Femminicidio: un neologismo per combattere la violenza sulle donne

Femminicidio: il nuovo nome di un fenomeno in crescita

"femminicidio"L’appello lanciato più volte per fermare il delitto della violenza contro le donne che spesso si trasforma in femminicidio (omicidio di una donna) è venuto da più parti tra associazioni che da anni si occupano del fenomeno e movimenti che nati da poco hanno usato la propria capacità mediatica per dar voce a questo grave problema.

Parliamo per esempio di Senonoraquando ha infatti di recente lanciato la campagna “Mai più complici”, un’iniziativa di sensibilizzazione e mobilitazione contro lo scempio dell’omicidio nei confronti delle donne. 54 casi dall’inizio dell’anno sono stati la molla che ha fatto scattare in piedi ancora una volta le donne della ribellione a fianco di altri personaggi storici del movimento femminile e femminista italiano come Lorella Zanardo e Loredana Lipperini.

Anche noi de “ilsitodelledonne” abbiamo spinto lo scorso venerdì per una giornata di blogging day sul tema de “la violenza contro le donne” raccogliendo alcuni dati fondamentali da parte di un’osservatrice dell’ONU che vi invitiamo a guardare.

È difficile trattare con leggerezza un tema così importante e anche farlo senza diventare banali. Sarebbe bello se queste iniziative potessero avere un qualche valore rituale esorcizzante delle intemperanze maschili e delle inadempienze culturali della società italiana. Non è così. Manifestare il dissenso probabilmente non cambierà a breve giro il fenomeno e, non illudetevi, non ridurrà in breve tempo il numero di coloro che odiano le donne, come diceva un celebre romanzo di Stieg Larsson, ma col tempo riuscirà a cambiare la cultura e le mentalità.

Perché di questo si tratta: modificare un fenomeno culturale che priva di rispetto il corpo delle donne, che denigra costantemente un genere facendolo sentire inferiore moralmente (quando si dà della prostituta a una donna) e socialmente (quando la si paga di meno rispetto a un maschio, quando non la si assume perché donna, quando la si sottomette impedendole di esprimersi liberamente nel proprio lavoro, con la carriera e come persona).

Questi sono limiti culturali, stereotipi sociali, storture di genere che non si possono più tollerare. La violenza contro le donne è figlia di questa sotto-cultura malata, atavica e sciovinista. Sì, scomodo aggetttivi così pretenziosi per descrivere un fenomeno che neppure il femminismo degli anni ’70 è riuscito a sradicare da comportamenti e coscienze degli italiani.

Perciò guardatevi intorno, prestate attenzione. Spetta a noi donne prima di tutto lanciare l’allarme: a noi donne spetta il compito di dire basta, di avere il coraggio di votare per il politico giusto, di educare i nostri figli nel modo giusto e di premere sulla società con la spinta più propulsiva per consentire il raggiungimento dell’obiettivo. Obiettivo che non può che essere il rispetto del femminile; nella diversità del genere, la parità di diritto. Cosa che non significa essere equiparate agli uomini, ma, mantenendo le differenze che la natura stessa ha provveduto a creare, ottenere uguaglianza giuridica, politica e sociale.

Partecipate a confronti, sit-in, flash-mob e incontri di approfondimento ogni volta che ne avete l’occasione perché, è c’è da crederci, potreste aiutare a salvare vite di altre donne dalla rabbiosa violenza che si potrebbe scatenare su di loro solo perché donne e dalla cieca indifferenza che le ridure ad essere due volte vittime.

Sul femminicidio:

Vi invitiamo a partecipare oggi al Flash mob contro la violenza sulle donne.

55 cartelli. Ciascuno ricorda il nome e l’età delle donne uccise nel 2012 dagli uomini. Questa l’azione dimostrativa che Tilt ─ rete di rete di collettivi e singoli di sinistra, impegnata da tempo anche sul tema della violenza di genere ─ ha organizzato, oggi alle 17 a Montecitorio, per denunciare l’ennesimo omicidio nei confronti di una donna e per sollecitare la politica ad impegnarsi attivamente nella prevenzione e nel contrasto a questo fenomeno ancora ignorato.

