08/04/2020

Non so se riprendere da “senza cucina” o da “ampi spazi” e comunque le due cose sono collegate e rimandano l’una all’altra. Ecco, pensando agli spazi mi servirò ancora una volta di una immagina cinematografica: avete presente Il deserto dei tartari? Nel 1976 si traspose il celebre romanzo di Dino Buzzati nel film omonimo diretto da Valerio Zurlini (nel cast Vittorio Gassman, Jacques Perrin, Philippe Noiret, Max Von Sydow, Jean-Louis Trentignan, Fernando Rey e Giuliano Gemma). Il romanzo che è del 1940 segnò la consacrazione di Buzzati tra i grandi scrittori del Novecento italiano. Questo per significarvi l’aggettivo “ampio”. Sì perché nel tempo del distanziamento sociale la solitudine è soprattutto un concetto legato allo spazio che si occupa. Se si guarda il vocabolario si trova scritto che la solitudine è un sostantivo femminile che si definisce come esclusione da ogni rapporto di presenza o vicinanza altrui, desiderato o ricercato oppure sofferto; concretamente: un ambiente inabitato e deserto, appunto; uno spazio di inospitale o sconfinata vastità. E ci siamo. Vivere da sola in un ambiente così grande e storicamente deputato all’ospitalità dà, più di qualsiasi altro posto, il senso della solitudine assoluta.

Nel corso della vita ogni uomo ha provato l’esperienza della solitudine, e quando l’ha confrontata con gli altri si è accorto che non ne esiste una sola. Esiste dunque una solitudine diversa per ognuno di noi? Io credo di sì! Etimologicamente il termine solitudine rimanda alla parola “separare” composta da “se” e “parare”. La prima indica “ la divisone”, la seconda “il parto”. Il termine solitudine rimanda dunque alla separazione del nascituro dalla madre. Ma la solitudine, allora, esiste prima dell’uomo?

Sempre pensando al film, come il tenente Drogo, mi sento assegnata alla fortezza Bastiani (tra guardianie e droni, con sceriffi e rangers , vigilanti e guardie giurate; armata di salva-vita Beghelli e del dispositivo “uomo a terra”); nell’avamposto di una piccola, seppur famosa, città di provincia, sto in attesa, non tanto dei nemici, ma degli amici dell’AbanoRitz e l’atmosfera che oggi vi regna ha finito per affascinarmi impedendomi di andare via.

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