18/05/2020

Non so più quante diverse attività sportive e ginniche ho proposto agli ospiti del ritz, i pacchetti dedicati alla ”vacanza attiva” si sono sprecati nel vero senso della parola… yoga, pilates, nordic walking, bike, acquagym…. outdoor o indoor, fit & fun, qualsiasi formula, a pagamento e non, è stata un insuccesso: poche adesioni e senza particolare entusiasmo, fa eccezione il golf. Un po’ alla volta mi sono convinta che la causa ero io: probabilmente nella comunicazione traspariva la mia indifferenza. Non sono una sportiva e risulto, rispetto alle attività fisiche, tendenzialmente pigra e/o impedita. Se una certa plasticità del corpo, un’attitudine all’esercizio fisico e una abnegazione innata alla disciplina sportiva, hanno bisogno di esempi in famiglia o sono genetici, allora sono assolta. Mia mamma preferiva la montagna al mare, non l’ho mai vista nuotare, mentre ho sciato con lei da piccola, ma credo lo facesse per il bene di noi figli: era una fautrice dell’aria buona. Da grande ha dimostrato di essere una forte camminatrice ma, anche in questo caso, temo lo facesse più per dovere che per piacere. Papà non era un tifoso, ma soprattutto non ricordo di averlo mai visto in tuta sportiva o con qualche abbigliamento tecnico. Veniva a trovarci in vacanza e, sia sulle piste innevate, dove la zia Maria mi viziava allacciandomi stretti gli scarponi e agganciandomi gli sci; che al mare, sul bagnasciuga dove mia nonna mi costringeva la mattina a lunghe passeggiate salutari con mia sorella e i miei cugini; papà ci raggiungeva con le scarpe da città e vestito di tutto punto con giacca, gilet e papillon.

Vivevamo in albergo tutti insieme e quindi il ruolo privato, quello famigliare, e il ruolo pubblico, ovvero quello lavorativo, dei miei genitori, non erano divisi da LUOGHI diversi (casa/lavoro) o separati da TEMPI differenti (clienti e dipendenti/genitori e figli), al contrario erano mischiati e confusi, cosicché li ho vissuti e assorbiti simultaneamente, come avviene nelle traduzioni. Molto probabilmente questo affresco antropocentrico di vita quotidiana è stato per me un po’ come la scuola di Atene e mi ha allenato  a risentire gli effetti di ogni condizione emotiva, affinando la mia capacità di avvertire una determinata realtà affettiva nonché la percezione acuta delle dissonanze umorali. Ed è evidente che in tutto questo mio analizzare e scavare nella memoria, non ho nessun intento storiografico ma racconto qui solo ciò che mi è rimasto appiccicato e mi ha resa quel che sono, un po’ come la storia delle api con l’impollinazione.

Ma tornando agli sport, e tralasciando la danza classica a cui mi hanno iscritta ogni anno per ben 12 anni mio malgrado, e l’equitazione che ho voluto fare per qualche anno più per la fascinazione verso l’animale che nei confronti del dressage; sono stata anche una tiepida tifosa. Eppure, in diversi momenti della mia vita, mi hanno attratta inesorabilmente tre discipline sportive: il pugilato, per amore di mia zia Maria che era una fan di Benvenuti (Nino Benvenuti, uno dei migliori pugili italiani di tutti i tempi, è stato campione olimpico nel 1960, campione mondiale dei Pesi superwelter tra il 1965 e il 1966, campione mondiale dei Pesi medi tra il 1967 e il 1970), il calcio, per amore di mio fratello Simone, e il basket, per amore dei miei figli. Perdutamente innamorata di Giovanni e Francesco, che lo hanno praticato a livello agonistico, sono stata una strenua tifosa di pallacanestro. È evidente che si è trattato di un vero e proprio transfert per cui gli unici sport che ho seguito erano quelli legati indissolubilmente alle persone che ho amato.

GLORIA è, per me, come un momento di SURPLACE della vita, ve lo ricordate nelle gare ciclistiche di velocità su pista, quella spettacolare posizione di immobilità, in equilibrio sulla bicicletta, che assumevano i corridori prima della volata finale.

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