In Italia cresce l’occupazione femminile, ma c’è ancora strada da fare

donne. lavoro, occupazione

Il mercato del lavoro in Italia lancia segnali positivi, registrando un dato in crescita per quanto riguarda l’occupazione femminile. Secondo i dati Istat riferiti a giugno 2017, il tasso di disoccupazione è sceso all’11,1%, registrando così un calo di 0,2 punti rispetto a maggio. Scende anche la disoccupazione tra i giovani dai 15 ai 24 anni, che ora si attesta al 35,4%.

Il record lo detengono le donne: il loro tasso di occupazione a giugno ha raggiunto il 48,8%, valore più alto in assoluto dal 1977. Praticamente una su due ha un impiego, ma non è un caso che siano proprio le donne a crescere nel panorama occupazionale.

Anche se il risultato può sembrare incoraggiante, è bene considerare con attenzione quali fattori hanno portato a questo incremento. Molto spesso, infatti, dietro a una maggiore occupazione femminile si nascondono compromessi svantaggiosi che le donne sono costrette ad accettare e che, di fatto, continuano a penalizzarle sul posto di lavoro.

 

Disparità di stipendio

“In primis le donne costano meno, dato rilevante ai fini di una valutazione oggettiva del livello di crescita globale del tasso di occupazione – spiega Simone Colombo, consulente del lavoro ed esperto di direzione del personale in outsourcing – “la ripresa è comunque fisiologica, dal momento che all’inizio del 2016 le aziende hanno fatto tutti i licenziamenti strutturali, ergo la ripresa era prevedibile”.

Lo stesso vale per le donne laureate, molto più ricercate perché, a parità di condizioni, avranno uno stipendio inferiore rispetto ai laureati di sesso maschile. Un rapporto della regione Veneto evidenzia come, in media, le donne prendano il 26% in meno degli uomini in busta paga, anche a parità di categoria.

 

La gestione del tempo

Un altro fattore decisionale importante riguarda la gestione del tempo, che spesso per le donne implica la necessità di conciliare lavoro e famiglia. Il perdurare di un modello tradizionale di divisione dei ruoli nella famiglia, delinea un lavoro femminile più mobile, che approfitta maggiormente di cambi di orario, aspettative e part time.

Con la (quasi) certezza che le donne accetteranno più facilmente degli uomini la proposta di un part time, le aziende che si trovano di fronte alla necessità di recuperare del personale a orario ridotto si rivolgeranno più probabilmente a un bacino femminile.

 

Gap occupazionale nelle posizioni dirigenziali

Nel mondo femminile prevalgono ancora i lavori impiegatizi, mentre i livelli dirigenziali sono spesso ancora prerogativa maschile. Questa tendenza, seppur in diminuzione in alcune zone (come la nostra regione), rimane indicativa di una situazione occupazionale in cui le donne hanno a disposizione meno possibilità di fare carriera, con meno promozioni e contratti più precari.

Una ulteriore motivazione, che esula dalla selezione del personale ma che ben si lega all’evoluzione naturale del percorso di vita al femminile è che ora la donna, dopo la maternità, torna più volentieri ad affacciarsi sul mercato del lavoro, specie dopo che i figli sono cresciuti ed è possibile dedicarsi nuovamente alla carriera. È quindi disposta ad avanzamenti di carriera più lenti, o a non avanzare proprio, pur di tornare attiva, a differenza degli uomini che non si assentano per la maternità e non devono quindi pagarne lo scotto rimanendo indietro rispetto alle colleghe.

 

Agevolazioni e settori d’impiego

Ulteriore ragione di incremento delle assunzioni è la possibilità di stipulare contratti di inserimento per le donne che lavorano in aree con un tasso di livello occupazione femminile inferiore al 20% rispetto a quello maschile. Si tratta di una delle pochissime agevolazioni all’assunzione rimaste e interessa tipicamente in aree in cui il divario dell’occupazione per genere è statisticamente maggiore: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e alcuni comuni del centro-nord.

Non secondaria è anche la tipologia di lavoro oggi richiesto, sempre meno attinente alle attività di “fatica” e rivolto invece al terzo settore e ai servizi. In queste attività la differenza di genere è sempre più relativa e si tendono ad assumere più donne di una volta. Sempre stando al rapporto sull’occupazione femminile nel Veneto, i settori più a maggiore presenza “rosa” sono l’alberghiero e la ristorazione (79%) e la sanità (73%).

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