127 nel 2010, 137 nel 2011; già 55 nel 2012. Sono le donne uccise negli ultimi anni dai loro compagni, fratelli, mariti. I media li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. Si tratta invece di una pratica violenta di matrice non patologica ma culturale. Il nome che la identifica è femminicidio, neologismo in uso già da anni anche in Italia, che indica la distruzione fisica, simbolica, psicologica, economica, istituzionale della donna.

Se ne sono accorte tutte le istituzioni internazionali, a partire dall’ONU.

Rashida Manjoo, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne in visita nel nostro paese alla vigilia dell’8 marzo scorso, ha ribadito che in Italia ormai si deve parlare di femminicidio.

La violenza maschile ha molti volti, uno dei quali è quello istituzionale: la crisi economica e culturale che stiamo vivendo diventa il pretesto per smantellare lo Stato sociale. L’Italia ha infatti ha già un numero scarso di centri antiviolenza distribuiti sul territorio, che potrebbero veicolare un sistema non solo di sostegno nei confronti delle donne, ma anche di supporto per quegli uomini che vorrebbero uscire dalla trappola della violenza che esercitano. Il Femminicidio è un fenomeno che si accanisce sì, contro un genere, ma uccide anche un’intera società, fatta sia di uomini che di donne.

“Tilt – una rete fatta di giovani donne e uomini – “chiede a gran voce a tutte le istituzioni e alla società civile, di smetterla di limitarsi all’indignazione e alla condanna, ma di avviare una riflessione profonda e trasversale a tutti i generi e tutte le età, la quale potrà raccogliere dei frutti solo se supportata nei fatti da una concreta azione di governo. Si potrebbe cominciare da non non tagliare i fondi, ma potenziarli, anche a questo settore, avviare una compagna informativa che vada oltre i pregiudizi e gli stereotipi di genere.

Vi aspettiamo oggi alle 17. Tutt* ─donne e uomini─ sono invitat* a partecipare.

 

6 Comments

  1. Renata

    Editrice Rainflowergallery vi invita a visitare il sito sui problemi sociali presenti in tutti gli Stati del mondo.

  2. vnd

    Alcune considerazioni in sette brevi paragrafi:

    1. Definizioni;
    2. Confronto tra emergenze;
    3. Informazione;
    4. Stupro antimaschile;
    5. Abuso di privilegi;
    6. Violenza – genesi;
    7. Violenza – responsabilità.
    8. Inaccettabilità ed inefficacia del riconoscimento della fattispecie

    1. Definizioni
    “Femminicidio” è un termine inventato dalle femministe per enfatizzare un fenomeno che, per entità, non è più grave o diffuso di altri. Barare sule priorità presentando dati gonfiati e manipolando l’informazione comporta dei costi. Nessuno lo farebbe se non ci fosse da guadagnarci. Il “cui prodest” lo vedremo in conclusione.
    “Stupro” se lo stupro è la maggior offesa alla dignità di una persona, allora, in ottica paritaria, dobbiamo identificare altre forme di stupro.
    L’ “abuso di privilegi” può determinare la distruzione della dignità di una persona al pari di uno stupro.

    2. Confronto tra emergenze
    Ogni anno si verificano UN CENTINAIO di “femminicidi”.

    Nello stesso periodo si verificano quasi 365 uccisioni di bambini da parte delle madri ( uno al giorno).
    Nello stesso periodo si verificano un centinaio di suicidi (omicidi/suicidi) di padri separati.

    3. Informazione
    La stampa segue delle mode.
    Della violenza sulle donne se ne parla continuamente.
    Della violenza sui bambini, sebbene sia quasi quattro volte più frequente, non se ne parla mai.
    Il dato, pur se raccapricciante, non può sorprendere.
    La violenza infatti si muove sempre nella stessa direzione. Da un soggetto che si percepisce o è percepito come più forte ad un altro che è percepito come più debole.
    Avremo quindi più casi di uomini su donne, donne su bambini e bambini su animali che viceversa.
    La differenza sostanziale tra “infanticidio” e “femminicidio” è che, di fatto, è la donna che sceglie il suo assassino mentre il bambino no.

