Donne e pari opportunità: è possibile cambiare lo status quo?

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Se c’è una sola donna nel pool di candidati per un posto di lavoro, è statisticamente impossibile che venga assunta. Quello che può sembrare solo un triste luogo comune in tema di pari opportunità o una considerazione fatta sulla base della nostra esperienza quotidiana, trova oggi un fondamento scientifico grazie a uno studio condotto dall’Università di Harvard.

I risultati della ricerca – condotta negli Stati Uniti e recentemente pubblicata sull’Harvard Business Review – confermano come, anche inconsciamente, i datori di lavoro siano inclini a mantenere lo status quo, specialmente quando si tratta di posizioni di responsabilità. Poiché la stragrande maggioranza dei CEO sono uomini bianchi, la sfida più grande, in questo senso, sembra proprio quella di sconfiggere il pregiudizio inconscio che porta a riconfermare l’attuale stato delle cose.

Lo studio

harvard-business-reviewIl gruppo di lavoro ha condotto tre studi distinti, per valutare cosa può succedere quando cambiano gli equilibri di razza o di genere all’interno di un gruppo di candidati per un posto di lavoro. Le prime due ricerche si concentrano sulla diversa percezione dello status quo in riferimento a questi due parametri, considerando come questo influenzi l’assunzione di un candidato piuttosto che un altro.

A un gruppo di studenti universitari è stato fatto valutare un pool di tre candidati per un’offerta di lavoro. Tutti erano in possesso delle stesse caratteristiche, l’unica differenza tra loro era la razza o il sesso. Manipolando i nomi, si è fatto in modo che un gruppo di studenti valutasse un pool formato da due uomini e una donna (o due bianchi e una persona di colore); l’altro gruppo ha dovuto valutare invece un pool formato da due donne e un uomo (oppure due persone di colore e un bianco).

I risultati di questi esperimenti hanno confermato quanto previsto: quando ci sono due minoranze o due donne all’interno del pool dei finalisti, lo status quo cambia, facendo diventare una donna o una minoranza il candidato preferenziale.

Il terzo studio cercava di validare questi risultati ampliando il pool di riferimento, formato ora, in media, da 4 candidati. Quest’ultimo esperimento serviva a scoprire se avere più di una donna o una minoranza nel pool di finalisti potesse aumentare la loro probabilità di essere assunti. Dai risultati, riportati anche nel grafico, si evince che la vera differenza sta nello scarto tra una o due donne tra i candidati: una donna, da sola, non ha statisticamente alcuna possibilità di essere assunta; quando sono due o più, le probabilità aumentano notevolmente (sebbene non proporzionalmente alla maggiore presenza delle donne in rapporto agli uomini).

I risultati

Lo studio suggerisce quindi che sia possibile utilizzare il pregiudizio nei confronti dello status quo per cambiarlo dall’interno. La posizione di unica donna all’interno di un pool di finalisti è difficile perché sottolinea proprio quanto sia differente dalla norma. Deviare dalla norma può essere rischioso per chi deve prendere le decisioni, perché chi è diverso dal gruppo tende a venire escluso. Nel caso di donne e minoranze, poi, rendere la propria differenza un tratto saliente può anche portare a supposizioni di incompetenza.

Questa ricerca, se ulteriormente confermata, potrebbe rappresentare uno strumento efficace per generare un cambiamento, per superare pregiudizi inconsci e arrivare finalmente all’equilibrio etnico e di genere tanto auspicato nelle compagnie.

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