In ultimo, ma non meno importante, il rischio di solitudine, con gli affetti, le proprie abitudini e la bellezza dell’Italia (e del suo cibo!) lontane.
Ti è mai pesato il cambio di vita? Come hai superato i momenti difficili?
Sì, mi è pesato e, come tutti, ho avuto momenti difficili. Li ho superati grazie a obiettivi chiari e determinazione nel raggiungerli. E’ stato molto importante il supporto morale della mia famiglia, del mio compagno, dei miei amici e mentori.
Quali sono le molle che ti spingono a mollare tutto e intraprendere una nuova strada senza ripensamenti?
A mio avviso ci sono quattro fattori chiave. Prima di tutto la curiosità di vedere il mondo e di imparare da situazioni e persone nuove. Poi la voglia di mettermi in gioco e di rischiare. La determinazione nel cercare le opportunità e lottare per un futuro migliore. Infine, l’affetto e il supporto dei miei cari e dei miei amici, che per me è veramente importante. Avere qualcuno che ti sostiene nelle decisioni, che ti tira su di morale, che crede sempre e comunque in te, fornisce l’energia necessaria per andare avanti anche quando non si è più sicuri delle proprie scelte.
Tu sei giovane e hai già fatto un ottimo percorso. Quali sono le strategie di successo che ti hanno portato fin qui? Quali pensieri ti guidano?
A dire il vero, non c’è un’unica strategia che ha guidato le mie scelte: durante l’università ho studiato sodo, ho cercato di vedere il mondo, di imparare diverse lingue e di conoscere il lavoro attraverso esperienze sul campo. Inoltre, per necessità e per evitare di rimanere troppo sul piano teorico, ho svolto attività di lavoro molto concrete, come la cameriera, che mi hanno stimolato a continuare a lavorare “con la testa” e a studiare. Ho cercato di fare molte esperienze diverse, ancora giovane, probabilmente a causa del mio carattere impaziente, di un po’ di sana ambizione e di curiosità. Alla base di tutto, però, c’è sempre stata la voglia di fare bene il mio lavoro, portando valore all’azienda e ai suoi clienti. Sicuramente mi ha molto aiutato il fatto di aver trovato delle persone da cui ho potuto imparare, dei role model e mentori, e delle persone con cui ho potuto parlare apertamente e che mi hanno spesso aperto gli occhi. Trovare uno o più bravi “mentori” di cui fidarsi: questo è un consiglio che darei a tutte le ventenni che desiderano crescere umanamente e professionalmente.
Cosa suggerisci a chi come te sta cercando dei buoni mentori, delle buone guide?
E’ difficile riconoscere le persone di cui fidarsi. Il consiglio che darei è farsi guidare dal proprio istinto. Io ho cercato mentori con cui sento di avere caratteristiche in comune e per cui provo ammirazione. Per avere il loro supporto, ho raccolto il mio coraggio e chiesto loro, in modo molto diretto e autentico, di farmi da mentori. Molto spesso le donne (me compresa) hanno paura di un rifiuto ed è questo che le blocca; se però non ci si sforza di chiedere il supporto di altre persone, non lo si ottiene. Il suggerimento quindi che darei a chi sta cercando dei mentori è quello di fidarsi del proprio istinto e di non aver paura a chiedere supporto alle persone che si incontrano e che si ritengono potenziali mentori.
Quali le strategie che applicherai nel prossimo futuro per raggiungere i tuoi traguardi?
Continuare a lavorare con impegno e non smettere di chiedere consigli ai miei mentori. A mia volta, mi impegnerò a fare coaching e mentoring alle persone più junior che me lo chiederanno. E, soprattutto, non aver paura di rischiare e iniziare a credere di più in me stessa e nelle mie capacità.
Secondo te conciliare l’ambizione e il percorso di carriera con la famiglia/la coppia è possibile? Come?
Credo, per esperienza diretta, sia possibile, se si ha vicino una persona comprensiva e flessibile. Da più di dieci anni ho un compagno fantastico, che – tra alti e bassi – mi ha sempre supportato, consigliato, spronato e ha accettato che lavorassi tanto, anteponendo quando necessario i miei impegni di lavoro alla nostra vita privata. Ho sempre cercato di conciliare la carriera e la coppia con la stessa determinazione che ho uso nel raggiungere i miei obiettivi sul lavoro, non dando mai per scontato il mio rapporto con lui, cercando di evitare per quanto possibile la routine, lasciandogli i suoi spazi e prendendomi i miei. Non ho figli, ma conosco donne (che ammiro!) che conciliano figli e carriera, quindi credo sia possibile, anche se con dei sacrifici.
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