    4. Stupri antimaschili, pregiudizi e misandria.
    Il fatto che la stampa taccia sugli infanticidi contribuisce alla sopravvivenza di pregiudizi che causano ancora disparità sessiste di trattamento giudiziario che fanno si che i figli di separati vivano con le madri in quasi il 95% dei casi. la quasi TOTALITA’.
    Chi è genitore sa perfettamente che vedersi strappare un figlio, di per se, basterebbe a strappare il cuore e a fare impazzire.
    Tuttavia il rapimento istituzionale dei figli comporta alcune “pene accessorie” meno gravi ma altrettanto devastanti:
    – l’esproprio della casa coniugale;
    – il pagamento ingiustificato di alimenti o mantenimento, sempre calcolati sulla media delle entrate invece che delle uscite;
    – l’andare a dormire in un box auto;
    – l’andare a mangiare alla mensa della caritas.
    Il tutto concorre alla distruzione della dignità di una persona tanto da rendere estremamente difficile la ricostruzione della propria vita.

    Spesso, tali disparità, si verificano persino a causa di accordi consensuali. Vediamo perchè:
    – avvocati frettolosi suggeriscono accordi consensuali secondo formule collaudate ma gravemente discriminatorie;
    – Minacce, vendette o ricatti attuati grazie a false accuse di violenza sulle donne o sui bambini suggerite dagli stessi avvocati di parte (la pallottola d’argento). Questo grazie all’ “inversione dell’onere della prova” in caso di presunta violenza. Un’accusa infamante e con nessun rischio per a calunniatrice. Risultano false l’80% delle accuse. Possiamo facilmente ipotizzare che vi sia un 10% di false accuse che non viene scoperto e che almeno un 5% dei patteggiamenti riguardi ammissioni di colpevolezza da parte di innocenti.

    5. Abuso di privilegi come causa di violenza
    L’ “abuso di privilegi” è atto di estrema violenza per il quale bisognerebbe aiutare gli uomini a PRENDERE COSCIENZA.
    Esso causa, paradossalmente, depressione e follia, quindi, parte di quegli omicidi/suicidi che colpiscono le stesse donne che li hanno esercitati.
    Si può pensare seriamente che un uomo, altrimenti sano e normale, uccida una ex moglie soltanto per il fatto che questa lo abbia lasciato? Non sarà piuttosto la perdita dei figli e della propria dignità a condurre alla follia? Chi non ucciderebbe per difendere il proprio figlio?
    I privilegi possono uccidere.
    Inoltre, sono causa dei tanti, troppi, suicidi maschili.
    Tralasciamo le patologie psicosomatiche quali gastriti, malattie cardiovascolari e via discorrendo che, pur se non uccidono, costituiscono un costo notevole per la collettività.
    La responsabilità morale femminile, nei casi sopra citati, è soltanto indiretta ma non è assente.
    I casi di violenza antimaschile e antifemminile sono equamente distribuiti, quindi l’emergenza è la stessa.
    L’unica sostanziale differenza è che
    la violenza maschile sulle donne è già PUNITA DALLA LEGGE mentre
    la violenza femminile sugli uomini è PREVISTA DALLA LEGGE.

    6. Violenza – genesi del fenomeno
    La volontà dell’essere umano è variabile dipendente da alcuni fattori esterni e biologici.
    Piaccia o no, l’umanità segue regole di comportamento innate, tuttavia, l’esigenza di vivere in società, comporta il rispetto di regole sociali che limitano gli impulsi del singolo.
    Tanto più rispettate sono queste regole, tanto più sviluppata sarà quella cultura. Nel contempo, tanto più forti saranno le limitazioni ai propri impulsi, istinti e capricci tanto maggiori saranno le tensioni che, a seconda del carattere del soggetto, introverso o estroverso, condurranno ad atteggiamenti aggressivi o depressivi.
    La violenza è fondamentalmente un segno di rabbia sfuggita al controllo. Evidenza di incapacità di esercitare controllo sulle proprie pulsioni a causa di un fatto ingiusto o visto come tale, anche in virtù di retaggi culturali, ancora vivi nella fase di transizione che stiamo attraversando.
    Alla rabbia possono concorrere più fattori, non necessariamente connessi (questa mattina ho perso il treno, sono più nervoso, il vicino mi dà più fastidio).
    L’incapacità di far valere le proprie ragioni è fonte di rabbia e nasce per lo più dall’ignoranza.
    Per esigenza di sintesi seguiamo un processo per logica inversa: la violenza è causata dalla rabbia, che è causata dall’ignoranza, che è causata da povertà.
    La povertà e lo scollamento sociale innescano a loro volta una spirale che porta alla supinità politica e quindi ad altra ingiustizia e allargamento della disparità sociale.
    Lo scollamento sociale che caratterizza i nostri tempi è la causa principale della violenza, compresa quella con vittime di sesso femminile.

    7. Violenza – cui prodest?
    A chi giova allora distrarre il popolo dal lavorare in direzione del conseguimento della condizione di parità sociale per spingerlo a spendere inutili risorse contro il mito della disparità sessuale?
    Naturalmente a chi detiene il potere e chi nella disparità sociale trova fonte di arricchimento.
    Ma c’è anche un fenomeno più meschino…
    I movimenti femministi e, soprattutto, i centri antiviolenza privati.
    Associazioni che agiscono più o meno scorrettamente che vivono di finanziamenti pubblici e che hanno tutto l’interesse ad alimentare miti, divulgando statistiche taroccate o volutamente realizzate al servizio dell’ideologia.
    Femministe: volontarie carnefici delle donne stesse.

    8. Inaccettabilità ed inefficacia del riconoscimento della fattispecie
    Le femministe vorrebbero che per i reati commessi nei confronti di una femmjna fosse prevista una pena superiore a quella prevista per uomini e bambini. Il che, in ottica paritaria, è assolutamente inaccettabile perché sottintenderebbe che la vita di una donna valga più di quella di un uomo o di un bambino.
    E’ noto, inoltre, che l’inasprimento delle pene si rivela assolutamente inefficace alla prevenzione dei reati. Il che appare drammaticamente evidente nei paesi che ancora prevedono la pena capitale. Non stupisce che, chi ha voluto introdurre un aberrazione giuridica come l’inversione dell’onere della prova non tenga in alcun modo in considerazione il pensiero di Cesare Beccaria.

    NO COPYRIGHT
    La riproduzione del contributo è libera.

    1. admin

      Secondo l’autore di questo contributo l’Italia è il regno della parità dei sessi: nessuno sta qui a minimizzare la difficoltà dei padri separati o il fatto che nella maggior parte dei casi i bambini vengano automaticamente affidati alle madri, ma tanto per dirne una, quanti padri conoscete che volontariamente hanno approfittato del congedo di paternità o hanno scelto deliberatamente di lasciare il posto di lavoro perché stava per nascere il loro figlio o che sono stati licenziati per questo? Già questa statistica mette in luce il divario e l’abisso che separa l’universo maschile da quello femminile.
      Detto questo la nostra solidarietà va anche agli uomini vittime di donne come nel recente caso di Livorno (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/05/14/Sevizia-marito-genitali-uomo-rischia-vita_6866649.html) e sicuramente non siamo insensibili alle uccisioni dei bambini. Voglio ricordare che non siamo insensibili neppure allo sfruttamento della prostituzione minorile che per il 90% avviene ai danni di donne, ragazze e bambine e che certo molti dei bambini uccisi sono bambine. Mi sembra inoltre anche evidente che in tempi di crisi le esplosioni di violenza verso i soggetti deboli siano maggiori, ma giustificare il fenomeno non elimina la sua causa. Se le donne non venissero ritenute inferiori dal partner non ci sarebbero casi di femminicidio. Personalmente credo che sarebbe difficile provare l’aggravante del femminicidio dal punto di vista giuridico, ma negare che esistano casi tali da giustificarne un’introduzione normativa mi pare sbagliato.
      Voi come la pensate?

  3. VITTORIO BANDA

    STUPRO

    Come ritrovare l’anima pura e casta in me stessa,
    dopo che la vita mi ha profondamente offesa?
    Dentro di me,prima,vi era un radioso progetto,
    infranto da chi mi ha considerata un oggetto.
    Avevo dei sogni belli che sempre accarezzavo,
    desideravo incontrare presto quel che io amavo.
    La mia metà nascosta cara ed ancora sconosciuta
    a cui indissolubilmente io con gioia mi sarei unita.
    Avrei avuto , con lui , una bellissima famiglia
    con un figlio per me e per lui una bella figlia.
    Lo sognavo, lo volevo e con tanta forza lo desideravo
    e quel volto sconosciuto nel mio cuore già amavo.
    Poi, la realtà si è presentata cruda ed inaspettata
    con un tuo messaggio ed una breve telefonata,
    mi dicevi che da sempre mi avevi veramente amata.
    Mi hai chiesto di uscire insieme a tutta la comitiva,
    io a quella proposta ero riluttante ed assai schiva.
    Ma la tua insistenza in quel momento mi confortava,
    ho detto a me stessa che me lo chiedeva chi mi amava.
    Poi dopo le parole e le bevute hai detto che eri stanco
    e mi sono ritrovata sola con te e con tutto il branco.
    Vi siete scagliati sul mio corpo come dei lupi affamati,
    facendone uno scempio e poi vi siete tutti dileguati.
    Una coltre nera, oppressiva, pesante e tanto inaudita
    è scesa sui miei occhi e su tutta la mia dolorosa vita.
    Mi sono svegliata sola in una stanza di ospedale
    Mentre chiedevo a me stessa cosa avessi fatto di male.
    La polizia che mi chiedeva le circostanze dell’accaduto,
    se fosse stata opera di ignoti o di qualcuno conosciuto.
    Lo smarrimento cupo e totale e le lacrime amare dell’istante
    mentre un poliziotto metteva in un sacchetto le mie mutande.
    Un urlo è scoppiato istantaneo nella mia offesa mente
    mentre piangevo e soffrivo nel cuore ininterrottamente.
    In quel momento tragico è finita tutta la mia esistenza,
    né avrebbe potuto ridarmela alcuna umana sentenza.
    Ho guardato , ancora una volta , il sangue nelle mie mani
    ed ho capito che solo quello avrebbe segnato il mio domani !

    Vittorio Banda
    Caltanissetta 11.05.2012

  4. vnd

    Voi chi?
    Quando parli di congedo parentale maschile a quali statistiche ti riferisci?
    E che c’entra con gli omicidi di donne?

    Oggi ascoltavo alla radio l’intervista ad uno psichiatra sui suicidi degli imprenditori (52 dall’inizio dell’anno, poco meno delle morti di donne, quindi un problema equivalente per dimensioni, pur senza minimizzare nulla). Lo specialista sosteneva che il danno peggiore lo stavano facendo gli organi d’informazione perché presentando il suicidio come soluzione praticata da alcuni ad un problema, innescavano un processo che portava i soggetti deboli all’emulazione.

    Io sono convinto che lo stesso discorso possa applicarsi pari pari al problema delle donne uccise.
    In più ci si mettono le femministe che rifiutano categoricamente il concetto di educazione alla prudenza. E per prudenza intendo nulla di trascendentale, la stessa che si insegna ai ragazzi: non drogarti, non frequentare drogati, valuta bene le persone prima di fidarti di loro, non frequentare luoghi isolati e da solo.
    http://femminismi.wordpress.com/
    Secondo il “codice etico” femminista, tentare di prevenire le morti di altre innocenti sarebbe sbagliato.
    Perchè una ragazza dovrebbe avere il diritto di fare ciò che le pare, come frequentare un vecchio cocainomane, sniffare a sua volta per poi, magari, chiamarlo col nome di un altro.
    Avevo un amico che, in moto, passava a tutta velocità, col verde, senza assicurarsi che gli altri stessero rispettando il rosso.
    Era un suo diritto. Ci mancherebbe.
    Oggi quel mio amico non c’è più.
    Chi lo ha ucciso invece sta di nuovo guidando.
    La vita è dura.

  5. vnd

    Ah… non credo che auspicare e lavorare per un mondo davvero paritario sia sbagliato.

Offerte AbanoRitz